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LA MORTE DELL'OTTANTANOVE

I protagonisti furono i dissidenti. Senza diritti, nessuna sicurezza

Data: 2009-12-11

di Stefano Carluccio, Critica Sociale, 11/2009,

In un articolo di un anno fa (già ripreso dalla Critica nel numero 7 di quest'anno) il saggista Paul Breman sull' IHT elencava tutte le ragioni per ritenere con la caduta del Muro di Berlino, l'impegno dell'Occidente per i diritti umani e il progresso della democrazia nel mondo essere ormai in riflusso, registrando questi una profonda indifferenza, fastidio, se non in certi casi una mal celata ostilità, soprattutto in molte capitali europee. Non fanno eccezione a questo destino i nuovi arrivati nell'Unione: gli ex satelliti sovietici verso cui solo la Gran Bretagna sembra tenere ben aperto non uno, ma due occhi di riguardo. La novità di oggi sembra essere che a questo corrente si unisce con le vistose lacune, come nel caso della rivolta del giugno scorso in Iran, il nuovo stile della “mano tesa” dell'amministrazione Usa. Che una discontinuità con la precedente amministrazione, dopo il massacro d'immagine subito dal Presidente Bush, si rendesse inevitabile era prevedibile. Ma il punto d'incertezza e il senso di attesa verso la nuova presidenza sta nell'interrogativo se l'unico modo per salvaguardare i diritti umani sia un'inevitabile azione militare, o se non vi siano altre strade. Obama afferma che sì, esistono altre vie. Ma se queste fossero il convincere tutto il mondo a volersi bene (Il Cairo), la situazione si avvita. In realtà non si tratta di un interrogativo di natura morale sui mezzi, ma di realismo politico dove il cuore del problema è la sopravvivenza stessa dell'Occidente, cosa possibile solo nel suo insieme. Lo stile kissingeriano che sembra tornare in auge, portò l'URSS negli anni '70 ad una influenza globale che mai eguagliò nella sua storia. Se l'Islam si organizzasse, oggi arriveremmo allo stesso punto. Scrive Breman: “La politica estera americana dal 1989 si è fondata su un principio: che l'interesse dell'America ed il progresso liberal-democratico nel mondo, in prospettiva si equivalgano. Questo principio ha sempre avuto i suoi critici negli Usa. I critici non aumenteranno. E tuttavia se l'America ascoltasse queste critiche, prendendo la strada tradizionalmente conservatrice - la realpolitik ed il corteggiamento dei dittatori - non si avrebbe una maggiore stabilità, nè in Europa dell'Est, nè in Medio Oriente. Uno scatto conservatore dell'America non farebbe che indebolire i democratici in tutto il mondo e, pertanto, mettere a rischio il futuro dei soli amici affidabili degli Stati Uniti”. Può il regime di Ahmadinejad, se risulta in procinto di realizzare l'arma atomica, rinunciarvi con quel vespaio che ha nel Paese? La Russia si farà promotrice di sanzioni o si interporrà con ulteriori tentativi mediatori? E lo smantellamento dello scudo polacco che vantaggi porterà alla soluzione afghana? In realtà il percorso andrebbe rifatto all'inverso: isolare il cuore dell'infezione (Iran), dissuadere altri velleitarismi antisraeliani e anti occidentali (le armi che non si usano dopo sono quelle che si dispiegano prima, come insegnano i Romani), sostenere la creazione di mezzi di informazione per i dissidenti e le popolazioni per aiutarle a costruire le loro società civili i cui progressi sono progressi anche per i “buoni affari”. Lo schema è quello del Trattato di Helsinki che creò le condizioni strategiche per la fine del comunismo. La legittimazione internazionale dei diritti umani nei paesi comunisti riconosciuta in quegli accordi, parallelamente alle intese economiche e militari, fece lì per lì ridere i “realisti”. Ma quel testo di “aria fritta” fu il perno di una leva che ha sgretolato dall'interno il regime sovietico, a cominciare dai Paesi dell'Est europeo. Essi oggi andrebbero portati in palmo di mano come i protagonisti, nel 1989, della fine di un incubo sulle nostre teste e avrebbero meritato simbolicamente (ma non solo) la prima presidenza dell'Unione. Per il domani l'Onda verde potrebbe essere come Solidarnosc. Basta capirlo. E che si capisca che cinismo e realismo spesso sono in antitesi e che la portata di realismo politico che ci offre in dissenso islamico, in particolare le donne è un fattore concreto per la nostra sicurezza e per il progresso economico dove questo si coniuga con quello sociale in nuove società libere. L' alternativa è il falso realismo dei cinici che si impiccheranno con la corda che i tiranni gli avranno venduto.







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