Enzo Palumbo*
Il 17 aprile di venti anni fa moriva Giovanni Malagodi, prestigioso leader dei liberali italiani e poi anche europei, a partire dalla metà degli anni cinquanta. Ricordandolo in occasione del decennale, ho allora scritto un lungo articolo, utilizzato per la Scuola di Liberalismo del 2001 e pubblicato sul numero di luglio-agosto di Libro Aperto (la rivista oggi edita da Antonio Patuelli ed a suo tempo fondata da Malagodi), ripercorrendone la vita, scandita da tre grandi fasi: quella iniziale dell'uomo di banca, quella successiva del politico e quella finale dell'europeista a tutto campo, le ultime due strettamente intrecciate tra di loro. Chi volesse leggere quell'articolo nella sua interezza può cercarlo su internet
digitandone il titolo (Le tre vite di Giovanni Malagodi) ovvero accedendo al sito della Scuola di Liberalismo o di Libro Aperto. Ne emerge, oltre che il profilo dell'Uomo, anche la storia del Partito Liberale Italiano di quegli anni, che potrebbe essere utile riproporre sia ai non molti liberali che ancora oggi mantengono in vita il PLI, sia ai tanti dubbiosi non ancora decisi a gettare il cuore
oltre l'ostacolo del loro scetticismo, ma anche ai tantissimi altri che, oscillando tra il mito del liberalismo di massa e quello dell'uomo solo al comando, appaiono addirittura infastiditi dalla stessa esistenza del PLI, che sta lì a dimostrare il loro abbandono degli ideali nei quali un tempo dicevano di credere.
Tutto ciò che ho scritto allora appare oggi ancora più attuale, alla luce delle vicende politiche che si sono succedute in Italia negli ultimi dieci anni, con particolare riferimento all'attuale bipolarismo nato con la legge elettorale del 2005, che ha peggiorato i difetti del maggioritario del 1993, verso il quale i liberali di allora fecero un'indebita apertura di credito. Coltivando l'illusione del doppio turno di collegio come strumento per la nascita del liberalismo di massa, i liberali finirono così per accodarsi alla smania riformatrice del tempo, che li avrebbe invece portati a sparire come autonomo soggetto politico.
Credo che, se fosse vissuto qualche anno in più, Malagodi (che aveva la vista lunga ed al quale erano ben note le storture del maggioritario inglese a turno unico) avrebbe messo i liberali in guardia rispetto a quella improvvida riforma elettorale, come li avrebbe poi diffidati dall'adottare la sventurata decisione del febbraio del 1994, allorché il PLI venne sciolto da uno svogliato Congresso Nazionale, alle cui fatali decisioni non mi dorrò mai abbastanza di avere partecipato.
Si trattò di una decisione sciagurata, alla quale, come ho scritto in quel ricordo del 2001, contribuì "
l'assenza dei tanti che avrebbero potuto impedirla e l'incapacità dei pochi presenti, tra cui anche chi scrive, di capire che essa avrebbe reciso i fili della memoria e dell'identità ed avrebbe comportato, almeno per l'attualità, la fine del liberalismo organizzato".
Alla domanda che mi sono tante volte posto, e cioè se, "
vivendo Malagodi, i congressisti del 1994 avrebbero avuto il coraggio di sciogliere il Partito", non c'è ovviamente risposta. Ma, come diceva lo stesso Malagodi, se è vero che
"la Storia non si fa con le ipotesi,...ci sono casi nei quali il sogno ha una funzione di giudizio critico dell'avvenuto e di programma per l'avvenire proprio ed altrui". Da ciò che è poi successo, tutti dovremmo avere imparato almeno qualcosa!
Quanto al sistema elettorale, sarebbe bene che i tanti laudatori dell'attuale bipolarismo italiano rammentassero il giudizio di Malagodi, che più di quaranta anni fa ebbe ad esprimersi in termini che, a tanta distanza di tempo, sembrano assolutamente profetici. In polemica con quelli che egli chiamava i "
liberali oligarchici", innamorati dei sistemi maggioritari uninominali, Malagodi scriveva già nel 1968 su Libertà Nuova:
"
Io non credo al liberalismo oligarchico; credo al liberalismo democratico. I liberali oligarchici, in fondo, lo vogliano o no, sono dei razzisti; non razzisti della pelle ,....., ma razzisti delle persone per bene (da una parte) e dei tangheri (dall'altra), questi ultimi che formano, secondo i primi, la grande massa dell'umanità".
E così proseguiva:"
Con la democrazia parlamentare vanno di conserva non solo la pluralità dei partiti, ma anche il sistema elettorale proporzionale", aggiungendo poi:"Una delle caratteristiche dei liberali oligarchici è di avere una preconcetta irragionevole simpatia per il sistema uninominale, come se esso non significasse in Italia la scomparsa delle forze intermedie, e cioè la scomparsa dei liberali e dei socialisti democratici, a favore del blocco clericale sostanzialmente populista-conservatore, da una parte, e di un blocco comunista, dall'altra".
Quando Malagodi scriveva quelle cose, democristiani e comunisti erano i protagonisti di quello che era stato definito il "bipartitismo imperfetto"; e tuttavia, la situazione non è granché diversa oggi, in epoca di "bipolarismo perfetto", col PdL e col PD entrambi impegnati ad egemonizzare le rispettive alleanze, mentre stenta a decollare quel nuovo Polo intermedio alla cui formazione il PLI, partito di centro per eccellenza, dovrebbe partecipare a pieno titolo.
Mentre va svanendo l'idolatria del bipolarismo - salvo che in coloro che ne hanno tratto e pensano di poterne ancora trarre utilità inversamente proporzionali ai loro meriti - penso che sia giunto il momento di fare il conto coi suoi innegabili difetti, ormai sotto gli occhi di tutti:
leaderismo, demagogia, spettacolarizzazione, plebiscitarismo, intolleranza, trasformismo, assoluto distacco dalla base ed assoluta omologazione verso l'alto.
E sarebbe anche il caso di ricordare l'ammonimento di Malagodi, il quale, mentre aveva sempre confidato sulla sconfitta del comunismo (come in passato suo padre, Olindo, aveva scommesso sulla fine del fascismo) ad opera della Libertà, non si stancava di evidenziare che le vittorie della Libertà non sono mai definitive, giacché i suoi nemici sono sempre in agguato, pronti ad utilizzare le occasioni più disparate e gli uomini più impensabili per rimettere in discussione le sue conquiste.
Che è poi ciò che oggi sta lentamente avvenendo, nell'indifferenza dei più!
* Eletto nella IX legislatura senatore del Partito Liberale Italiano, è stato Vice Segretario del PLI e membro del Consiglio Superiore della Magistratura