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L’INTERVENTISMO DEMOCRATICO E’ NELLA COSTITUZIONE

Lo storico Ciuffoletti: “L’articolo 11 della Carta si ispira a Mazzini e ai democratici del 1848”

Data: 2011-04-04

Pubblichiamo alcuni stralci di un’intervista rilasciata dallo storico Zeffiro Ciuffoletti, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Firenze, dove tutt’oggi insegna nella Facoltà di Lettere e Filosofia. Insegna altresì Storia sociale della comunicazione presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della stessa università

Critica Sociale, aprile 2011,


Si può dire che la cultura politica democratica, dalla rivoluzione francese in poi, è interventista. Va poi giudicato se l’interventismo sui valori (“rovesciare i troni per rilanciare i popoli”, che è lo slogan di Napoleone) risponde  a un effettivo processo di espansione della democrazia oppure risponde anche ad interessi politici, strategici, economici di potenza. Per esempio, nel caso di Napoleone è indubbio che egli rovesciò l’Europa e molti troni, ma poi diventò imperatore. Tuttavia  nello stesso tempo mise in moto quello sconvolgimento delle idee che poi produrrà la primavera dei popoli, cioè quel fenomeno che nell’800 porta alla nascita delle nazionalità moderne, alla libertà e anche alle idee più radicali della democrazia.

Mazzini è un democratico interventista: in che senso?

Nel senso che avrebbe voluto che l'Inghilterra partecipasse al moto di emancipazione dell’Italia, dei patrioti italiani, perché erano oppressi da un sistema autoritario e centralistico (rappresentato dall’Austria), che negava le nazionalità e la libertà. Quindi, egli riteneva che l’Inghilterra, come paese liberale e democratico, dovesse sentire l’obbligo di aiutare coloro che la libertà e la democrazia non l’avevano e non avevano nemmeno la propria nazionalità. Questo è l’elemento chiave del pensiero di Mazzini.
In questo, il pensiero democratico americano è rimasto tributario di  Mazzini. Nel corso della prima guerra mondiale gli americani intervenirono sul fronte europeo (nel 1917), rovesciando le sorti dello scontro – pochi lo ricordano ma si trattò di circa 900.000 soldati che sbarcarono nel Continente; un esempio di interventismo della democrazia statunitense. Il presidente Wilson, quando venne in Europa alla fine del conflitto, si recò immediatamente a Genova presso la tomba di Mazzini. Si trattò dell’unica cerimonia pubblica di cui vi fosse notizia sul giornale socialista “Il Lavoro” di Genova. Diverse università italiane chiesero poi di poter rendere omaggio a Wilson. Tanti atenei conferirono la laurea honoris causa al presidente Usa, che tuttavia considerò l’omaggio a Genova alla tomba di Mazzini come il principale evento della sua visita.
A tal proposito, apro una parentesi con riferimento anche a un tipo di tradizione, a un filone della tradizione, socialista riformista della Critica Sociale: un discorso di Leonida Bissolati a Milano a favore della Società delle Nazioni durante il viaggio di Wilson in Italia. Si trattava già di un riformismo socialista che riassumeva in sé la tradizione mazziniana democratica, quella stessa tradizione a cui aderiva certamente anche Turati, ma nel quadro del pacifismo socialista che si tradusse, dopo Caporetto, in una salvaguardia del suolo nazionale. La centralità della salvaguardia del suolo nazionale. Turati sosteneva che il pacifismo come valore  assoluto fosse negativo, ma limitava l’intervento armato solo alla difesa della Patria dall’aggressione. E' il pensiero socialista della seconda internazionale, quello della pace a ogni costo. Sappiamo come finì. Sappiamo che molti partiti socialisti poi votarono le spese di guerra, cioè si allinearono alle politiche dei diversi Stati in conflitto tra loro. Come al solito, la politica è fortemente intessuta di elementi valoriali, ma anche di elementi di realismo e di cogenza storica, cioè di realismo politico in sostanza.
Ritornando a Mazzini, la sua vis polemica sollevava a più riprese l’esigenza che l’Inghilterra si preoccupasse delle sorti di un paese che aveva né libertà né rispetto dei diritti elementari e che viveva in uno stato di subordinazione dal punto di vista nazionale. Si trattava quindi di una incitazione all’Inghilterra a intervenire nel continente dove invece, dagli accordi di Vienna in poi, dominava l’Austria.
I suoi articoli in proposito sollevarono molta eco, sicuramente nella cerchia dell’entourage mazziniano a Londra. Nelle sue corrispondenze trovavano spazio anche gli Stati Uniti. Venivano trattati i problemi della schiavitù e della democrazia, questioni che poi la cultura americana farà proprie e che sfoceranno nella seconda guerra mondiale, un altro fenomeno di interventismo per conservare e salvaguardare la democrazia dall’attacco dei sistemi autoritari, del razzismo e del fascismo. Il fatto che della coalizione che vinse la seconda guerra mondiale in nome della democrazia facesse parte, dal ’41 in poi, anche la Russia rappresenta una delle tante circostanze storiche che inducono alleanze con chiunque pur di combattere il nemico comune.

Costituzione e interventismo

La Costituzione italiana del ’48 è un testo in cui viene bandita la guerra ma viene anche consentito che l’Italia si allei con tutti quegli organismi internazionali che operano per la giustizia, per i diritti umani, la pace. L’articolo 11 della Carta si ispira a Mazzini e ai democratici del 1848 (“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”). E’ un articolo della nostra Costituzione dove c’è molto animo democratico e molto animo mazziniano.

Assistiamo a un Risorgimento arabo?

Sarei cauto. Il fatto che stranamente non ci siano bandiere americane e israeliane che bruciano in questi giorni è interessante. Sarei tuttavia molto cauto.  Vicende diverse non si possono assimilare l’una all’altra. Qualcuno ha assimilato i moti del nordafrica al Risorgimento, qualcun'altro al Muro di Berlino, ma è né l’uno né l’altro: è un fenomeno del tutto nuovo e la sincronia di quei movimenti può essere frutto anche dell’interferenza della comunicazione, un fatto che pochi hanno valutato. Molti hanno pensato ai computer, alla rete, a internet. In realtà, forse la componente più rilevante nell’universo islamico sono i network televisivi, che parlano di valori che spesso appartengono esclusivamente a quel mondo e che noi fatichiamo a comprendere appieno. (Intervista a cura di Stefano Carluccio)






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