BROWN-SARKOZY, L'ASSE RIFORMATORE
Ricetta anti-crisi nel Regno Unito e in Francia: più istruzione, più ricerca, più infrastrutture
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Simona Bonfante
Dopo la finanza, l'economia reale. In Europa è recessione. È perdita di posti di lavoro, di business, di competitività. In breve, è perdita di fiducia. E senza fiducia, l'economia non gira. Senza fiducia, le banche non danno credito, le imprese non investono, la produttività crolla e si riducono le revenues dello stato, ovvero i servizi, gli investimenti, le infrastrutture.
“Siamo di fronte ad una crisi senza precedenti” – constata il neo Sottosegretario al Tesoro britannico, Lord Peter Mandelson. “Temo che la gente non abbia ancora realizzato quali saranno le conseguenze sull'economia reale, le imprese e l'occupazione.” Lo dice uno, Mandelson appunto, che fino a qualche giorno fa gestiva il trade euroglobale per conto di Strasburgo. Lo Stato dunque ha interesse eccome ad intervenire nella crisi. La questione è “come”.
Per qualcuno quel come è più protezionismo. Ora, “protezionismo” è una parola etimologicamente rassicurante; ma in economia “protezionismo” significa dazi e aiuti pubblici - contrazione del mercato e assistenzialismo - meno concorrenza e libertà. Meno risorse allo sviluppo del nuovo e più oneri in difesa del vecchio. Quella del protezionismo come soluzione alla crisi delle economie europee è, insomma, una strada suicida.
Quello che serve oggi, infatti, è ridare fiducia, non alimentare paure: dare fiducia ai mercati, alle imprese, ai lavoratori, alle forze sociali. E appare evidente che questo compito oggi spetti alla Politica – agli attori globali come alle leadership nazionali.
“Credo che siamo all'inizio di una nuova fase dell'economia globale. Penso che la velocità del cambiamento stia aumentando e non diminuendo. Penso che si stiano creando opportunità immense per chi ha idee ed iniziativa, per chi vuol lavorare duro, chi ha l'energia e lo spirito di impresa necessari per il successo.” Lo ha detto il Primo Ministro britannico, Gordon Brown, alla comunità economica riunita all'Imperial College di Londra, il 27 ottobre scorso.
“L'economia mondiale, comunque la si veda, è destinata a raddoppiare nei prossimi 20 anni. Raddoppieranno le dimensioni, raddoppieranno le opportunità, ci saranno il doppio di opportunità per nuove imprese, nuove idee, nuove invenzioni. Ci sarà – osserva Brown - un enorme mercato di consumatori asiatici e di paesi storicamente produttori non consumatori (…) e ci saranno allo stesso tempo più opportunità per i paesi che forniscono beni e servizi ad alto valore aggiunto, che producono merci ad alto contenuto tecnologico, che hanno quei prodotti e servizi di nicchia, disegnati sul cliente, che la gente chiede.”
Quelle opportunità vanno colte, nutrite, preparate. Europa, Usa, con il concerto dei grandi player globali, si stanno già dando da fare. Per Nicolas Sarkozy, il compito non potrebbe essere più ambizioso: si tratta – ha spiegato - di “rifondare il capitalismo”. Il Presidente francese, come noto, spinge per un'iniziativa senza precedenti, nella convinzione che, in questa fase cruciale della storia economica globale, sia proprio il “volontarismo” delle leadership l'antidoto al “protezionismo, all'anticapitalismo ed al dirigismo burocratico”. In breve, quello che vuole Sarkozy è una riforma sistemica delle regole, delle prassi, dei sistemi di prevenzione e controllo. Una riforma che, per dirla con Gordon Brown, si ispiri ai principi della “trasparenza” e della “consistenza” degli standard, e che permetta al sistema di liberarsi degli attuali “conflitti di interesse” come quello, pesantissimo, che grava sulle agenzie di rating e la governance delle imprese.
Ma l'economia reale, come è giusto che sia, batte bandiera nazionale. Ciascun paese è un caso a sé, su ciascun sistema economico la crisi ha un impatto diverso, e dunque è giusto che ciascun governo si assuma l'onere di rispondervi con le misure che riterrà più adeguate. I governi dell'occidente liberal-mercatista, tuttavia, non sono chiamati oggi ad un ordinario policymaking economico, ma ad una scelta politica sostanziale le cui opzioni, semplificando, si riducono a due: protezione o sviluppo. Il 23 ottobre, dopo aver lanciato al
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