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AVANTI DELLA DOMENICA

Un’idea diversa del “carattere sociale” dell’arte

Data: 2012-02-09

Critica Sociale, febbraio 2012,

La mostra dedicata all' "Avanti della Domenica - Una rivista nella Belle Époque", a cura di Paolo Bolpagni, fa parte delle manifestazioni che vengono organizzate in tutta Italia dalle associazioni socialiste per celebrare i 120 anni della nascita del PSI. In particolare, sottolinea Walter Galbusera (presidente della Fondazione Anna Kuliscioff, che co-organizza l'esposizione) con l'evento milanese si vuole rendere omaggio alla figura, dimenticata negli anni, di Vittorio Piva, direttore dell'Avanti della Domenica, la testata che fu, tra il 1903 e il 1907, supplemento settimanale e culturale dell' Avanti!

Piva diede vita a un'esperienza culturale straordinaria, grazie alla sua capacità di interloquire con gli ambienti intellettuali e artistici più vitali e innovativi della sua epoca; ad esempio, le copertine della rivista erano firmate da artisti come Umberto Boccioni e Mario Sironi, esponenti di quello che si sarebbe poi affermato come il movimento futurista.

A livello politico, l'esperienza dell'Avanti della Domenica deve essere collocata nel dibattito tra le due anime del Partito Socialista dei primi del novecento: riformismo e massimalismo. Piva era schierato con la corrente turatiana e questa sua posizione gli valse l'ostilità dell'ala rivoluzionario-sindacalista; il che non gli impedì, in giovane età, di acquisire la direzione della testata e di guidarla per una breve ma densa stagione, della quale la mostra che si inaugura al Museo del Risorgimento di Milano (dal 7 febbraio al 4 marzo) vuole offrire una significativa testimonianza.

Nell'ambito delle attività espositive, il 1 marzo verrà presentato Arte, socialità, politica. Articoli dell'"Avanti della Domenica" 1903-1907 - Indici a cura di Niccolò D'Agati (Fondazione Anna Kuliscioff - EDIFIS, Milano 2011), pubblicazione curata dal critico d'arte e musicologo Paolo Bolpagni. Come appare nella quarta di copertina del libro:


L'"Avanti della Domenica", uscito tra il gennaio 1903 e il marzo 1907, fu uno dei periodici culturali più interessanti di quel primo decennio del Novecento che coincide con l'età giolittiana e della sinistra costituzionale: era un'"Italietta" che i fascisti ricorderanno poi con disdegno, ma che in realtà fu protagonista di grandi conquiste economiche e sociali, e che conobbe il primo autentico incremento del benessere collettivo.

Sono gli anni in cui si iscrive la vicenda editoriale di questo settimanale, che nacque come supplemento del quotidiano socialista "Avanti!" in diretta concorrenza con la borghese "Domenica del Corriere"; e, sotto la guida del suo giovane e coraggioso direttore Vittorio Piva (Belgirate, 1875 - Roma, 1907), venne a rendersi sempre più indipendente, fino a diventare, grazie alle innovazioni grafiche, contenutistiche e stilistiche, una delle riviste illustrate di punta nell'Italia di allora.

Questo libro, che si pone come ideale prosecuzione del precedente volume di Paolo Bolpagni L'arte nell'"Avanti della Domenica" 1903-1907 (Mazzotta, 2008), contiene un'antologia dei migliori articoli apparsi durante le cinque annate del periodico, con particolare riferimento ai temi inerenti all'arte, e al rapporto tra questa e le istanze del socialismo: recensioni di mostre, presentazioni critiche di scultori, pittori e incisori, testi di teoria estetica, polemiche su fatti di vita culturale. Autori erano letterati e giornalisti di valore, come lo stesso Vittorio Piva, Margherita Sarfatti (futura amante, biografa e ghost writer di Mussolini), Giovanni Cena, Edmondo De Amicis, Guelfo Civinini (che sarà anche librettista per Puccini), Diego Garoglio, Goffredo Bellonci, Tomaso Monicelli (padre del regista Mario) e perfino Gabriele d'Annunzio.


Una rivista originale e combattiva, pronta a sfidare luoghi comuni, pregiudizi sedimentati e conservatorismi e che, sebbene collocata nell'alveo socialista, rivendicava grande autonoma dalle direttive culturali del Partito; non monolitica nella linea e nelle convinzioni espresse, ma generalmente tesa ad affermare il diritto a una creatività libera, senza subordinazioni a fini politici o di propaganda.

E' impossibile approcciarsi alle vicende de L'Avanti della Domenica senza considerare il contesto storico e politico del primo decennio del Novecento, cuore dell'età giolittiana ed epoca di sviluppo del movimento socialista, con migliaia di operai e contadini iscritti alle leghe e alle Camere del lavoro e pronti a prender parte a scioperi e manifestazioni. Un'epoca di spaccature tra correnti socialiste, che vedevano da una parte i riformisti di Filippo Turati e Leonida Bissolati, dall'altra i rivoluzionari di Enrico Ferri e Arturo Labriola. Contrapposizioni e lacerazioni che incisero pesantemente sul destino dell'Avanti della Domenica, le cui pubblicazioni, interrotte come anticipato nel 1907, ripresero brevemente nel 1912 e poi, in maniera continuativa ma sotto tutt'altre vesti, addirittura nel 1998.

Come ricorda Bolpagni, sin dalle prime settimane di vita, la rivista difese con vigore la propria autonomia e libertà, giungendo a diventare, sotto la guida del giovane Piva, uno dei settimanali illustrati più innovativi dell'epoca. Sulle pagine dell'Avanti della Domenica trovavano spazio contributi di grandi esponenti della cultura del tempo (prevalentemente di area socialista, ma non solo), disegni originali e riproduzioni di opere di circa centosettanta artisti, alcuni allora giovanissimi, ma destinati a sfolgoranti carriere: per esempio, Umberto Boccioni, Gino Severini, Leonardo Dudreville e Mario Sironi. Così come non mancavano esponenti del miglior disegno satirico e caricaturale (Enrico Sacchetti, Filiberto Scarpelli, Gabriele Galantara, Augusto Majani, Ezio Castellucci), della grafica liberty (Luigi Dal Monte Casoni, Giorgio Kienerk), del tardo Naturalismo (Lionello Balestrieri, Bignami), talora con venature simboliste (Domenico Baccarini), e della cosiddetta "arte sociale" (Arturo Dazzi, Ernesto Biondi, Carlo Fontana).

Di fondamentale importanza il ruolo di Piva, nominato direttore a ventotto anni, nell'estate del 1903. Non a caso, la sua vicenda umana e professionale finirà col coincidere e identificarsi con quella della rivista - di cui divenne proprietario nel febbraio 1905 -, e a esaurirsi con essa. Infatti, la sua improvvisa malattia, seguita da mesi di lenta agonia e dalla morte, si accompagnò alla chiusura del settimanale, già provato da molte difficoltà economiche e fiaccato dalla "paradossale"campagna denigratoria condotta dall'Avanti!, soprattutto nella persona del direttore Enrico Ferri.

Una figura, quella di Piva, che rimane di estremo interesse sia sotto il profilo politico, sia dal punto di vista culturale, in particolare nel superamento di una nozione di "arte sociale" che aveva fortemente improntato il quindicennio 1890­1905, e che era ancora assai cara a buona parte dell'intellighenzia della sinistra italiana. Così lo ricorderà Filippo Turati:

Era un giovane, era un combattente, ed era un valoroso. A Roma, dopo aver lavorato nei giornali socialisti del nativo suo Veneto, e poi nell'"Avanti!", aveva assunto la redazione dell'"Avanti della Domenica", dandogli una impronta nuova, originale, sempre elevata. I suoi sforzi per dotare il socialismo italiano di un organo letterario indipendente, non volgare, dove collaborassero i migliori ingegni del partito, non erano stati coronati dal successo ch'egli sperava e meritava. L'impresa era

giornalisticamente riuscita, ma commercialmente si trascinava a grandi stenti. La malattia lo colse e lo stroncò mentre lottava strenuamente, senza darsi vinto.

Polemista fiero, elegante, cavalleresco, carattere che non sapeva le viltà e reagiva ad esse con accenti di sdegno non mentito. Aveva, tra i primi, contrastato al facilismo, all'arrivismo, al demagogismo, che inquinano ogni partito che si allarga. Avrebbe voluto un socialismo tutto schiettezza ed austerità... Era troppo tardi, o troppo presto! (P. Bolpagni, Arte, socialità, politica. Articoli dell'"Avanti della Domenica" 1903-1907. Pp 15-16)


Il settimanale rivendicava la necessità di un'iniziativa editoriale volta a educare il "popolo" al bello e ad avvicinarlo alle migliori espressioni del genio umano, senza dimenticare l'ambizione di legare la produzione artistica alle passioni e ai bisogni dei lavoratori. Una rivista che mirava a dare una risposta socialista alla stampa popolare borghese, adottando un linguaggio popolare, in forma chiara e accessibile in tutte le trattazioni. Quando nacque il supplemento domenicale, il direttore dell'"Avanti!" era ancora Leonida Bissolati, presto scalzato dall'ala rivoluzionario-sindacalista del Partito che si contrapponeva con forza alla corrente riformista turatiana. A trarne vantaggio, Enrico Ferri, che, una volta diventato direttore del giornale di partito, si impegnò per erodere  l'autonomia politica e culturale di cui aveva goduto il supplemento domenicale ai tempi di Bissolati.  Qui sta la radice del fiero dissenso tra Piva e la direzione dell'Avanti!:


Gli amici ed il Partito hanno un po' il diritto di sapere perché io sono direttore e proprietario dell'"Avanti della Domenica"

...

Verso la fine dell'anno di grazia 1904, Luigi Mongini, editore dell'"Avanti della Domenica", fece sapere a me e a Savino Varazzani che lo dirigevamo, ch'egli con il 1905 non avrebbe continuata la pubblicazione del giornale, anche per il fatto che l'"Avanti!" non intendeva comperare più per i suoi abbonati parecchie migliaia di copie alla settimana.

Il giornale sarebbe morto se io non mi fossi assunto l'impresa, della quale la direzione dell'"Avanti!" volle completamente disinteressarsi... Veramente il giornale fu da me risuscitato, ché il primo numero di gennaio 1905 non poté uscire. Era morto; io lo rimisi in vita operando, come vedono i lettori, un miracolo degno di S. Gennaro. Nessuno fece opposizione e l'on. Enrico Ferri dichiarò replicatamente prima e dopo di non volerne sapere dell'"Avanti della Domenica" che rimase - senza un solo abbonato - sulle mie spalle. Nell'aprile 1905, uscii dall'"Avanti!" e naturalmente io rimasi direttore e proprietario dell'"Avanti della Domenica". Su questa mia proprietà né Ferri né altri ebbe mai nulla da dire: anzi essa fu esplicitamente riconosciuta. (P. Bolpagni, cit.. P. 26)


Da queste righe polemiche di Piva, si evincono le difficoltà ambientali e finanziarie nelle quali la preziosa pubblicazione dovette dibattersi per tutta la sua breve esistenza. Difficoltà che infine avrebbero avuto la meglio sul generoso impegno del direttore e degli affezionati lettori e sostenitori della rivista. Bolpagni spiega con chiarezza le motivazioni del dissenso tra l'Avanti della Domenica e quella che avrebbe dovuto essere la sua casa madre e che invece si impegnò irriducibilmente per screditarne l'azione. In linea generale e di principio, è evidente come Piva abbia pagato la sua dichiarata indipendenza dalle direttive dei vertici socialisti, specialmente in merito al rapporto tra politica e arte. Nel dettaglio, a pregiudicare la sopravvivenza della rivista concorse l'aspra polemica, che andò addirittura assumendo i connotati dello scontro diretto tra Piva e Ferri, in merito alla dottrina radicalmente antimilitarista propugnata dal socialista francese Gustave Hervé. Costui invitava i soldati alla sedizione, in vista della totale eliminazione degli eserciti in nome di un pacifismo a oltranza. Piva avversava questa impostazione, attirandosi gli strali dell'ala sindacalista e antimilitarista del Partito Socialista, che invitò in più occasioni la direzione dell'Avanti! e i vertici del PSI a epurare il dissidente che, tuttavia, essendo dal gennaio 1905 proprietario della testata, risultava inattaccabile. Tuttavia, il destino dell'Avanti della Domenica, colpito dalla denigrazione e dal boicottaggio, era ormai segnato. Alla fine del marzo 1907, si dava alle stampe quella che sarebbe stata l'ultima uscita dell'Avanti della Domenica, la cui fine anticipò di pochi mesi la morte di Vittoria Piva, che il 10 agosto 1907 si sarebbe arreso a un'endocardite a soli trentadue anni.

Il giovane giornalista e la sua pubblicazione rimasero insomma vittime della crescente polarizzazione che colpì il socialismo italiano in quegli anni e che si sarebbe accentuata nei successivi. In particolare, l'ispirazione riformista di Piva cozzava con l'ascesca dei sindacalisti rivoluzionari e dei massimalisti che, a partire dal 1912, si sarebbero affermati sotto la guida di Benito Mussolini, sancendo l'espulsione dal PSI dei riformisti legati a Bissolati e Ivanoe Bonomi. Poi, a partire dagli anni venti, contestualmente all'affermarsi del Fascismo, la frammentazione del movimento socialista si sarebbe aggravata con la scissione comunista del 1921.

In conclusione, la mesta e brusca interruzione delle pubblicazioni dell'Avanti della Domenica non cancella il valore culturale di di quell'esperienza, connotata da un'idea di fondo ben precisa ed eccentrica rispetto all'ortodossia allora in voga non solo negli ambienti conservatori, ma anche nella sinistra italiana.


(La finalità) di natura essenzialmente educativa, era l'"elevazione morale ed intellettuale"dei lettori: in ciò ... consisteva la funzione sociale in qualche modo attribuibile all'arte, non certo nella sua subordinazione a scopi di natura politica, o nella pura e semplice rappresentazione realistica delle condizioni dei poveri, degli esclusi e degli oppressi.

Alla scelta dei disegni e delle tavole a colori che ornavano la rivista, quindi, sovrintendevano in primo luogo il gusto, il libero discernimento critico, e non - o almeno non in misura preponderante - l'istanza ideale o ideologica: "l'unico ... carattere sociale che l'Arte può avere", scriveva Piva nel maggio 1905, "è la bellezza, in tutti i suoi vari aspetti. (Bolpagni, cit.. Pp 27-28)


(A cura di Fabio Lucchini)
























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