Il 22 marzo la Corte d'Appello di Milano decide se il quesito di costituzionalità contro il maggioritario potrà essere inviato alla Corte Costituzionale, come chiede un comitato di cittadini-elettori milanesi. Una battaglia di 4 anni di cui non vuole parlare nessuno.
Nel più assoluto e scientifico silenzio stampa (ai limiti della censura documentabile) sta passando inosservata la notizia che il prossimo 22 marzo la Corte d'Appello di Milano è stata chiamata, da un gruppo di “cittadini-elettori” milanesi e lombardi ma non solo, a pronunciarsi sulla richiesta di rinviare alla Consulta la questione di costituzionalità relativa al premio di maggioranza, alle liste bloccate, all' indicazione sulla scheda elettorale del premier e al quoziente elettorale differenziato. In pratica alcuni elettori hanno chiesto al giudice ordinario di sottoporre alla Corte costituzionale se sia attualmente rispettato il proprio diritto al voto in modo conforme alla Costituzione.
Sono persuasi di no, come un sempre crescente numero di elettori, ormai, di fronte al “parlamento dei nominati” pagati con le tasse di tutti (il “costo della politica” senza partecipazione politica) ma scelti in camera caritatis, a destra, a sinistra, al centro.Le parti della legge di cui si eccepisce la costituzionalità, sono - come si vede (maggioritario, preferenze, presidenzialismo “di fatto”) - le stesse che sarebbero state sottoposte al referendum abrogativo “Passigli-Sartori”. Insomma il Porcellum.
Questa iniziativa “civile-civica” - dal basso - non sorge però all'improvviso, ma poggia, ed è rafforzata, proprio dalle motivazioni contenute nel rigetto da parte della Consulta, lo scorso gennaio, dei referendum elettorali “pro-mattarellum” o, in alternativa, “pro-elezioni anticipate” (per tenersi la legge che c'è). Questa seconda ipotesi non sembra più percorribile, visti i sondaggi in discesa di tutti i principali partiti politici: una gara all'ingiù. Lasciato il manubrio del governo ai tecnici, i partiti hanno cose più importanti di cui occuparsi, cioè di loro stessi. E questo lo si decide con la legge elettorale che li plasma e ne crea le condizioni per ritornare a schemi nuovi di sopravvivenza.
Cosa diceva la Corte nella motivazione di gennaio? Essa richiamava il precedente di due sentenze del 2008 (la numero 15 e 16 della Consulta) con sui si eccepiva la costituzionalità del maggioritario, che tuttavia non si prendeva in esame nelle decisioni al momento da assumere, poiché la Corte era chiamata a pronunciarsi sulla ammissibilità del referendum e non sulla legge: cosa, appunto, che essa chiedeva le venisse sottoposta, per un giudizio di costituzionalità, dal giudice ordinario in assenza di iniziative correttive del Parlamento.La questione sollevata, è stata più volte richiamata dal Presidente Napolitano.Ma il Parlamento non ha corretto nulla, anzi. Né - dal canto suo - il giudice, sia civile che amministrativo, ha mai preso l'iniziativa (pur potendolo fare) dichiarandosi “carente di giurisdizione” a trattare la legge elettorale. La soluzione indicata dal Tribunale, a cui si era già chiesto in passato di intervenire, aggiungeva la beffa al danno: rinviare la decisione alla Giunta per le Elezioni della Camera e del Senato, ovvero - anziché alla Corte - agli stessi eletti di cui si mette in dubbio la correttezza del metodo con cui sono stati eletti, loro giudici di se stessi. Questo è lo stato di salute della sovranità popolare, la cui sottrazione agli elettori garantisce i partiti della seconda repubblica, da un ventennio, di autotutelarsi tenendo a debita distanza la partecipazione politica degli elettori dalle istituzioni rappresentative occupate dai “nominati” (prima con l' uninominale, poi con lista bloccata e ora addirittura in vacanza permanente).
Di qui l'iniziativa “civica” del gruppo di ricorrenti. Si tratta di evitare che la faccenda si ammatassi su se stessa. La strada scelta non è stata, da parte loro, di “impugnare i comizi”, ovvero di contestare lo svolgimento delle elezioni già tenutesi, ma di chiedere al Tribunale - con un'azione ordinaria - che si consenta alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sul diritto di poter votare secondo Costituzione. Non si mette, cioè, in discussione il risultato elettorale, ma il modo di votare, per cambiarlo nel rispetto dei diritti costituzionali degli elettori, prima del prossimo ritorno alle urne.La controparte naturale - non potendo essere il Presidente della Repubblica che promulga le leggi, ma è costituzionalmente irresponsabile - è il Governo che le controfirma, ed in particolare la Presidenza del Consiglio ed il Ministro degli Interni, al tempo del “porcellum”, Berlusconi e Maroni. L'esecutivo di allora si oppose con l'Avvocatura di Stato alla richiesta del comitato civico promotore dell'azione giudiziaria. Nella totale indifferenza della stampa e delle televisioni, comprese quelle che a ogni piè sospinto fustigano la “casta”, si è consumato, nella disattenzione generale, un ultimo scandalo con la redazione di un principio ( articolo 44 L.69/2009) con cui si introduce “la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio l'elezione della Camera dei deputati e del Senato”, ma dimenticandosi di inserirlo nel nuovo Codice del processo amministrativo. Si torna perciò alla situazione precedente in caso di elezioni anticipate con la legge in vigore. Lo smantellamento della Costituzione, non la sua riforma, può perciò proseguire cambiando con legge ordinaria la forma di governo e sfregiando gli articoli 48 sul voto uguale e 51 della Carta per cui tutti si possono candidare in condizioni di eguaglianza: sarebbe più democratico e trasparente convocare un'Assemblea Costituente.In questo momento, quindi, l'Avvocatura dello Stato, su richiesta del governo del tempo, si oppone alla possibilità che il giudice invii alla Corte costituzionale la richiesta di esame (richiesta sia dalla Corte che dal drappello civico) per un giudizio di costituzionalità del premio di maggioranza, senza che esso sia ancorato a un quorum minimo in percentuale o in seggi. Questo è il principale punto contestato: che oggi (per organizzare il bipolarismo) il premio di maggioranza non premia chi ha la maggioranza assoluta del voto popolare per rafforzarla, ma creando una maggioranza artificiale attribuendo il 54% dii seggi parlamentari. L'attuale governo, il governo Monti consentirà ai cittadini-elettori ricorrenti di giungere sino alla Corte Costituzionale o manterrà l'opposizione dell'Avvocatura all'esame della questione di costituzionalità sollevata dagli elettori? Nel silenzio generale della stampa e dei media, il 22 marzo la Corte d'appello di Milano deve decidere se dare il via libera o no. Una rinuncia alla pervicace opposizione, un “lascia-passare” verso la Corte Costituzionale da parte del governo, sarebbe la scelta più democratica.
Nel gruppo dei cittadini elettori che da 4 anni si battono contro l'incostituzionalità della legge elettorale ci sono avvocati, magistrati della cassazione ed ex avvocati dello Stato, tra cui l'avv. Aldo Bozzi, nipote del mitico omonimo parlamentare liberale Prof. Bozzi e l'on. Felice Besostri, membro della Commissione Affari Costituzionali del Senato nella XIII legislatura e docente di diritto pubblico comparato.