L' importante rivelazione del prof Edward Luttwak in un'intervista a Critica Sociale. L'episodio risale al gennaio del 2008 e dopo il rifiuto americano la consegna del materiale è prevista per la fine di quest'anno. Si tratta di uranio arricchito del 3 per cento
La verità sulla crisi in Ossezia del Sud? «I russi volevano mano libera in
Georgia e hanno cercato di “comprare” il benestare degli americani in cambio del blocco del materiale nucleare promesso agli iraniani». La rivelazione è di Edward N. Luttwak, economista e politologo americano esperto di questioni internazionali, che afferma: «I russi hanno cercato di non consegnare agli iraniani l'uranio arricchito destinato alla centrale di Bushehr per “vendere” agli statunitensi la mancata consegna in cambio di privilegi nel Caucaso. Fino a una settimana prima della prevista consegna a Teheran del carico nucleare i russi erano a Washington a sottoporre la seguente richiesta: “Se voi ci lasciate fare quello che vogliamo in Georgia, noi non consegniamo nulla agli iraniani”».
L'episodio rivelato da Luttwak si è svolto nel gennaio di quest'anno.
Professor Luttwak, Russia e Iran stanno collaborando su progetti legati al petrolio e al nucleare. Quali sono i reali rapporti tra i due Paesi? «Tra russi e iraniani ci sono accordi su questioni specifiche ma fra loro non esiste una cooperazione strategica».
Mosca ha potere di controllo o influenza sul programma nucleare iraniano? «I russi controllano soltanto l'impianto di Bushehr al quale hanno fornito un reattore con il relativo carico nucleare. Secondo l'accordo la centrale di Bushehr non è considerata da Mosca un pericolo».
Il governo russo non teme l'atomica di Teheran? «I russi non hanno paura degli iraniani. In ogni caso non è possibile fare ragionamenti sulla loro capacità di previsione strategica, perché i russi sono imprevedibili. Quello di cui sono a conoscenza è che funzionari del Ministero dell'Energia atomica russa hanno fatto di tutto per non consegnare il carico nucleare a Teheran per il reattore di Busher. Il materiale consiste in uranio arricchito solo del 3% e, quindi, non altamente pericoloso. I russi avversano e disprezzano il regime iraniano ma non lo temono perché se gli iraniani si comportano male, Mosca è pronta a schiacciarli in qualsiasi momento».
In quale modo? «Bombardando e invadendo l'Iran».
Che fine ha fatto il nuovo corso delle relazioni tra Stati Uniti e Russia definito al vertice di Sochi? «La priorità di chi controlla la
Russia, ovvero Vladimir Putin e i suoi associati, è di tenere il Paese sotto la morsa di un regime autoritario, sopprimere la democrazia e governare secondo i propri interessi. Per giustificare la dittatura di fronte alla popolazione è necessario avere nemici esterni. È quindi inutile fare accordi con un governo come quello di Mosca che ha bisogno di avversari. Ai cittadini russi viene proiettata l'immagine di un mondo occidentale che vuole impoverire la Russia, sovvertire il suo esecutivo, se non addirittura invaderla o strapparle territori. Si tratta di una realtà politica di fronte alla quale i tentativi di intesa decadono».
Nei rapporti tra Usa e Russia quanto incide la questione del controllo delle risorse energetiche? «A prevalere sono i fatti dominanti della strategia e la realtà politica russa alla quale ho fatto riferimento. È comunque innegabile che esiste un interesse da parte di Gazprom a strangolare l'offerta energetica competitiva. Basta osservare come il colosso russo dell'energia sta sostenendo economicamente quei gruppi ambientalisti che mettono i bastoni tra le ruote a qualsiasi progetto europeo legato a fonti di energia alternativa. Se oggi si vogliono fare i soldi, basta mettere in piedi un'organizzazione ambientalista finalizzata a fermare la costruzione di una centrale nucleare o di un ri-gassificatore. Chi fa questa scelta stia certo che, in breve tempo, vedrà presentarsi ai vertici del suo gruppo qualcuno pronto a consegnare un bel gruzzolo di soldi. Questi “giochetti” sono tuttavia subordinati al fine politico perseguito da Mosca. L'accordo tra Putin e il popolo russo è il seguente: “Tu stai zitto e obbedisci, accetti la perdita del sogno di essere libero, ma in cambio il governo russo porta avanti una politica imperialista e temuta dal mondo”. In questo contesto l'idea che un Paese come la Georgia possa essere indipendente è intollerabile. La Georgia è uno Stato che i russi ritengono di aver sempre aiutato: il Cremlino ha aperto le porte dell'élite russa ai georgiani, fin dall'epoca di Stalin ai politici georgiani era concesso di diventare “imperatori” della Georgia ed erano loro offerti incarichi importanti. E quindi oggi la prospettiva dei russi è semplice: “Perché - si chiedono - i georgiani vogliono l'indipendenza, per giunta con il sostegno degli americani, se da noi hanno sempre avuto tutto?”. La questione non è quindi legata al fatto che i russi si sono seduti a un tavolo e hanno deciso di guadagnare una manciata di milioni di euro in più grazie al petrolio. Alla Russia non interessa massimizzare i guadagni. La vera ragione è legata alla politica imperiale di Mosca».
Anche l'oleodotto Baku/Tblisi/Ceyhan che attraversa la Georgia non c'entra nulla con le decisioni di Mosca? «Se i russi avessero voluto, avrebbero potuto bombardare, e quindi interrompere, l'oleodotto. Il Cremlino vuole che i Paesi limitrofi, come la Georgia, rispettino Mosca».
Dalle colonne del Corriere della Sera Sergio Romano ha rilanciato l'idea di una “Comunità euro-russa per gli idrocarburi e lo sviluppo”. Qual è la sua opinione? «Sergio Romano immagina una Russia che è un'astrazione. La realtà è che i russi si comportano come dei gangster. È indicativo quello che è accaduto qualche settimana fa, quando Putin, durante un'intervista televisiva, ha duramente criticato la Mechel, una holding russa operante nel settore del carbone e dell'acciaio, accusando il gruppo di vendere in patria a un prezzo maggiore rispetto a quello fissato per le esportazioni e di evadere il fisco. “Casualmente il suo proprietario e capo Igor Ziuzin, che abbiamo invitato a questo incontro, si è improvvisamente sentito male. Tra qualche giorno gli manderò il mio dottore a fargli una visita - ha detto Putin parlando in tv con il sorriso sulla faccia tipico di un gangster - Chiedo al servizio federale anti-monopolio e al comitato investigativo di prestare particolare attenzione a questo problema”. Dopo le parole dell'ex presidente russo le azioni della holding sono crollate del 33,1%, con una perdita di 8 miliardi di valore. Questo è il potere di Vladimir Putin. Dalle parole da lui pronunciate tutti gli operatori economici hanno capito che Putin era arrabbiato con il proprietario della Mechel che, a quel punto, avrebbe potuto essere arrestato per reati di qualsiasi tipo, dalla pedofilia all'evasione fiscale. Sergio Romano vuole che si facciano accordi con questa Russia, quella reale, o con una Russia che lui si immagina?».
Questi metodi non ortodossi di pressione possono essere usati anche con Francia, Germania e Italia, legati alla Russia da forti interessi energetici? «Certo, già lo fanno. Il giorno dopo che la Repubblica Ceca ha firmato l'accordo sul radar necessario allo scuso anti-missile, un oleodotto che porta nel Paese il petrolio si è improvvisamente interrotto per una settimana. Un altro esempio? I russi hanno rubato il progetto della Shell- Mitsui-Mitsubishi a Sakhalin e hanno tolto il visto al manager britannico del progetto BP-Tnk. Se si vuole lavorare con i russi ci sono due strade da seguire: fare accordi dettagliati, lunghi decine di pagine, dove ogni parola è concordata per “coprirsi” da eventuali trucchi e manipolazioni, oppure fare contratti tra “gentlemen” dove le due parti si basano sulla rispettiva buona fede e il rispetto reciproco. La Storia insegna che solo il primo tipo di accordo è valido con i russi che sono capaci di rimanere fedeli soltanto a quei contratti nei quali ogni punto è definito, ogni variazione è già prevista in maniera talmente precisa che è impossibile operare manipolazioni».
Francia, Germania e Italia dipendono dalla Russia per l'approvvigionamento di gas e petrolio. Questa dipendenza può essere d'intralcio all'ingresso di Georgia e Ucraina nella Nato? «Le ragioni sono legate a questioni militari non economiche. Se la Nato apre le porte a Georgia e Ucraina, le truppe dei Paesi dell'Alleanza atlantica, dal Portogallo alla Danimarca, dovranno inviare i loro contingenti militari per difendere l'Ucraina o la Georgia. La Nato è un'alleanza militare, non è un “club di golf”, e questa è la ragione fondamentale per la quale gli europei non vogliono né l'Ucraina né la Georgia nella Nato perché non vogliono assumere gli obblighi che la Nato comporta, ovvero difendere il territorio degli Stati membri. Se la Georgia fosse già entrata nella Nato, gli europei sarebbero stati obbligati a mandare i propri militari in territorio georgiano a sparare contro i russi. E nessuno degli europei vuol confrontarsi con i russi su un campo di battaglia».
In una sua recente analisi pubblicata sulla rivista Prospect, suggerisce all'amministrazione americana di disimpegnarsi dal Medio Oriente per
concentrare la propria azione in altre aree strategiche: la Russia e la Cina. Ci spieghi... «I progetti occidentali in Medio Oriente falliscono costantemente. Se si cerca di trattare bene gli arabi, quelli ti tradiscono. Se li bombardi, non ti obbediscono. Con gli arabi non funzionano né le buone maniere né l'uso della forza. Questo perché a valle c'è un conflitto di stampo culturale-religioso. Allora è meglio andarsene dalla regione e intervenire solo quando ci sono pericoli imminenti ma senza cercare di democratizzare i Paesi arabi».
Come comportarsi con la Russia? «Con i russi bisogna mantenere una vigilanza costante senza fare accordi strategici perché non li rispetterebbero. È necessario evitare confronti diretti con la Russia ma piuttosto cercare di rendere difficile il progetto politico del Cremlino volto a dimostrare che il mondo odia i russi».
Il progetto di scudo anti-missile è in funzione anti-russa? «No. Strategicamente farebbe ridere. Lo “scudo” sarebbe capace di intercettare sei o sette missili primitivi iraniani ma non sarebbe in grado di intercettare centinaia di missili russi. Tra l'altro, è possibile che la prossima amministrazione americana decida di rinunciare al sistema anti-missile che comunque non è una questione così importante. Sono stati i russi a rendere lo “scudo” una controversia di rilevanza enorme allo scopo di costruire il mito di un'arma strategica puntata contro di loro».
Mosca ha minacciato di sospendere la cooperazione con la Nato. Come commenta questa decisione? «Qualche anno fa la cooperazione dei russi con la Nato era legata alla speranza che l'Alleanza Atlantica potesse diventare un'alleanza tra Nord America, Stati Uniti e Russia. Mosca avrebbe voluto entrare a far parte della Nato ma questo è incompatibile con la politica del Cremlino che richiede una Russia circondata da nemici per giustificare la dittatura interna. Questo i russi lo hanno capito e nel corso degli ultimi sei anni la loro partecipazione alla Nato è diminuita costantemente. Ora Mosca fa dichiarazioni di rottura perché cerca il conflitto ma in realtà i rapporti tra la Nato e la Russia sono stati “congelati” già da tempo. Lo dimostrano anche le dichiarazioni di Putin e Medvedev che hanno paventato un attacco russo in Polonia e in Repubblica Ceca, che sono due Stati membri della Nato e dell'Unione europea».
Ritiene concreta la possibilità di uno scontro militare tra Stati appartenenti alla Nato e la Russia? «Le forze armate russe non sono in grado e non vogliono combattere contro la Nato. Possono “picchiare” piccoli Paesi come la Georgia ma niente di più. I russi non sono dei pazzi nazisti pronti ad attaccare altri Stati. Scatenare guerre non fa parte della strategia russa che cerca invece il conflitto politico all'esterno per fini interni e per intimidire i Paesi limitrofi».
L'Europa può svolgere un ruolo di “ponte” tra Mosca e Washington? «Gli europei, che vivono vicino ai russi, devono essere fedeli alleati degli Stati Uniti, gli unici che li possono proteggere. Non possono fare alcuna mediazione tra chi deve difenderli e chi li minaccia. Le negoziazioni le fa chi è neutrale».
Il prossimo presidente americano, che sia democratico o repubblicano, potrebbe avere tentazioni isolazioniste in politica estera? «Non ci sono tentazioni isolazioniste negli Stati Uniti ma gli americani sanno di aver fatto troppo e ora vogliono fare di meno».