La nostra unione è la nostra storia. La nostra storia è il futuro dopo la crisi
In occasione delle Commemorazioni che si svolgeranno l'anno prossimo per il decimo anniversario della morte di Bettino Craxi, stiamo definendo il programma della Prima Conferenza nazionale di Critica Sociale, prevista per il gennaio 2010. Non intendiamo “limitarci” (si fa par dire) a ricordare la figura dello Statista di cui indubbiamente ormai tutti, anche chi di malavoglia, prendono atto. Craxi era ed è ancora oggi un “uomo nuovo”, l'unico vero “uomo nuovo” della politica italiana (con Saragat) dal dopoguerra in poi. Noi abbiamo sempre sprezzato la “seconda repubblica” come un'operazione “a tavolino” non solo antidemocratica, ma socialmente antiriformista. Da “controrivoluzionari” (cioè da “riformisti”) dunque, vogliamo ricordare Craxi – e la sua creatività intellettuale, liquidata con l'esilio e la morte - sotto un profilo fin qui trascurato, quello del pensatore: del “pensatore attivo”, del grande innovatore di cultura politica, che non cade dal cielo, ma si forma e di definisce nella lotta interna al PSI per la sua emancipazione dal PCI e poi con il PSI contro il comunismo internazionale. Libero e antidogmatico che non scrive solo nei libri e sulla sabbia, ma soprattutto nei documenti e sulla “carta che canta” nell'azione politica del Partito socialista e poi del Governo. “Craxi, pensiero e azione – Il liberalsocialismo come cultura di Governo”, questo il tema su cui si propone di orientare la Conferenza di gennaio, per ritrovare nella miniera di diamanti della nostra tradizione ultracentenaria, e tra i suoi protagonisti, un'araldica nobile che è un patrimonio nazionale, le linee guida e gli spunti – ormai “inediti”, sicuramente sconosciuti ai più giovani - per dare un contributo all'educazione di idee e alla forza di iniziative politiche e civili, sempre fisso il traguardo a un'Italia moderna, occidentale, all'avanguardia nella democrazia delle sue istituzioni, della propria società (alle soglie dell'autogoverno, come diceva Nenni nel '45 prima della Costituente e di Bossi). Ma all'avanguardia anche nel mondo, capace cioè di parlare con gli Stati, ma anche direttamente con le Società civili per riaffermare ovunque la fiducia verso il principio del diritto alla vita nella libertà.
Francesco Colucci, attivissimo animatore dell'Associazione, nel numero di questo mese, invita, nel suo editoriale, ad avere il coraggio “ancora una volta, di partire “dal basso” secondo la lezione di Turati; di partire cioè da un'analisi pragmatica delle diverse realtà territoriali del nostro Paese, modellando su di esse concrete iniziative di riforma economica, amministrativa ed istituzionale e muovendo, secondo le parole di Craxi, dalla convinzione che “il presupposto di ogni buona azione politica consiste nel capire meglio la realtà italiana, evitando sempre la scissione tra la realtà quale è e quale invece vogliamo, temiamo o immaginiamo che sia, tra schematizzazioni più o meno illuministiche e l'evolversi concreto dei fenomeni sociali”.
Anche la modalità scelta non è casuale: il successo in cui confidiamo consentirà, nelle nostre intenzioni, di fare della Conferenza della Critica Sociale un appuntamento annuale sul modello dei “meeting” pre-bolscevichi del partito socialista delle origini, chiamati “congressi” letteralmente solo perché erano appuntamenti aperti e non adunate col battere dei tacchi in cortili di caserma. Così accadeva del resto in tutti i partiti socialisti europei, fino all'avvento del “partito-militare” - importato anche nella socialdemocrazia - dal leninismo. E' una questione di valore politico, più che organizzativa, di cui torneremo a parlare. In ogni caso, quella della Conferenza annuale convocata da una Associazione promotrice con le adesioni volontarie di circoli, gruppi, personalità e organizzazioni locali per discutere su un ordine del giorno di temi (che è al contempo un'analisi e un rapporto sulla situazione del Paese) è non solo il nostro modello, ma è un metodo tratto da una tradizione liquidata dal marxismo. Metodo che sopravvive da secoli, e non a caso, nel laburismo britannico (con la Conferenza annuale di settembre del Labour e la Conferenza per il Nuovo Anno della Fabian Society, a gennaio), culla europea del socialismo anti-marxista e liberale.