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ARRIGO LEVI E LE ORIGINI SOCIALISTE DI ISRAELE

L'esilio in Argentina, l'arruolamento volontario nella Tzavŕ nel 1948, gli articoli per Critica Sociale di Mondolfo

Data: 2010-12-15

Critica Sociale, n.9/2010,


La prova che il socialismo abbia avuto un ruolo determinante nella costruzione nazionale dell'Italia unita, la si ritrova in quasi tutte le moderne esperienze storiche di nation building. L'anno venturo non è solo mera coincidenza che ricorrano contemporaneamente i 150 anni dell'Unità di Italia e i 120 anni della nascita di Critica Sociale (e del socialismo italiano), prima del suo stesso partito. A conclusione del processo di riunificazione, infatti, Roma diviene capitale del nuovo Stato nel '70: ventuno anni dopo (1891) - cioè nell'età in cui si diveniva maggiorenni - il socialismo risorgimentale, ribellistico e sentimentale, diviene adulto, studia in modo critico la nuova società, e progetta cosa farà l'Italia da grande. Nella collezione storica diretta da Turati (che è già ora disponibile online e che sarà pubblicata in edizione digitale l'anno venturo per essere diffusa nelle università, nelle biblioteche e nelle scuole) non c'è la storia dell'ideologia socialista, ma c'è la storia della costruzione della Nazione attraverso cui si corroborano di concretezza politica i precedenti principi socialisti; c'è la storia dettagliata di come è stata costruita l'Italia, Nazione europea moderna.

Sotto questo profilo aveva perfettamente ragione Craxi quando reclamava al riformismo socialista il ruolo di Patrimonio di interesse nazionale, e non solo di parte politica. E' in particolare dagli autori di economia e del diritto che collaborano alla Rivista, che la Critica acquisì il prestigio di cui tutt'ora conserva l' eco, per la vera e propria capacità di inventarsi, attraverso il metodo empirico, soluzioni tutt'ora stupefacenti e di utile ispirazione, per coniugare il capitalismo nascente e il progresso sociale. Ogni idea nuova aveva una testata multipla; non due, ma tre o quattro "piccioni con una fava". Il segreto era nella assoluta fiducia nelle forze morali, come forze effettive, reali, utili, disponibili a chiunque lo volesse, in questo "eguali" in quanto "liberi per diritto naturale". Oggi si chiama capitale umano, ma i socialisti di allora l'avevano colto nella centralità dell'educazione e dell'istruzione, nella partecipazione al governo della vita politica, intesa come libertà di costruire la propria società futura. Il mutualismo, la cooperazione e il municipalismo erano le chiavi politiche decisive, la forza reale su cui poggiare il movimento progressista che aveva bisogno di nuove leggi "a suggello" - come diceva Turati - delle "nuove conquiste", e per realizzare "ulteriori conquiste" che annualmente, immaginava, dovessero essere presentate nei Congressi che voleva come "gara di opere compiute" e non luoghi di dispute astratte.

Tutto questo è successo 120 anni fa, in Italia. Ma il socialismo ha avuto questo ruolo di nation building anche altrove. Ne è preziosissimo testimone Arrigo Levi, inviato e corrispondente da mezzo mondo, direttore della Stampa, saggista e pensatore, oggi Consigliere del Presidente Napolitano. In una interessantissima intervista che ci ha concesso nelle scorse settimane, Levi torna alla sua gioventù, parla della sua famiglia di frequentazioni democratiche, con lo zio Pio Donati, deputato socialista strettamente legato a Treves e Turati, picchiato dai fascisti e morto in Belgio per le conseguenze delle violenze subite, parla della fuga in Argentina per scampare ai rastrellamenti, dell'inizio della sua carriera di giornalista che si intreccia con quella di impiegato in una ditta di valvole a Buenos Aires, fino al rientro in Italia e alla partenza come volontario per Israele nel 1948, quando il Paese era accerchiato e minacciato nella sua stessa esistenza, assieme alla vita dei 500.000 ebrei, quasi tutti appena scampati all'Olocausto.

Lì scrive tutto quel che vede e sente della nascita del nuovo Stato. Lo fa sui giornali emiliani (La Libertà di Piacenza e la Gazzetta di Modena, con Zucconi), ma lo fa anche per la Critica Sociale diretta da Ugo Guido Mondolfo. Il suo primo articolo: "La Vittoria del socialismo in Israele". Un articolo impressionante per l'analogia tra il tipo di contributo dei socialisti alla nascita (e alla difesa) della nuova Nazione, così come alla fine del secolo precedente fecero i socialisti con la nuova nazione italiana. Anche qui Arrigo Levi coglie l'importanza del mutualismo, della forza morale che pone un limite "agli eccessi in alto e in basso" nelle condizioni di vita della società israeliana, al collettivismo inteso come collaborazione tra privati, senza rinunciare alla proprietà, ma mettendola in associazione ai mezzi altrui per accrescere le possibilità di risultati positivi in campo economico, nell'agricoltura, nelle comunità. Coglie la matrice religiosa (il sionismo) al fondo di questo socialismo, così differente da quello sovietico, e, come Tocqueville, si capisce che la ritiene indispensabile alla democrazia, anche per chi non sia uno stretto osservante delle liturgie. Una situazione che, dice oggi, non ha nulla a che vedere con l'oltranzismo che ha preso piede in Israele, così come tra i palestinesi e nel mondo islamico, dove, dopo gli ebrei, ora tocca ai cristiani essere perseguitati affinché entrambi se ne vadano con le buone o le cattive. E' stata una piacevole scoperta trovare tra gli autori della Critica Sociale il nome del grande giornalista, una prova concreta del prestigio, cui la sua testimonianza fa onore, della nostra tradizione.

Critica Sociale, anno 2010, numero 9







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