IL RISANAMENTO DELL'ECONOMIA. E SCALFARI SCRIVEVA: "IL GOVERNO MERITA DIECI E LODE"
Nicola Scalzini, Critica Sociale, n.1/2010,
Non si riesce a capire dove Salvatore Bragantini abbia preso informazioni per affermare che Craxi "lasciò un debito pubblico raddoppiato". Sotto la sua guida e quella di De Mita (!?) il debito sarebbe infatti passato dal 60% al 120% del PIL (
vedi: Corriere della Sera, 14 gennaio, pag.17). Intanto vorrei subito precisare che quando ebbe inizio il Governo Craxi il debito pubblico aveva superato di poco il 70% del PIL e raggiungerà i 120 punti solo nel 94 (Governo Ciampi) a ridosso di una grave crisi economica , 6 governi dopo quello di Craxi (Fanfani, Goria, De Mita, Andreotti, Amato, Ciampi). Certo, quando De Mita dette il benservito a Craxi (marzo '87) il rapporto debito/PIL era prossimo al 90%, nonostante che nel triennio la spesa fosse stata mantenuta stabile in rapporto al PIL e il fabbisogno del tesoro ridotto di 3 punti. Un grande sforzo se si considera che nel quadriennio precedente la spesa era triplicata in volume e aveva guadagnato ben 8 punti rispetto al PIL. Si trattava quindi di salire su un auto in corsa verso il precipizio e rallentarne l'andatura, cosa che venne fatta con la finanziaria per l'84 con un'operazione di ampio respiro, soprattutto nella spesa sociale. In tale situazione due circostanze fungevano da aggravanti. La prima: Il calo dell'inflazione imprimeva alla spesa, che era indicizzata ai tassi di inflazione del periodo precedente, incrementi sistematicamente più elevati di quelli correnti. L'effetto di spinta di tale meccanismo rendeva più arduo il controllo della spesa per tutto il periodo caratterizzato dalla riduzione dell'inflazione. Esso si sarebbe esaurito al termine del processo di disinflazione, vale a dire nell'87. La seconda aggravante derivava dalle conseguenze del divorzio tra Banca d'Italia e Tesoro, sancito nell'81 dal Ministro Andreatta, con il quale la Banca d'Italia non era più obbligata ad acquistare, emettendo valuta, i titoli di debito pubblico non collocati sul mercato. Il costo del servizio del debito prima messo a carico dei risparmiatori e del sistema bancario, subì una crescita esplosiva. Un'alluvione di oneri che travolgerà prima il governo Spadolini e poi si rovescerà su quello di Craxi. Comunque, lo stesso Sen. Andreatta riconoscerà in un suo scritto" che i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grande problema della politica economica aumentando il fabbisogno del Tesoro e l'escalation della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale".
Insomma in quelle condizioni e senza toccare le imposte sarebbe stato molto difficile fare di meglio. Persino un duro avversario di Craxi come fu Eugenio Scalfari sul suo giornale scriveva il 1° marzo 1987 che sulla gestione dei conti dello Stato nel quadriennio " il Governo merita la lode". Tuttavia i meriti di quel Governo non si limitarono alla finanza pubblica, ma furono ben altri. Quando Craxi ricevette l'incarico di governo il paese era in una situazione disperata: Il Prodotto lordo era negativo da tre anni e risultava inferiore a quello del1980, l'occupazione in calo e la disoccupazione in crescita, gli investimenti in grave declino, i conti esterni in rosso persistente, costo del lavoro a quasi il 20%, spesa pubblica e pressione fiscale in forte aumento, inflazione al 16,5, i bot al 20% e ci fermiamo qui. Gli esperti parlavano di due vincoli allo sviluppo rappresentati dai conti esterni e dall'inflazione. In altre parole,il paese era condannato alla non crescita per evitare l'aggravarsi degli squilibri dei conti esterni e il puntuale aumento dell'inflazione.
Alla fine di quella esperienza tutti gli indicatori vengono letteralmente ribaltati. Una trasformazione così radicale e rapida appare al mondo intero spettacolare e miracolosa: l'inflazione raggiunge il 4%, ma quel che appari più importante, il differenziale con gli altri paesi passa dal 9 al 2%; il numero delle imprese è triplicato, i profitti ricostituiti, le esportazioni in forte incremento, i conti esterni in consistente attivo, il PIL in crescita insieme agli investimenti, ai salari reali e all'occupazione. Cadono i vincoli alla crescita che tende ad un vero e proprio "boom"nel successivo triennio. Insieme agli elogi arrivano i riconoscimenti:l'Italia ha superato la Gran Bretagna per livello di reddito ed entra a far parte del G7, le agenzie di rating assegnano al nostro paese il massimo riconoscimento, la tripla A che, persa in seguito alla crisi dei primi anni novanta, non sarà più riottenuta. Si era dunque nella condizione migliore per dedicarsi alla rifinitura del lavoro, vale a dire la stabilizzazione del debito rispetto al Prodotto Lordo nel biennio 1987/88. In un articolo sulla Repubblica dell'undici dicembre 1986 il Ministro Visentini ("Se De Mita mi permette una domanda") ritenendo che la pressione fiscale costante, insieme alla riduzione della percentuale della spesa sul Pil dallo stesso proposta non fosse altro che la conferma dell'indirizzo avviato nei primi tre anni di governo, scriveva che "il biennio 1987-88 sarà decisivo" per la finanza pubblica. I timori di Visentini purtroppo erano fondati. Liquidato il governo Craxi si andò alle elezioni anticipate con il Governo Fanfani di minoranza. Seguì il Governo Goria che in Parlamento venne più volte messo in minoranza con maggioranze trasversali volte a saccheggiare la finanza pubblica finalmente priva di validi guardiani (chi non ricorda l'on Lodi del PCI capo manipolo degli assalitori ?). Ma anche nel mondo politico e sindacale si creò una euforia da guerra finita e così ricominciò l'instabilità politica e sociale, l'aumento della spesa pubblica e della pressione fiscale e pur in presenza di una crescita rilevantissima del prodotto, non si ebbe la consapevolezza dell'importanza di mettere definitivamente al sicuro i conti pubblici. Del resto l'indicatore debito/PIL era ancora un illustre sconosciuto ai più, né godeva della considerazione che avrà nella formulazione dei parametri di Mastricht. La crisi economica degli anni novanta darà il colpo di grazia al precario equilibrio della nostra finanza pubblica. Questi sono in estrema sintesi i fatti. Se si riuscisse a fare una operazione verità sugli anni ottanta e sul Governo Craxi, senza pregiudizi e demagogie, certamente riscopriremmo uno dei momenti migliori della nostra storia che vide la Banca d'Italia, il Governo e il Sindacato costruire un capolavoro di politica economica tanto raro nel nostro paese e che fa onore a coloro che ne furono i protagonisti.
Nicola Scalzini è stato responsabile della politica di bilancio e finanza pubblica - Dipartimento Economico della PCM - Governo Craxi 1983-87