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JACQUES ATTALI: "LA RESA DEI CONTI"

Reprint dell'intervista televisiva all'economista e filosofo socialista

Data: 0000-00-00

Estratto dell'intervista di Myrta Merlino a Jacques Attali, Economix, 13 marzo 2009,

Era l'ottobre del 2008, e Jacques Attali, parlando della crisi economica, sosteneva: "È molto difficile ancora una volta saperlo, è come una partita di calcio, abbiamo giocato soltanto neanche il primo tempo, siamo tutti giocatori della partita, non siamo osservatori".Ecco, era l'ottobre del 2008, Lei era qui con noi, Jacques Attali. Le avevo chiesto qualche indizio su questa grande crisi che si era appena abbattuta sulla nostra economia. Oggi, a sei mesi di distanza, le abbiamo chiesto di essere di nuovo con noi per fare un po' un check up della grande crisi mondiale. È Lei l'interlocutore giusto perché ha previsto prima di tutti nel suo libro "Breve storia del futuro" la crisi e perché è un guru ascoltato, che scruta il futuro del mondo. Inoltre è appena uscita in Francia il suo libro "La crisi, et après?" in cui tenta già una prima analisi complessiva, e ora uscirà anche in Italia ad aprile. Allora, la partita adesso a che punto è?

Siamo lontani dalla fine del primo tempo, sicuramente. La fine del primo tempo potrebbe essere la fine del fondo e poi ci sarebbe la risalita. Purtroppo temo che non siamo alla fine del primo tempo. Forse ne parleremo, ma c'è molta ragione di credere che la recessione, la depressione ancora si aggraveranno per qualche tempo.

Ecco ma a questo punto possiamo anche fare un ragionamento sulle cause di questa crisi? Lei ha detto molte volte che il peccato originale è l'avidità, l'avidità dei banchieri ma forse anche dei risparmiatori. Quali veleni ha prodotto questa avidità nel mondo in cui viviamo?

L'avidità è una condizione anche della natura umana. Quando vogliamo parlare in positivo parliamo di spirito di impresa, un po' come l'avidità. L'avidità è poter fare delle cose, desiderare, è molto positivo. Laddove è negativo è quando, a scapito degli altri, a scapito della natura, quando è una cosa puramente speculativa, quando non crea nulla, allora il problema non è ridurre l'avidità ma mettere un sistema di diritto che controlli la creazione della ricchezza affinché l'avidità non conduca poi a far passare le ricchezze nelle mani dei finanzieri, a scapito degli investitori e dei risparmiatori.

Di chi sono le responsabilità più gravi di quello che è successo?

Ha ragione a parlare di responsabilità e non di colpevoli perché non è la stessa cosa. Ci sono dei responsabili ma non sono colpevoli perché non hanno violato la legge, perché non c'è una legge. Allora i veri responsabili direi che sono coloro che non hanno fatto le leggi. Oggi c'è un governo mondiale assente, mentre c'è una globalizzazione del mercato non c'è una globalizzazione del diritto, i veri responsabili sono i politici che non hanno messo in atto il sistema di diritto di cui abbiamo bisogno. I responsabili poi sono i finanzieri, che si sono accaparrati l'essenziale della ricchezza.

Bravo. Sui grandi finanzieri l'altra volta Lei qui da noi disse questa frase: "I contribuenti pagheranno per gli sbagli dei banchieri, nessuno ha chiesto loro di rimborsare i 100 miliardi di dollari di bonus che hanno avuto nel 2007". Non è scandaloso?

Certo che è scandaloso, nella misura in cui è legale, la cosa scandalosa è che lo permettesse la legge.

Ma c'è stata una catena di complicità, penso per esempio ai grandi controllori, alle banche centrali, alle agenzie di rating, cioè c'è stata una sorta di grande complicità globale?

Non possiamo parlare di complicità, possiamo dire lassismo forse, non possiamo parlare di atto criminale. Che cosa è successo? C'è una sorta di connivenza generale, il governo americano era molto soddisfatto che ci fossero dei prestiti in corso perché questo consentiva di far funzionare una macchina economica, di creare occupazione. Le banche erano soddisfatte perché questo consentiva i profitti al sistema finanziario, la gente che prendeva prestiti era contenta perché poteva acquistare le case; quelli che costruivano le case erano soddisfatti perché potevano creare profitto, tutti erano contenti apparentemente, a parte il futuro, perché si faceva tutto a credito, dimenticando che nessuno aveva i mezzi per pagare.

Lei nel libro ha parlato di una sorta di grande festino da cui era difficile uscire, nessuno voleva abbandonare questa grande abbuffata dell'economia ricca del benessere. È un po' così?

Prima di tutto negli Stati Uniti e poi su scala mondiale si è vissuto a scapito delle generazioni successive, cioè si è vissuto in base al debito. Dopo sei mesi la cosa affascinante è che tutti hanno visto che era una crisi del debito, c'erano troppi debiti, invece di ridurre il debito si è aumentato il debito, dopo sei mesi non si è fatto altro che aumentare il debito, sei mesi fa, quando ci siamo visti, il totale del debito americano era all'incirca del 350% del PIL americano. Si poteva pensare che oggi il debito dovesse essere diminuito, insieme siamo al 550%. Allora è come se qualcuno avesse avuto un incidente stradale, gli si mette l'ossigeno per strada ma poi, non sapendo come guarirlo lo si lascia per strada e gli si continua a dare l'ossigeno finché non muore. Oggi ci si trova in un sistema che ancora non ha cominciato a risolvere le difficoltà fondamentali, e che cerca di uscire, di venirne a capo ma non ci riesce, perché ancora non si risolve la causa più profonda, le banche, tutte le banche del mondo oggi, tranne qualche eccezione, sono praticamente in fallimento.

Ma torniamo al tema delle regole che Lei ha evocato prima: i buoi sono scappati dalla stalla ed ora tutti invocano nuove regole. Le grandi regole si esprimono di solito in poche parole. Ce lo vuole dire molto brevemente da quali regole di fondo bisognerebbe ripartire secondo Lei?

Innanzitutto le regole devono essere completamente mondiali, perché se c'è un buco tutti vorrebbero infilarsi in questo buco per evitare le regole. La prima regola: bisognerebbe impedire alle banche di avere un effetto di leva troppo importante. Cioè bisognerebbe dare in prestito meno per ciascun investimento, e il rapporto tra i soldi davvero investiti e i soldi dati in prestito sia minore. Oggi siamo al 10-20 ed è troppo. La seconda regola molto importante è che quando una banca fa prestiti, non deve potersi sbarazzare del prestito presso un altro al cento per cento.

Cioè il rischio non può essere ceduto a qualcun altro.

Deve poter essere ceduto ma non al cento per cento, perché se viene ceduto al cento per cento non ci sono più rischi.

Cioè l'economia dell'irresponsabilità?

Proprio così. E questo bisogna assolutamente evitarlo. E poi, infine, bisogna evitare tutti i rischi di frode fiscale, e di riciclaggio di denaro. Quindi trasparenza assoluta del sistema bancario.

Dove vanno riscritte queste regole? Obama ha parlato del G20 come luogo per farlo, il prossimo c'è a Londra ad aprile. Lei pensa che sia la sede adatta?

Lo spero ma non ci credo, perché oggi noi viviamo molto con l'idea, da parte americana e da parte inglese, che questa crisi sia solo un piccolo momento che passerà e pensano, sperano di tornare presto al vecchio sistema. Quindi nessuno ha voglia di mettere in atto delle regole che rimetterebbero in discussione i privilegi delle banche americane, della City, che è sicuramente uno dei luoghi principali della frode fiscale e di quello di cui parlavo prima. Insomma tutta la strategia inglese e americana è fare il meno possibile sperando che la crisi si risolva da sola.

Metterci una toppa, diremmo in Italia.

Proprio così. Il G20 da questo punto di vista è molto indicativo. Normalmente, se veramente avessero voluto riformare non si sarebbero riuniti a G20 ma avrebbero riunito il Fondo Monetario Internazionale, laddove si devono fare le riforme. Il G20 è una organizzazione totalmente informale che non ha nessun potere di adottare delle regole, e che poi inoltre si riunisce a Londra. Per me riunirsi a Londra, l'ho detto già diverse volte, è simbolico. È efficace come una riunione degli alcolisti anonimi in un bar.

Molto efficace. Allora, nelle ultime ore il Financial Times, il famoso giornale anglosassone peraltro, ha pubblicato i 50 nomi degli uomini che salveranno il mondo. Lei non c'è, tra l'altro, non l'hanno presa in considerazione. Dispiaciuto?

Mi dispiace, ha rovinato la mia giornata!

Ma sono davvero questi? La cosa che mi ha un po' colpito, per dirgliela tutta, è che le facce, i nomi che vedo in questa classifica sono un po' gli stessi che hanno fatto scappare i buoi, che sono quelli che hanno gestito l'economia prima della crisi. Possono quelli che hanno affossato l'economia mondiale adesso salvarla?

È una bella domanda in realtà. Molte di queste persone sarebbe interessante vedere quello che hanno detto un anno o sei mesi fa. Si sono sbagliati di grosso. Oggi la vera responsabilità appartiene a due categorie di persone: i politici e le banche centrali. La cosa affascinante è che i politici parlano un sacco ma non fanno niente, le banche centrali non parlano per niente ma fanno tantissimo. I politici dicono di voler riformare le regole, rimettere ordine nelle banche, rilanciare l'economia nei settori di punta, risanare i bilanci. Non fanno niente, perché è molto complesso, ci sono problemi politici.

Ma c'è qualcuno che Lei salva tra i politici? Cioè c'è qualcuno che è stato un po' più bravo degli altri, ha fatto qualcosina in più?

Sicuramente Obama è di gran lunga il più lucido. Ma ha dei problemi talmente giganteschi da affrontare, ho detto poco fa che il debito americano era il totale del PIL mondiale, una cosa gigantesca. Allora dovrà nazionalizzare tutte le banche americane, bisognerà aumentare massicciamente le imposte, dei cambiamenti giganteschi che sono prima di tutto americani e non mondiali, ma dicevo che le banche centrali dicono "noi non facciamo nulla per dare l'idea che le monete sono stabili", in modo sotterraneo in realtà fanno tantissimo, sono loro che introducono denaro nel sistema senza dirlo. E questo avrà un effetto molto positivo, dando denaro alle imprese, ma se noi diamo denaro alle imprese, che non hanno clienti, si crea inflazione. E quindi lo scenario più probabile è che le banche progressivamente smettano di dare prestiti ancora di più, simultaneamente le banche centrali introducano altro denaro. Questo produce una piccola ripresa che poi dà vita a una grandissima inflazione.

Ma per esempio la Bce, il ruolo della Banca Centrale Europea, Lei che cosa pensa? Si è comportata bene? Per esempio ha fatto una politica dei piccoli passi rispetto ad una Fed che sembrava più attiva. E poi ha i poteri giusti? Loro si difendono dicendo "il nostro statuto dice che dobbiamo solo occuparci della stabilità dei prezzi". In una fase così difficile bisognerebbe cambiarli i poteri della Bce?

È qui che parlo di differenza tra discorso e azione. Ne parlo in questo libro. Nel momento in cui la crisi è scoppiata apertamente nel mese di agosto dell'anno scorso, il primo ad aver iniettato liquidità è stato Jean-Claude Trichet. Ha messo molti più soldi rispetto ai governi europei, forse 10 volte di più rispetto ai governi europei. La Banca centrale americana ha seguito la strategia della Bce, il suo ruolo è sia di lottare contro l'inflazione ma anche quello di evitare il crollo.

Lei mi sta dicendo che noi abbiamo una percezione sbagliata, perché la Bce fa molto più di quello che noi vediamo in effetti?

Assolutamente sì.

Senta, l'ho presentata dicendo che Lei è capace di scrutare il futuro, ma bisogna dire che anche lo tocca con mano, nel senso che in questi ultimi sei mesi ha girato il mondo. È stato nei cinque continenti. Chi è più colpito dalla crisi secondo Lei e chi in qualche modo riuscirà a rialzarsi più rapidamente dovendo fare uno scenario?

La crisi ha ancora un grande crollo progressivo.

Questo grafico che vede è della LEAP Europe, una società indipendente di ricerche. Ci dice che la crisi profonda sarà più forte in USA e Gran Bretagna, 5-10 anni, e poi 5 anni per Canada, Messico e Spagna, una recessione di 3 anni per Cina, India e Australia, invece l'Europa e la Russia tra due anni si rialzeranno. Le sembra una buona previsione?

La cosa affascinante è che non sia neanche citata l'Africa. In Africa ci sono un miliardo di persone, sono loro che quando la crescita scende al di sotto del 5% muoiono di fame, saranno loro i più colpiti.

Cioè pagano con la vita.

Sì. Perché la crisi sembra meno grave in Africa, perché la crescita resta ancora all'incirca al 3%, ma quando la crescita scende al di sotto del 5%, in ragione della crescita demografica, c'è un calo della speranza di vita e c'è un aumento della carestia. Quindi la prima ad essere colpita è sicuramente l'Africa. I secondi più colpiti brutalmente saranno sicuramente gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Spagna. E poi penso che ci sarà una recessione molto importante in alcuni paesi come l'India, la Russia. La Cina è estremamente colpita ma ha una reazione estremamente rapida, poiché la Cina aveva una crescita dell'11% ed è passata al 6%, e nel momento in cui parliamo la crescita probabile è di zero, che è una cosa assolutamente incredibile. Quindi la Cina ha messo tantissimi soldi nella crescita interna, questo ha reso l'impatto più lento perché la crescita cinese fino adesso è rivolta verso le esportazioni che non esistono più, quindi bisogna che orienti di nuovo la propria crescita verso l'interno.

Ma le sembra plausibile che da questa crisi la Cina esca come nuovo grande motore dell'economia mondiale, cioè prenda il posto dell'America in qualche modo?

No, l'economia cinese è ancora assolutamente troppo piccola. Il PIL della Cina adesso è quello della Francia, al tasso di cambio attuale.

Però potrebbe tenere in piedi l'America prestandole soldi per il debito pubblico?

Il cuore della gestione della crisi di oggi è il rapporto tra Cina e Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono il motore principale del consumo mondiale, sono loro che acquistano a credito, noi non abbiamo interesse affinché gli Stati Uniti crollino perché acquistano in tutto il mondo. Quindi è molto importante che qualcuno finanzi le difficoltà americane, mentre Obama cerca di risolvere i problemi, noi europei non possiamo finanziare gli Stati Uniti, la Cina finanzia gli Stati Uniti. Se la Cina fa rimpatriare i propri soldi per occuparsi di essa stessa, e non degli Stati Uniti, allora ci sarà una catastrofe. E questo si vede al valore del dollaro che al momento è molto elevato e che dimostra che tutti credono che la Cina continuerà a finanziare gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo c'è una preoccupazione sul valore del dollaro a lungo termine, che si misura in maniera molto tecnica: è la speculazione sul futuro delle obbligazioni del tesoro americano.

Quindi la scommessa sull'America è una scommessa in negativo?

Molto in negativo, per 3 o 4 anni.

Ma a proposito di questo asse Cina-America Lei l'altra volta ci disse qui che altro che G20, si poteva pensare a un G2 e la soluzione poteva venir fuori da un asse forte. Si è coniata una parola che Lei usa nel libro che è "chimerica". Cina and America, ma questo cosa vuol dire per gli equilibri del mondo, e quanto questo può mettere fuori gioco l'Europa dal potere mondiale?

Bisogna capire innanzitutto lo scenario che si sta dispiegando, uno scenario di rallentamento estremo, che può comportare dei movimenti straordinari di qualsiasi natura. La previsione nuova sull'economia americana è meno 4% per l'anno, che è molto più bassa delle previsioni. Alcuni settori sono a -20, -30, -40, le persone non acquistano più macchine di lusso, tutto il settore immobiliare è in grandissima difficoltà, la pubblicità sta crollando, il settore dei media è in grandissima difficoltà, l'industria aerea è in grossa difficoltà. Quindi c'è un crollo generalizzato, mondiale. Innanzitutto bisognerà stabilizzare tutto questo, e non è sicuro che ci si riesca, per questo bisognerà nazionalizzare, bisognerà rilanciare l'economia mondiale, e nessuno sa se gli Stati Uniti lo faranno meglio dell'Europa. Credo al contrario che l'Europa è meglio capace di farlo rispetto agli Stati Uniti. Perché noi abbiamo un sistema migliore di previdenza sociale.

Il modello di welfare europeo comincia ad essere rivalutato.

È molto più capace di resistere, ma a lungo termine gli Stati Uniti sono meglio collocati rispetto a noi, perchè noi mettiamo tutti i soldi nei settori in difficoltà, il nostro rilancio consiste nel fare delle autostrade o difendere l'industria automobilistica, mentre gli Stati Uniti cominciano a investire molto sulle biotecnologie.

Sul futuro.

Sulle industrie del futuro.

Devo dire che sulle auto è stata abbastanza la Francia ad aprire i giochi, nel senso che anche l'Italia, che ha discusso a lungo se dare o non dare gli aiuti al settore dell'auto, perché in effetti molti osservatori come lei dicono che è un settore sostanzialmente maturo in cui investire dei soldi, può non dare alcun ritorno, però poi quando la Francia ha cominciato a dare miliardi di euro di aiuti tutti hanno dovuto correre a fare la stessa cosa. È stato un errore?

Dipende da quello che chiediamo in cambio, un po' come le banche. Se a una banca si danno dei soldi all'infinito continua a sbagliare per sempre, se invece gli si dà del denaro in cambio di un arresto dei prodotti speculativi, di un cambio delle regole, di un cambio delle regole come dicevo prima, per le banche va bene, per l'industria automobilistica se gli si danno altri soldi per produrre macchine che nessuno comprerà mai sarà una catastrofe. D'altra parte se gli si danno invece dei soldi per investire nella vettura, nell'automobile ibrida, nelle tecnologie del domani allora vale la pena. La mentalità generale è che la crisi terminerà presto, e si ricomincerà come prima, basta aspettare. In generale le persone, i dirigenti non capiscono che non torneremo mai al vecchio mondo, che andremo verso un mondo in cui consumeremo in modo diverso, in cui i consumatori saranno molto più intelligenti, in cui le persone vorranno pagare molto meno caro, che non vorranno spendere inutilmente i loro soldi ma essere molto più prudenti, avere molti più risparmi. Prima avere una bella macchina era un segno di intelligenza, oggi avere una bella macchina diventa un segno di stupidità.

Esatto, il famoso SUV, che è il simbolo del consumo sbagliato. Torniamo però un momento, dato che abbiamo parlato poi di quanto questa crisi impatta anche sulla nostra vita, torniamo a un dato che è abbastanza impressionante: la disoccupazione. Si è parlato di 190 milioni di nuovi disoccupati nel corso del 2008, ma ogni giorno si aprono nuovi scenari di apocalisse, l'altro giorno appunto la Unione Europea ha detto 6 milioni ancora. Basteranno gli ammortizzatori sociali per bloccare quest'onda d'urto così forte o ad un certo punto si romperanno gli argini e il problema sociale esploderà nei paesi?

Il vero pericolo sarà avere tantissimi disoccupati e l'inflazione. Cioè avremo l'equivalente di quello che è successo in Germania negli anni 20, molta disoccupazione e molta inflazione, la Repubblica di Weimar.

Ha visto che Dominique Strauss-Kahn, il presidente del Fondo Monetario Internazionale ha detto "Mai così poveri dal '45". Cioè vede uno scenario da dopoguerra.

Ma ci troviamo in una situazione che è molto simile agli anni '30. Adesso la questione è passare dal 1930 al 1945 senza vivere nel 1930 e 1945. Quindi il rischio è avere un'enorme disoccupazione e un'enorme inflazione. Ma è possibilissimo evitarlo e per evitarlo bisogna mettere molti mezzi sulla formazione, perché oggi stiamo cambiando il mondo, in particolare in Europa, il nostro futuro dipende dalla nostra capacità di avere gente ben formata che sia capace di essere concorrenziale con il resto del mondo, e poi il nostro futuro dipende, ed è il caso in particolare dell'Italia, ma di tutta l'Europa, da avere più figli, dobbiamo avere più figli perché se noi abbiamo così pochi figli non possiamo pagare il debito attuale e non possiamo più pagare le pensioni: allora l'Europa viene condannata.

Ecco ci arriveremo a questa storia della riforma delle pensioni perché è un tema che come lei sa in Italia è molto forte nel dibattito. Io però volevo chiederle una cosa, lei nell'altro libro aveva parlato dell'iper-conflitto. Ora lei crede che un momento così difficile dal punto di vista sociale possa portare a dei rigurgiti eversivi nei nostri Paesi?

Ed è per questo che dicevo che bisogna passare dal '30 al '45 senza vivere la guerra. Oggi da un punto di vista economico la distruzione che è in corso è forte, come la distruzione di una guerra, per fortuna senza i 50 milioni di morti della seconda guerra mondiale. Ma la possibilità di una guerra è grande, perché in fondo qual è il problema principale oggi? È quello di ridurre il debito, come ho detto, e per ridurre il debito ci sono due modi: risparmiare di più o l'inflazione. E una situazione di guerra o di tensione internazionale spinge la gente a risparmiare, un risparmio volontario oppure un risparmio obbligatorio. Attraverso l'imposizione di una guerra, l'inflazione elimina il debito e quindi io credo che probabilmente ci saranno dei segnali di forte tensione: l'Iran, la Corea, il Pakistan, il Medio Oriente, potrebbero diventare fronti caldissimi.

Ecco ma per esempio, un dubbio che mi viene, forse infondato, l'Irlanda, che è un Paese che ha visto, è passato da essere un modello di sviluppo in Europa a diventare invece un paese colpito terribilmente da questa crisi. I nuovi eventi che riguardano l'Ira possono essere in qualche modo collegati a un malessere forte che si vive nel Paese?

Senza dubbio. Si vede un ritorno della violenza disperata, gli attentati nelle scuole, questo tipo di violenza esiste. Ma vorrei che in questa trasmissione si abbia il tempo di creare le condizioni di più ottimismo, dicendo che si sono enormi potenzialità in questa crisi per le persone fisiche, per le nazioni e per tutto il mondo. Noi non siamo condannati a lasciar passare le cose così come sono. Il futuro potrebbe essere estremamente positivo in realtà.

A proposito di ottimismo, forse Lei saprà che nel nostro Paese c'è una polemica molto forte tra il governo e i mass media perché il governo li accusa di essere troppo allarmisti, di raccontare la crisi in modo troppo pessimista. Lei crede che l'allarmismo può accelerare la sfiducia, che quindi ci sono delle responsabilità, delle colpe dei mass media in questa crisi o invece è soltanto un modo di raccontare la realtà?

I mass media sono lo specchio della società, i mass media non parlano mai dei treni che arrivano in orario, è normale. Io penso che oggi il pessimismo è assolutamente comprensibile, però deve essere un pessimismo che non deve condurre alla rassegnazione, il pessimismo corrisponde alla verità, che io ho descritto poc'anzi, il rischio è grandissimo che questa crisi si aggravi e quindi la gente, le persone, ne devono tener conto, devono risparmiare di più, devono lavorare di più e devono chiedere di più ai dirigenti politici e ai capi di impresa.

La ricetta per ricostruire la fiducia: Lei ha parlato di più formazione, di più innovazione, quali sono le cose su cui puntare per uscire un po' più forti da questa crisi?

A livello mondiale abbiamo detto che servono delle riforme, e da questo punto di vista l'Italia è particolarmente ben piazzata perché il G8 avrà luogo in Italia quest'anno, e il G8 sarà molto più importante del G20 a mio avviso. È lì che in realtà si dovranno prendere le grandi decisioni che il G20 avrà cominciato a discutere. In secondo luogo è in Europa che dovranno essere prese le grandi decisioni, da una parte di nazionalizzare le grandi banche non a livello di ciascun paese, perché sarebbe un pericolo di protezionismo, ma a livello europeo. È a livello europeo che bisognerà lanciare un grande programma di investimenti dell'ordine di 300 miliardi di euro, che la Banca Europea degli Investimenti potrà rilanciare benissimo, ma che nessuno vuole lanciare nei settori del futuro che sono essenzialmente i settori dell'ambiente, l'energia rinnovabile, la sanità, l'educazione, l'istruzione, settori che sono settori estremamente promettenti, in cui la crescita è molto forte e in cui non si investe abbastanza.

Lei ha evocato più volte le banche in questa discussione naturalmente; su questo voglio chiederle una cosa: i titoli tossici, ne parlano tutti, nessuno ha capito ancora a quanto ammontano, se cioè nella pancia delle banche c'è ancora questa bomba pronta ad esplodere, si fanno delle cifre abnormi che poi vengono smentite. C'è qualcuno in grado secondo lei di saperlo e non ce lo dicono per non spaventarci o in realtà veramente quello è un mondo inesplorato dentro le banche?

In realtà non se ne sa nulla perché gran parte dei prodotti tossici hanno valori che dipendono dal futuro. Dal momento che il futuro è ignoto è meglio pensare che questi prodotti valgano zero. Bisogna guardare le cifre principali di oggi. Nel sistema bancario mondiale, il totale dei prestiti fatti dal sistema bancario mondiale: 85 mila miliardi di dollari. Le banche non dovrebbero prestare più di 10 volte dei soldi che hanno a disposizione, quindi per prestare 85 dovrebbero avere 8,5. Ufficialmente hanno 4, allora già ufficialmente hanno molto meno di quello che dovrebbero avere dei prestiti che hanno fatto, in realtà, in ragione dei prodotti tossici questi quattro sono piuttosto zero direi, ed è per questo che le banche oggi hanno assolutamente bisogno di nuovi fondi propri, per evitare di crollare, di non poter poi fare prestiti a nessuno. I prodotti tossici fanno sì che nessuno voglia investire nelle banche, perché nessuno sa quello che c'è veramente dentro.

Quindi alla fine può farlo solo lo Stato come lei diceva, andiamo verso la nazionalizzazione. Prima domanda: se mettiamo i nostri soldi, dei contribuenti, dentro le banche bisognerebbe che chiedessimo in cambio qualcosa. La sensazione che abbiamo è che nelle banche vengono messi tanti soldi, e poi le banche non restituiscono questo aiuto ad imprese e famiglie, perché lei lo ha detto prima, la liquidità del sistema è molto poca, le banche hanno chiuso i rubinetti. Come si fa a costringerle ad andare avanti sulla liquidità?

Innanzitutto se si devono mettere dei soldi in banca meglio metterli prendendo il potere a nome dei contribuenti piuttosto che dare loro i soldi e lasciarli continuare a dirigere liberamente.

Quindi naturalizzarli con manager di stato in qualche modo, tornare all'antico?

Sì, esattamente. Magari provvisoriamente, aspettando che le cose migliorino, in secondo luogo non bisogna pagarle care, bisogna pagarle zero, perché non valgono nulla, non parlo di una tale o tale banca italiana o francese, parlo delle banche che sono in grossa difficoltà. E in modo che poi il contribuente possa avere un beneficio quando la banca si rimette in piedi, quello che è successo per certe banche americane che sono state nazionalizzate e poi rivendute, ecc. Quindi la prima cosa da fare è mettere dei soldi affinché il sistema torni a funzionare. In seguito, ma molto più tardi, quando le banche avranno ritrovato il proprio equilibrio finanziario, potranno risviluppare il loro finanziamento. Nel frattempo il finanziamento arriverà con un collegamento diretto tra imprese e Banca Centrale. In altri termini: in attesa della nazionalizzazione o di altri sistemi che abbiano il loro effetto, rimettano le banche in buon stato, sono le banche centrali che dovranno finanziare direttamente le imprese. Sono le banche centrali che finanzieranno.

Cioè non ci sarà il passaggio intermedio della banca. Lei forse saprà che in Italia la situazione è un po' differente, ancora non è stata nazionalizzata nessuna banca, il nostro ministro dell'economia continua a rassicurarci che le banche stanno bene e ha costituito questi Tremonti bond, chiamati così. Dovrebbero essere dei bond, delle pubblicazioni che le banche sottoscrivono per poi avere più liquidità per finanziare il sistema. L'ha visto questo strumento, le sembra adatto, le sembra una buona idea quella italiana?

È una idea eccellente che consente al sistema di trovare risorse, spero che questo eviti la nazionalizzazione.

Veniamo ai rapporti tra Italia e Francia. Ci sono due grandi dossier aperti tra il nostro Paese e il suo: quello sul nucleare, hanno fatto un accordo importante sul nucleare Berlusconi e Sarkozy, ma la sensazione che abbiamo noi qui è che rischiamo di diventare ancora più sudditi francesi legandoci al vostro nucleare. È un pericolo che corriamo?

No, perché la Francia ha fatto la scelta del nucleare 50 anni fa e oggi tutto il mondo si rende conto che l'energia nucleare non sarà la soluzione di tutti i problemi ma è un'energia che non produce gas serra, quindi non ha impatto sul clima. Quindi è molto utile. Quindi vedremo costruire in tutto il mondo, non soltanto in Italia, delle centrali, centrali di nuova generazione, quindi vedremo in Cina, in India, in Inghilterra, magari anche negli Stati Uniti.

La Francia ha pericolosamente, secondo alcuni, sdoganato il protezionismo in Europa. Lo considera un valore o un disvalore?

Io penso che sia un grandissimo pericolo. Per questo che dicevo poco fa che preferirei che le banche, se dovessero essere nazionalizzate, o se lo Stato dovesse avere una partecipazione calmierata, questo non dovrebbe essere a livello nazionale ma a livello europeo. Preferisco che le banche siano europeizzate piuttosto che nazionalizzate per evitare il protezionismo.

Lei ha detto che il male più grave del nostro Paese è la demografia, è l'invecchiamento da una parte e il fatto che non facciamo figli dall'altra. Ma due cose. Prima: le pensioni, in Italia riformare le pensioni è praticamente un tabù, quanto è urgente secondo Lei? Se lo può permettere un Paese in un momento così difficile, la crisi economica che azzanna e che rende incerto il futuro, di affrontare il nodo pensioni?

Non voglio parlare troppo della vita politica italiana, ma in tutti i paesi del mondo oggi la scelta è aritmeticamente molto semplice: o si fanno più figli, o si lavora più a lungo, oppure si accettano molti più stranieri. L'Italia deve fare una scelta politica.

Ecco ma sugli stranieri, l'immigrazione è certamente una risposta, eppure nel nostro paese cominciano ad esserci dei rigurgiti, non voglio dire xenofobi, ma certamente di fastidio nei confronti degli stranieri. Come si gestisce in modo intelligente l'immigrazione? Lei è un problema che conosce bene, anche con Planet Finance si occupa molto di questo tema dell'integrazione degli stranieri, qual è la chiave per integrarli?

Noi aiutiamo tutti coloro che cercano di integrarsi in tutti i paesi del mondo, parlo dello sviluppo del micro-credito. Un'integrazione degli stranieri passa attraverso una integrazione sociale e culturale, se facciamo venire gli stranieri soltanto per lavorare, tenendoli dentro dei ghetti, per forza è un disastro, per loro e per il paese che li accoglie, bisogna che l'accoglienza sia completa, prima di tutto culturale. In Francia noi abbiamo avuto l'esperienza di accoglienza di molti italiani, e oggi si trovano bene in Francia e sono ancora italiani in un certo senso, anche se l'essenziale del loro futuro è in Francia. Deve essere la stessa cosa per quelli che adesso arrivano in Europa.

Trichet, il presidente della Bce, ha detto che nel 2010 si intravedranno i primi bagliori di luce in fondo al tunnel. Li vede questi bagliori anche lei?

Ci sono, è chiaro. C'è innanzitutto un enorme potenziale del progresso tecnico, l'enorme potenziale della crescita demografica, che, l'ho detto spesso, apporterà una crescita per 30 anni, e c'è poi il fatto che le banche centrali stanno iniettando molti soldi, c'è il fatto che l'energia è a buon mercato, il potere d'acquisto aumenta grazie alla riduzione di certi prezzi. Se noi saremo capaci di risolvere il problema delle banche, di mettere dei fondi propri alle banche rapidamente, sì 2010 forse i bagliori alla fine del tunnel ci saranno. Però bisogna fare attenzione, perché il bagliore alla fine del tunnel, la luce alla fine del tunnel a volte è la luce di una locomotiva che ti viene in faccia.

Un'ultima cosa, ci può dire in cinque parole cosa è che dobbiamo ancora capire per salvarci la vita, in senso lato? Mi richiamo alla sua attività anche di filosofo e di sociologo.

Diritto morale, ottimismo, creatività, generosità.


(Il video integrale dell'intervista a Jacques Attali)







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