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SINISTRA REALE (RIFORMISMI DEL PSI E PCI)
SINISTRA IMMAGINARIA ( '68 E MANI PULITE)

L'esperienza delle giunte di sinistra a Milano degli anni '70 e '80 dimostra che un'evoluzione dei rapporti tra socialisti e comunisti era possibile. Il terreno era quello del superamento dell'anticapitalismo, del rifiuto dell'estremismo e del frontismo, con l'apertura al mondo cattolico e al pluralismo sociale.
L'alleanza tra il riformismo socialista e craxiano con il riformismo comunista e amendoliano (o "migliorista"), è stata la sinistra reale, quella che vinceva.

Data: 2010-11-13

di Ugo Finetti

Nel libro di Festa e di Tognoli c'è un senso di un patriottismo, ma di un patriottismo non aggressivo cioè una ragione per credere a Milano, cioè a una città che assimila, che non respinge e che ha un rapporto non disturbato con il proprio passato.

Quando leggo libri di storia scolastici  che parlano del dopoguerra come una successione di capitoli che vanno dall'attentato a Togliatti, l'uccisione di Moro, il maxiprocesso per Mafia e poi Mani Pulite, se ci va bene c'è una eccezione di infamia su tutta la nostra storia nazionale.

Io non credo che la nostra storia nazionale e quella di Milano sia una storia di personalità negative. E' una lettura classista del Novecento imperniata sul contrasto tra capitale e lavoro e che solleva una eccezione d'infamia sistematicamente nei confronti di chi ha prevalso: dei vincitori vinti,  gente che comunque è destinata a tramontare.

Questa visione disturbata del passato, salva solo delle minoranze giacobine ingrugnate, agguerrite. Non è una visione realistica dell'Italia, né di Milano.

Qual è l'elemento importante, attuale di questo libro? Che ci fa ragionare sulla sinistra di Milano e sulla sinistra nazionale.

Ma restiamo a Milano. Chi sono Ludovico Festa e Carlo Tognoli? Non sono due persone che prendono il the e che conversano. Sono i rappresentanti di due componenti del riformismo milanese, del riformismo socialista e craxiano, da una parte, e del riformismo comunista, amendoliano, dall'altra. Questi sono stati i riformisti che hanno portato a Milano la sinistra ad essere vincente e che hanno governato ininterrottamente Milano dal 1975 al 1992, salvo brevi periodi.  Tra il '68 e Mani Pulite, lì in mezzo, c'è stata una sinistra che ha vinto e che ha governato. E ha governato bene. Mentre oggi abbiamo una sinistra milanese che rifiuta quella sinistra di governo.

Non vorrei che Cervetti mi accusi di essere Breznev se parlo di sinistra reale, però questa è stata la sinistra reale.

C'è una sinistra milanese di oggi  che rifiuta la sinistra reale, che è appollaiata ancora sul '68 e su Mani Pulite e rifiuta ciò che c'è stato in mezzo, e cioè la sinistra vincente.

Questa storia dei due riformismi è una storia importante. Qui il ruolo di Craxi. Il ruolo di Craxi è stato un ruolo fondamentale perché la sinistra è sempre stata battuta nelle urne elettorali e di volta in volta Craxi l'ha rimessa in sella.Nel '75 non avevano i voti, ed è stato principalmente Craxi - non solo  mi limito a Craxi che certamente non agiva nemmeno di nascosto dal Partito Comunista nazionale con cui tratteneva rapporti diretti anche in quella vicenda - è stato Craxi che inventò la scissione del MUIS, con Pillitteri, Armanini, le uscite di Ogliari e Sirtori e che creò la maggioranza della giunta di sinistra. Questa maggioranza fu sconfitta alle elezioni dell'80 e nonostante quanto detto in campagna elettorale, grazie a Craxi ci fu il recupero dei socialdemocratici, e successivamente nell'85 dei repubblicani e successivamente ancora nel '90 dei Verdi, eccetera. Craxi cioè ha avuto un ruolo importante per la sinistra milanese e probabilmente è per questo che forse la sinistra attuale non vuole la sinistra reale. Era, il suo, un disegno politico di alleanza conflittuale con la Democrazia Cristiana, non subalterna. Non si accettavano i diktat di estensione dell'alleanza con la DC anche nelle giunte locali. Vi erano un ragionamento, un puntare sull'evoluzione nei rapporti tra comunisti e socialisti e questa è la storia reale della sinistra riformista, del riformismo comunista e del riformismo socialista,  e di come questo rapporto siacresciuto. E' cresciuto perché non era una sinistra frontista, non lo è mai stata, né per gli schieramenti  -che hanno appunto coinvolto socialdemocratici, repubblicani ed altri -  né per i contenuti. Esplicitamente da parte socialista, meno esplicitamente da parte comunista, non vi era più il dogma della fuoriuscita dal capitalismo.

La sinistra milanese - noi parliamo di sindaci socialisti ma dovremmo parlare dei vicesindaci comunisti che sono stati importanti, Vittorio Korach, Elio Quercioli, Luigi Corbani - è stata una sinistra che ha guardato all'insieme della città, ad una rappresentanza nel segno del pluralismo e non dell'aggressività. Non era la sinistra del triangolo della morte nell'Emilia del dopoguerra. La sinistra a Milano non ha governato contro qualcuno o contro qualcosa, ma è stata una sinistra che ha svolto un ruolo di grande aggregazione, puntando allo sviluppo, conciliando soprattutto tutela sociale con la modernizzazione. Ha fatto una politica sociale molto innovativa. Non solo assistenza domiciliare agli anziani e la politica del verde, ma questa scelta di non avere una lettura classista della società milanese ha permesso operare anche sul terreno sociale in un quadro di economia di mercato.

Il presidente di Assolombarda, Meomartini, commentando il libro di Tognoli, ha detto: "E' un libro un po' buonista". Perché? Non è un libro buonista. Ragionando di riformismo comunista e socialista c'è una ricerca delle radici. Sono radici che non nascono nel'75 e nel '77, all'improvviso, ma che si ricollegano ad una storia di progressisti e di riformisti milanesi che viene da lontano, che si intreccia con il Risorgimento che, conbuona pace dei leghisti, si faceva alla "lega lombarda" come viene ripetutamente ricordato. Sorge la questione sociale verso la fine dell'800, ne parla Turati sin dal primo editoriale di Critica Sociale,  e già lì c'è l'esplicita volontà di legare il neonato socialismo, non all'ortodossia marxista, ma alle componenti, soprattutto milanesi, del Risorgimento dove è presente la questione sociale. Queste sono le radici lontane del riformismo socialista e del riformismo comunista della sinistra reale che ha vinto e governato Milano.

 Queste radici sono rimaste una caratteristica di Milano. Dopo la cesura fascista, attraverso la Resistenza si ricrea a Milano un gruppo dirigente di comunisti, di socialisti e di cattolici che dal punto di vista storico bisogna riconoscere come importante.

Personalità come Enrico Mattei sono state fondamentali nella vita cittadina e nello sviluppo della politica milanese, in una comune matrice che viene dal gruppo dirigente della Resistenza che non si è mai tradotta né in una conflittualità viscerale da ! "guerra fredda" né in "consociativismo". Con il riformismo cattolico c'è stata una dialettica, perché la sinistra democristiana fatta da Mattei, da Marcora, non era la sinistra catto-comunista e  dossettiana: era in realtà una sinistra che ha avuto sempre rapporti molto attenti. Non si è mai lavorato sul deserto. Milano ha avuto una grande spina dorsale, ha avuto una rete.  Riformisti comunisti, socialisti, cattolici. Ma anche grandi personalità: Saragat, Spadolini, Malagodi, grandi personalità che hanno animato la vita milanese. Quindi quella di Milano è statauna società che con un gruppo dirigente che ha saputo tenersi su una grande dialettica, ed è per questo credo che è stato un bene non avere giunte di "compromesso storico" (la questione venne posta nel '75 da Berlinguer, ndr), ma "giunte di alternativa".

Una dialettica vivace, importante che ha portato Milano ad una notevole crescita. Non era la sinistra della fuoriuscita dal capitalismo, non è stata una sinistra anti-occidentale anzi è stata molto filo-israeliana, per nulla anticlericale.

Ricordo un episodio. Quando i neofascisti speculando sul terrorismo di sinistra alimentarono una campagna per la pena di morte, il PCI era un po' imbrigliato, i democristiani un po' spaesati e io, segretario della federazione, ero un po' morto di paura perché questa raccolta di firme stava prendendo piede. Mi confortò Tognoli quando mi disse che "arrivano i nostri", che si sarebbe mosso il Cardinal Colombo, che c'era una discesa in campo dell'Arcivescovo contro questa barbarie della raccolta di firme per la pena di morte. Questo va ricordato perché c'è sempre stata grande dialettica e collaborazione.

Non erano anni semplici. C'era il terrorismo e c'era la crisi economica. Era una città in ginocchio. Ma una città che grazie alla sinistra riformista e grazie anche a una maggioranza di forze sociali, comprese  quelle che stavano fuori dalla maggioranza politica,   si è risollevata.

Si fa molta ironia sulla "Milano da bere". Ma abbiamo passato anni dove il centro di Milano era spento. Era una città spaventata, una città morta ed è stata questa stagione che ha riportato Milano in sella, ha fatto credere nuovamente a Milano.

Non voglio con questo parlare male del '68 e di Mani Pulite. Io sono un assertore del"tutto ciò che è reale e razionale". C'è stato il '68? C'erano delle ragioni. C'è stato Mani Pulite? C'erano delle ragioni. Però io non sono un assertore del "tutto ciò che è razionale e reale" e cioè che bisogna scappare. Se mi si dice che bisogna fare una caccia all'uomo permanente, un '68 permanente,  Mani Pulite permanente comincio ad essere un po' disturbato e un po' preoccupato.

Vado alla conclusione. Parlare male di Craxi è il rifugio delle persone inutili. A Milano quando uno non sa cosa dire, e non ha niente da dire e da fare, si mette a parlare male di Craxi allora diventa interessante ed importante quello che dice. Quando si è sconfitti si è un catalogo di errori. Ebbene Craxi non mi sembra sia stato sconfitto politicamente e alla luce del sole. Non è vero che non credeva in una evoluzione e in una riunificazione positiva della sinistra, guardava a un orizzonte del socialismo democratico e occidentale. A questo orizzonte non ci guardava il Partito Comunista e non ci ha guardato il Partito Comunista post 1989.

Che cos'è stata l'evoluzione della sinistra dopo il 1989? Anzi che cosa è stata l'evoluzione della sinistra milanese dopo il 1992 nel corso del post-comunismo? L'espulsione del riformismo comunista.

Leggevo l'articolo di un intellettuale che ammiro molto, Giuseppe Bedeschi, sulla cosiddetta destra comunista: Napolitano, Cervetti, Macaluso non avrebbero mai dato battaglia.

Credo che sarebbero molto attuali gli scritti di Amendola "Sacrifici senza contropartite" adesso che si parla di sciopero generale. Epifani farebbe bene forse a leggersi "Sacrifici senza contropartite", la lezione della FIAT che scrisse Giorgio Amendola. Ma se non avesse dato battaglia perché sarebbe stata cancellata?Addirittura si tentò di cancellarla fisicamente dalla mappa e dall'esistenza degli organismi dirigenti del Partito Comunista. La sinistra  del post-comunismo ha avuto una evoluzione che è stata scadenzata così: espulsione del riformismo comunista, espulsione del riformismo socialista, espulsione del riformismo cattolico. Basta pensare cosa succede a Bonanni.

Tra il '68 e Mani Pulite c'è stata una sinistra riformista per molti versi irripetibile, ma che rappresenta una matrice e una base. Noi abbiamo oggi una sinistra che invece rifiuta la sinistra vincente, la sinistra di governo, e vuole la sinistra del '68 e di Mani Pulite.







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