PREDENTAZIONE
di Arturo Colombo
Ancora oggi, il giudizio più icastico, ma anche il più netto, rimane quello di Antonio Labriola, che fin dal 1893 - a proposito dei protagonisti del socialismo italiano - aveva scritto al vecchio Engels: "a Milano non c'è che un uomo, che viceversa è una donna, la Kuliscioff'. Allora Anna Kuliscìoff - nata a Simferapoli, una località russa della Crimea, ai primi del 1854 (e non nel 1857, come si insiste a ripetere) - si era già fatta un nome non solo all'interno di quel vasto movimento politico-ideologico che aveva uno dei suoi massimi leaders in Filippo Turati. E avrebbe continuato la sua intrepida vita di lotta ancora per un trentennio: esattamente fino al 29 dicembre del 1925.
A pochissime settimane dalla scomparsa, queste pagine - che qui ripubblichiamo in edizione reprint - le aveva volute raccogliere proprio lui, il suo "Filippon", come la Kuliscioff usava chi amarlo fin dal momento in cui, sul finire del 1884, ne aveva fatto conoscenza, incidentale quanto folgorante. "L'armonia tra la genialità e il cuore è così rara, e questo è il dono raro di Turati" doveva confessare lei stessa, poco dopo, in una lettera a Napoleone Colajanni, aggiungendo con molta finezza psicologica: "l'anima inasprita si riposa incontrando delle nature come la sua [Turati], e principia un po' a conciliarsi col genere umano che nella maggioranza degli individui è una gran brutta bestia".
A leggere adesso, a distanza di ottant'anni (che significa in un diversissimo clima culturale, o addirittura "umano") le testimonianze, così vibranti e commosse, raccolte sulla "Critica Sociale" nel gennaio del '26 - e subito riproposte in questo volume "in memoria" -, mettendole a confronto con altri articoli apparsi sulla stampa dell'epoca (non solo su quella di identico orientamento politico) e con un'esemplare selezione di scritti della stessa Kuliscioff, emerge un ritratto molto efficace della "Signora Anna", come erano soliti chiamarla non solo quanti erano ammessi nel famoso salotto della casa milanese di piazza Duomo, al numero 23 dei Portici in Galleria, dove aveva anche sede la "Critica Sociale", punto d'incontro e passaggio obbligato per tutto il socialismo, italiano e non.
A Milano il 27 aprile del 1890 la Kuliscioff aveva tenuto al Circolo Filologico una conferenza, intitolata, non senza una punta polemica, "II Monopolio dell'Uomo" (le maiuscole sono nel testo, qui pubblicato a pagina 213), dove fra le altre affermazioni graffianti non aveva mancato di sostenere che "tutti gli uomini, salvo poche eccezioni, e di qualunque classe sociale, per una infinità di ragioni poco lusinghiere per un sesso che passa per forte, considerano come un fenomeno nat u-rale il loro privilegio di sesso e lo difendono con una tenacia meravigliosa, chiamando in aiuto Dio, chiesa, scienza, etica e le leggi vigenti, che non sono altro che la sanzione legale della prepotenza di una classe e di un sesso dominante".
A prima vista sembra di trovarci di fronte a uno di quei testi perentori, o addirittura apocalittici, di cui - fino a pochi anni fa - si riempivano la bocca certe femministe, sempre pronte a sparare a zero contro tutte le colpe, le vergogne e i crimini del famigerato "maschio". E invece, la stessa Kuliscioff si era affrettata subito a mettere in chiaro che la sua non voleva essere "una requisitoria", e neppure "una condanna ad ogni costo dell'altro sesso". Piuttosto, co...