Sul Giornale Galan rivendica il nuovismo della prima ora. E' una componente costitutiva dello "spirito del ‘94" di Forza Italia e del PdL, ma è la sua anima più ambigua, perchè ha le stesse radici nell'anti-politica della seconda repubblica e del giustizialismo
Critica Sociale
Dall'editoriale del 21 aprile di Alessandro Sallusti, direttore del Giornale: "Galan, forzista della prima ora, sempre rimasto fedele a quello spirito del ‘94. Un liberale puro. C'è una visione politica e culturale di fondo non più conciliabile (con Tremonti e i socialisti). Nel problema posto (da Galan) c'è del vero, a beneficiarne non è il PdL ma la Lega. Tremonti ora dichiara di voler allentare la morsa dei controlli fiscali. Immaginiamo che parlasse a se stesso visto che la guardia di finanza e l'erario dipendevano da lui anche negli scorsi anni". L'editoriale rafforza l'apertura del quotidiano con cui è lanciata l'intervista al ministro della Cultura, che dunque alimenta e sostiene all'interno del governo questa strampalata linea del giornale.
Il titolo, "Un socialista all'economia ha commissariato il governo", mette in rilievo un punto essenziale dell'intervista a Galan: "Siamo scesi in politica in nome di idee liberali e oggi siamo finiti con un governo perennemente commissariato da un socialista come Giulio Tremonti. Mi pare scontato che un liberale come me non può stare dalla stessa parte di un socialista". Per cinque pagine di giornale, segue poi lo spartito derisorio nei confronti di Tremonti, "un socialista al Tesoro". A Galan ha risposto lo stesso Berlusconi: "ll presidente del Consiglio - si legge in una nota di Palazzo Chigi - ribadisce il suo pieno sostegno all'azione del ministro dell'Economia. Grazie alle linee di politica economica, sempre condivise e approvate dal Consiglio dei ministri, l'Italia ha garantito la tenuta del bilancio dello Stato e con questa la sicurezza del risparmio e la coesione sociale. È una linea che deve essere mantenuta in un contesto di permanenti turbolenze finanziarie nel mondo". Ora sta a Galan decidere se rimanere o meno nel Governo dalla stessa parte di un socialista. Battuta facile per dichiarazioni da sprovveduto, rese alla vigilia di un appuntamento elettorale a cui lo stesso premier ha attribuito "un significato politico".
La vicenda elettorale in sé stessa ci interessa poco, se non che "i nuovi" come Galan sono un bel problema - per tutti - di asineria politica che rende difficile capirsi in generale. Si insegna, infatti, nel primo quadrimestre della prima elementare, assieme alle aste, che in campagna elettorale si evitano polemiche interne alla propria parte. Ma Galan non ha fatto le elementari della scuola politica, viene direttamente dalla "società civile" (come stavolta coglie nel segno D'Alema, il Parlamento non è più composto da "professionisti della politica"), è nato già "nuovo". Cioè somaro.
Il nuovismo è una componente costitutiva dello spirito del ‘94 di Forza Italia e del PdL, ma è la componente più ambigua. Infatti i Galan, i Martino, gli Urbani ( li cita il ministro) montano nel ‘94 sull'alta marea di voti provenienti da democristiani e socialisti fatti fuori dalla "rivoluzione giudiziaria". Forza Italia è nient'altro che l'erede elettorale del pentapartito con il volto di personaggi "nuovi" per il semplice motivo che i volti noti erano in galera. In questo senso è stata come l'invenzione della Coca-Cola: mancava. Ma la sostanza politica dello spirito del 94 è stata anche "controrivoluzione", una reazione dell'elettorato di pentapartito alla "falsa rivoluzione mediatico-giudiziaria", come si diceva allora. Il mix col nuovo, da strumentale e momentaneo, è divenuto poi costituivo e i Galan scambiano ora l'effetto con la causa. Il mix pentapartito-nuovismo è divenuto infine strategico spingendosi alla commistione nello stesso aggregato persino con una parte dei giustizialisti alla Fini e alla Speroni (e alla Sallusti), le cui fratture (anche giornalistiche) indicano una crepa nel muro maestro.
Molti socialisti anche del centro destra, nella attesa di un obiettivo ventennale che ancora non è raggiunto, sanno bene che mezzi televisivi e giornali vicini a Berlusconi hanno fatto da megafono di Mani Pulite nel biennio 92-94. Ma chiudono un occhio verso il male minore. Tuttavia non è difficile capire che aggredire nuovamente coi "media vicini" e col "fuoco amico", rischia questa volta di far vacillare un elettorato socialista che è insostituibile per la tenuta del PdL, ( e che stima Tremonti) perché è la quota di minoranza che fa la maggioranza, cosa che solo l'odio giustizialista che ha accecato la sinistra le ha impedito di vedere, votandosi alla sconfitta.
Il rapporto che i socialisti del Pdl hanno con Berlusconi è sempre stato tra i più leali, e per la sua leadership tra i meno difficoltosi, spesso addirittura ai limiti della subordinazione. Perché la scelta fatta è stata in molti casi definitiva e coerente con una interpretazione, discutibile quanto si vuole ma fondata, della propria vicenda storica. L'aspettativa però è la stessa in tutta la diaspora socialista: l'uscita dalla seconda repubblica (e dal ventennio). Con una nuova Costituzione democratica, un effettivo equilibrio tra poteri dello Stato, il ripristino dei diritti politici elettorali sia attivi che passivi: la proporzionale, le preferenze, l'immunità parlamentare. Si tratta di amputare la seconda gamba politica della "falsa rivoluzione", forse la più importante. C'è chi attende questi obiettivi dalla collaborazione politica con Silvio Berlusconi. Ed è ancora comprensibile. Ma il mix con il "nuovismo" è un ostacolo da "elaborare", diciamo così, poiché non più giustificato, né utile. Diamo quindi un primo contributo ad "elaborare" ciò che resta di ambiguo nello "spirito del 94" con una piccola "campagna di verità e di chiarificazione" che comincia dal pedigree e dalla bibliografia proprio di Alessandro Sallusti, alla vigilia dell'anniversario di Giacomo Matteotti, per un po' di ginnastica antifascista, dopo tanto anticomunismo.