Piero Risoluti, aprile 2011,
1. L'incidente in Giappone
Quello che è successo alla centrale di Fukushima si presta a due chiavi di lettura: una tecnica ed una politica. Tecnicamente, è stato dimostrato che la cosiddetta difesa in profondità, realizzata attraverso l'interposizione di barriere protettive frapposte tra il nocciolo del reattore e l'ambiente esterno, ha funzionato. Infatti tali barriere hanno resistito ad un sisma che è risultato perfino tre volte superiore a quello di progetto, ed è stato per magnitudo il V° di tutti quelli finora conosciuti e registrati. Anche i sistemi di refrigerazione sono rimasti sostanzialmente funzionanti. Ciò fino a che non è intervenuta la colossale onda di maremoto, la quale però a sua volta non ha compromesso i sistemi di difesa dell'isola nucleare: semplicemente ha messo fuori uso i diesel di emergenza, ed è stato questo che ha determinato, con la mancanza di refrigerazione del nocciolo e delle piscine di stoccaggio, la crisi delle strutture ed i conseguenti rilasci all'ambiente. Sarebbe bastato che tali sistemi fossero stati collocati, come avviene nelle centrali di ultima generazione, in locali a tenuta stagna, perché inconvenienti molto gravi alle centrali sarebbero stati evitati. Siccome non c'è stata una defaillance attribuibile al sistema nucleare ed intrinseca ad esso, l'incidente giapponese non si presta certo ad una revisione critica della sicurezza delle attuali centrali nucleari, tanto meno ad un ripensamento sull'utilizzo della fonte nucleare. Sono abbastanza certo che questa verità si farà strada, anche se con lentezza, non diversamente da come le cose sono andate per Chernobyl, come racconto nel mio libro La paura del Nucleare. Da dove viene, quanto costa. In quel caso ci fu un attacco frontale e furibondo contro l'energia nucleare, al grido che le centrali nucleari potevano esplodere. Poi quando emerse, con il tempo e senza più titoli di prima pagina, che l'incidente non era figlio dell'energia nucleare ma del comunismo sovietico, cioè del degrado di quel sistema, allora gli oppositori hanno ripiegato sul solito problema delle scorie, dichiarando, come si continua a fare tuttora, che il problema non è risolto. Quando si saranno calmate le concitate corrispondenze dal Giappone e si comincerà a ragionare, succederà più o meno la stessa cosa.
Il fatto che alcuni paesi si siano affrettati a prendere le distanze dal nucleare è frutto invece di un lettura esclusivamente politica. Intendo con questo che ciascun paese ha dato dell'incidente una lettura derivante dalla rispettiva situazione politica interna. Il caso più macroscopico è quello tedesco. La Merkel ha il problema dell'aumento considerevole, registrato nelle ultime elezioni parziali e previsto dai sondaggi, dei consensi del partito dei verdi, che come quelli italiani hanno fatto in passato la loro fortuna con al lotta al nucleare. Allora si è messa a fare l'antinuclearista. In Germania, inoltre, esiste una potentissima lobby sull'energia eolica, che vive e prospera sui contributi statali, anche se l'imbroglio di presentare l'eolico come conveniente e più rispettoso dell'ambiente verrà prima o poi svelato. I francesi almeno sono stati più coerenti e più prudenti: hanno subito criticato l'operato delle autorità giapponesi per come hanno dato le informazioni. A loro preme soprattutto di far sapere ai loro concittadini che in materia di trasparenza e di corrette informazioni sul nucleare non scherzano. Con il tutto-nucleare che li distingue, non possono permettersi distrazioni su questo punto. Ma sia loro che gli inglesi non hanno minimamente messo in discussione la sicurezza delle centrali nucleari, come del resto ha fatto l'Amministrazione Obama. Inoltre, i francesi hanno un'Agenzia per la Sicurezza Nucleare fatta di grandi competenti e di altissimo livello e prestigio nazionale e internazionale. (Per cui mai si metterebbero a dipendere da un'Autorità sovranazionale su questo campo: qui c'è da sorridere all'idea di Chicco Testa, non saprei se illuministica o ingenua, di chiedere un'Autorità di Sicurezza europea. Tali autorità sono essenzialmente nazionali, a cominciare da quella USA. Lo stesso dicasi per l'invocato "concerto" con i paesi europei. ) Un certo coordinamento europeo tra le Autorità di sicurezza nazionali del resto esiste, e comunque in materia di sicurezza nucleare vigono criteri e standard internazionali condivisi, in termini di valori numerici, e sono quelli fissati dalla Commissione Internazionale di Radioprotezione. Come si applicano a livello nazionale, come vengono fatti rispettare e con quali organizzazioni è invece un'altra cosa.
2. Le conseguenze in Italia
La moratoria italiana (di per sé, appare già singolare il concetto di mettere in moratoria un'energia che nel paese non esiste) è anch'essa tutta frutto di un'esigenza politica. C'è il referendum, a proposito del quale si era chiaramente fatto il calcolo imprudente del non quorum, e quindi si cerca così di depotenziarlo. Con la moratoria si arriva inoltre a ridosso delle per molti versi decisive elezioni del 2013, per cui si potrà ricominciare a parlarne, a seconda di come vanno le elezioni, non prima del 2014. Poi forse a quel punto si ricomincerà con lo sterile dibattito sul tipo di centrali da fare, e ci si chiederà se non è il caso di aspettare che maturino tecnologie nuove e tuttora non mature, come l'IRIS o i reattori di IV generazione, dibattito di cui ci sono già le prime avvisaglie. Non bisogna dimenticare che dopo Chernobyl ed il referendum del 1987 ci fu una moratoria, non una rinuncia definitiva immediata. Inoltre, in Italia come in Germania si è subito attivata una lobby agguerrita ed influente sulle energie rinnovabili, in particolare sull'eolico, che vive e vivrà su forti contributi dello Stato, quindi a spese dei contribuenti e con pochi rischi imprenditoriali.
Sarebbe stato meglio difendere la scelta fatta, con le argomentazioni tecniche sopra viste, e cercare di spiegarlo alla gente con una convinta campagna di informazione, insistendo in particolare che in Italia si sarebbero realizzate solo centrali dell'ultima generazione, quindi più che sicure, e questo costituirebbe per l'Italia un indubbio atout, dato che non avremmo in funzione centrali della generazione precedente, sicure ma in via di invecchiamento. Siccome ho partecipato in passato ed anche recentemente a convegni con intervento del pubblico (non quelli con esperti, che ripetono sempre le stesse cose, tipo che nel mondo ci sono oltre 400 centrali), posso testimoniare che la gente è molto interessata ad avere conoscenze corrette sui rischi del nucleare e che posizioni pregiudiziali dipendono solo dalla mancanza di adeguate informazioni. Anche perché un tipo come Di Pietro sarà decisamente poco credibile come difensore dell'ambiente e come pubblico accusatore dell'energia nucleare.
Piero Risoluti
Esperto nazionale nel Comitato Fissione Nucleare della Commissione Europea. Direttore in passato della Task Force dell'ENEA per il Deposito Nazionale dei materiali Nucleari. Autore dei libri I rifiuti Nucleari. Sfida tecnologica o politica? (Armando Editore, 2002) e La paura del Nucleare. Da dove viene, quanto costa. (Armando Editore, 2010). E' Consigliere di Amministrazione della SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari).