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CENTODIECI ANNI FA NASCEVA GEORGE ORWELL

Personalit� della Storia Socialista


Data: 2013-04-11

 

Vittorio Valenza

Eric Arthur Blair, questo il suo vero nome, nacque a Motihari, una località del Bengala, nel 1903. Il padre era un funzionario dell'Indian civil service, l'amministrazione britannica dell’India. La famiglia apparteneva, quindi, a quella piccola borghesia di amministratori coloniali, i cosiddetti «sahib», che George Orwell definiva, con ironia, «nobiltà senza terra». Una classe dove le pretese contrastavano con gli scarsi mezzi a disposizione.

Nel 1907, con la madre e le due sorelle, tornò in Inghilterra. Si stabilirono nel Sussex e George frequentò la Saint Cyprian school. Nel saggio autobiografico Such, Such were the Joys, pubblicato nel 1947, confesserà di esserne uscito, dopo sei anni, con un complesso d'inferiorità, dovuto alle umiliazioni subite. Tuttavia, studente brillante, vinse una borsa di studio per una delle più famose università: Eton. Qui, ebbe per insegnante Aldous Huxley, un narratore diventato famoso per le suoi racconti distopici, cioè utopie alla rovescia.

Dopo quattro anni, nel 1921, lasciò gli studi. Si trasferì a Burma, in Birmania, dove si arruolò nell'Indian imperial police, la polizia imperiale indiana. Pur avendo ispirato il suo primo romanzo, Burmese Days, Giorni in Birmania, l'esperienza, tuttavia, si rivelò traumatica. Orwell fu, in sostanza, disgustato dalla funzione repressiva che il suo ruolo gli imponeva. Si dimise, pertanto, nel 1928 e tornò in Europa: prima a Parigi e, poi, a Londra. Nelle due metropoli, fece mille mestieri: maestro elementare, cameriere, libraio, facchino, giornalista….A Parigi, sopravvisse nei bassifondi solo grazie alla carità dell'Esercito della salvezza.

Il suo primo articolo apparve, nel 1928, su Le Monde. Nel 1929, diventò recensore di romanzi per il settimanale londinese New English Weekly. In questi anni, lo scrittore si orientò verso il socialismo. Nel 1933, uscì il secondo romanzo: Down and Out in Paris and London, Senza un soldo a Parigi e a Londra. Poi, nel 1936, Keep the Aspidistra flying, Fiorirà l'aspidistra, e nel ‘37 The road to Wigan Pier, La strada per Wigan Pier. In queste opere, George Orwell documenta le condizioni sociali del tempo. Sono gli anni della Grande depressione e l’attenzione si concentra sugli effetti della disoccupazione. Orwell manifesta solidarietà e simpatia per i lavoratori, ma è palesemente critico, se non ostile, nei confronti degli intellettuali socialistoidi.

Nel 1936, appena sposato, partì per scrivere un articolo sulla guerra civile spagnola. Arrivato a Barcellona, finì per combattere, fu anche ferito, nelle milizie del Poum, il Partido obrero de unificación marxísta, un gruppo di orientamento «trotskista» guidato da Andrea Nin. Insieme agli anarchici della Fai (Federacion anarchista iberica) e della Cnt (Confederation national de trabacatores), il Poum fu la maggiore vittima della feroce e vile aggressione messa in atto dagli stalinisti del Komintern guidati da Palmiro Togliatti. Lo stesso Andreas Nin fu rapito, torturato e massacrato dai sicari di Stalin. Medesima sorte subirono molti esponenti del Fronte popolare. Per citare i più noti: l’anarchico Bonaventura Durruti, comandante dell’omonima «Colonna» che si batté, contro i fascisti, sul fronte di Saragozza, e il socialista libertario Camillo Berneri.

Sconfitta la Repubblica, Orwell, scampato per un pelo sia al fuoco dell’artiglieria fascista che al plotone d’esecuzione bolscevico, prima riparò in Francia e, poi, tornò in Inghilterra. Qui, pubblicò il suo primo capolavoro: Homage to Catalonia, Omaggio alla Catalogna.

Barcellona era la città più industrializzata della Spagna. Era, quindi, la capitale del Movimento operaio e, in particolare, della sua componente anarchica e anarco-sindacalista. Qui, nel maggio del 1937, le milizie staliniste aprirono la stagione di caccia all’«eretico» contro la Cnt, la Fai e i cosiddetti «trotzkisti» del Poum. Fu la guerra civile dentro la guerra civile.

Come in un diario, George Orwell narra quelle giornate. Rivela, per la prima volta, tutte le nefandezze consumate dai comunisti. Li accusa di avere tradito il Fronte popolare. Di aver trasformato la difesa della Repubblica nello sterminio dei suoi stessi difensori: i socialisti, gli anarchici e gli stessi comunisti non-stalinisti. Per giustificare i propri misfatti, i comunisti avevano elaborato la nota teoria degli «alleati oggettivi». Orwell gliela rigira contro. Omaggio alla Catalogna è il primo reportage dall’inferno comunista. E il marchio rimarrà indelebile. Come dirà egli stesso nel saggio Why I Write, Perché scrivo, del 1946, da quel momento in poi, ogni sua riga sarà spesa contro il «Totalitarismo».

Durante la Seconda guerra mondiale, Orwell lavorò alla Bbc. Curò una serie di trasmissioni propagandistiche dirette all'India. Fu poi direttore del settimanale socialista The Tribune e, infine, corrispondente di guerra dell'Observer dalla Francia, dalla Germania e dell’Austria. Colpito dalla tubercolosi, si trasferì in Marocco, dove incominciò a lavorare al suo secondo capolavoro: Animal Farm, La fattoria degli animali che comparve nel 1945.

È il primo dei suoi due distopici e la più intelligente satira del comunismo sovietico cui Orwell contrappone i valori del socialismo: un’organizzazione politica e sociale fondata sulla libertà, sull’eguaglianza e sulla democrazia. Prima che Milovan Gilas denunciasse i privilegi della «nuova classe», quando Leon Trotzky non era ancora caduto sotto la piccozza del sicario di Stalin, quando John Burnham incominciava a parlare di «rivoluzione dei tecnici», George Orwell già delineava i caratteri dell’inganno tecno-burocratico costruito da Vladimir Lenin: «Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni sono più eguali degli altri».

Dopo l'adozione di un figlio e la quasi contemporanea morte dell'adorata moglie, Orwell girò come inviato un po' per tutta Europa. Si stabilì, infine, sulla costiera scozzese. Qui scrisse Nineteen Eighty-Four, «1984», il secondo romanzo distopico. Uscirà nel ’48 e sarà il suo ultimo lavoro. Infatti, da tempo malato di tubercolosi, il Maestro morirà, a soli 46 anni, nel 1950 in un ospedale londinese.

«1984» è uno dei capolavori della letteratura novecentesca. Si ispira a Brave new world del suo antico professore Aldous Huxley. A differenza, però, di questo, nel quale la visione profetica è lontana, essendo il racconto ambientato nel millennio successivo, in 1984 il futuro è già presente. La degenerazione è in atto: il mondo è diviso in due superstati in continua guerra tra di loro. Entrambi sono organizzati in modo da controllare perfino il pensiero dei propri sudditi: è il «Grande fratello». Il mondo risulta completamente dominato da un sistema di menzogne e di terrificanti eufemismi. Perfino la comunicazione umana è resa impossibile dall’uso di una neolingua, un gergo spaventoso politically correct: l’odio diventa amore, la guerra è pace, la debolezza è forza, la tirannide si chiama democrazia….

Per Palmiro Togliatti, che definiva George Orwell «poliziotto coloniale» (a) e che recensì il capolavoro, con lo pseudonimo di Roderigo di Castiglia, su Rinascita nel 1950, 1984 «accumula con la maggior diligenza tutte le più sceme fra le calunnie che la corrente propaganda anticomunista scaglia contro i paesi socialisti». E «con la pubblicazione di questo racconto, […] la cultura borghese, capitalistica e anticomunistica, dei nostri giorni, ha aggiunto al proprio arco sgangherato un’altra freccia» (b).

Invece, La fattoria degli animali e 1984 narrano in modo talmente completo e vivido l’universo concentrazionario e la società poliziesca che l’Arcipelago Gulag di Aleksandr Solzenicyn aggiunge solo qualche sì eloquente, ma in fondo superflua documentazione.

 

(a) Roderigo di Castiglia, Rinascita, anno VI, nn. 11-12, Novembre-Dicembre 1950

(b) Roderigo di Castiglia, Rinascita, anno VI, nn. 11-12, Novembre-Dicembre 1950







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