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... ancora da Eltsin, che, dimessosi nel 2004, si è presto impuntato contro Putin. Ha annunciato che avrebbe corso come candidato dell’opposizione alle prossime presidenziali e gli sono piombate addosso una serie di indagini per frode e abuso d’ufficio, per arrivare a supposti (e mai provati) coinvolgimenti nella vendita di un mig all’India. I media hanno contribuito alla sua agonìa elettorale, regalando alla notizia tutto lo spazio che in un paese civile sarebbe stato riservato alla dilagante abitudine russa di abusare dei diritti umani in nome della stabilità.
Ci ha provato timidamente Aleksander V. Donskoi, giovane sindaco di Arkhangelsk, piccola città di porto sul Mar Bianco, ad alzare il dito per la poltrona da presidente. Purtroppo, anche la sua fedina penale andava sporcata e la polizia lo ha accusato di aver falsificato il diploma di laurea prima della sua prima elezione a sindaco. Lui nega. I media rincarano. Qualche telefonata anonima intimidatoria alla moglie, piccoli scandali sentimental-sessuali, e lui ha realizzato che “ci sono troppe responsabilità. Mi rendo conto che potrebbero intervenire più difficoltà, perfino minacce fisiche. È già successo”. E, allora, il gioco non valeva la candela.
Kasyanov potrebbe essere il candidato che verrà sostenuto da Garry Kasparov, ex-campione mondiale di scacchi, acerrimo contestatore dell’autoritarismo di Putin e padre fondatore di The Other Russia, organizzazione politica in cui convergono persone di credo politico diverso, destra e sinistra, ma unite dal disgusto per la degenerazione in stile sovietico dei costumi politici di Mosca. Kasparov era alla guida della manifestazione contro Putin tenutasi a San Pietroburgo il weekend del 4 marzo scorso. “La più grande da quando Putin è al potere”, afferma lo scacchista. “Un manipolo di radicali completamente fuori tono in una Russia moderna, che puntano solo alla destabilizzazione della Regione”, risponde la governatrice di San Pietroburgo (ovviamente non eletta, ma investita della carica di feudataria direttamente da Putin) Valentina Matviyenko.
Valentina, infatti, è una donna di Putin. E il suo nome rientra addirittura nella rosa di candidati papabili per ricoprire la carica di presidente della Federazione dal 2008. Almeno alla luce di quanto ritengono gli analisti di affari russi, che osservano il suo temporeggiare pallido assorto, Putin sta cercando di capire chi meglio sia in grado di “proseguire la linea politica intrapresa negli ultimi anni”. Ossia, Parlamento obbediente, governatori non eletti direttamente, restrizioni per i gruppi che difendono i diritti umani e civili, e limitazioni per i media privati. Tanto in quelli pubblici il controllo è già assicurato dalla squadra di “siloviki” (uomini della forza, provenienti da esercito, polizia e servizi segreti) posti ai vertici.
Due sono gli uomini che sembrano avere maggiori possibilità di presentarsi alle elezioni del marzo del prossimo anno (sempre che ci siano) e, casualmente, sono il braccio destro e quello sinistro di Vladimir. Il primo è Sergei B. Ivanov (ex-superiore di Putin ai tempi in cui l’Fsb si chiamava ancora Kgb), che poco tempo fa Putin ha tirato su dalla carica di Ministro della Difesa per tenerselo a fianco come vice-premier del Governo. Gli occhi sono puntati per lo più su di lui che in dicembre ha detto che con il dopo Putin “non credo che ci saranno grandi cambiamenti”. L’altro è Dmitri A. Medvedev, attuale presidente e amministratore delegato di Gazprom, anche lui vice-premier del governo. Manco a dirlo, nessuno dei due è mai stato sottoposto a giudizio popolare prima di ricoprire la carica istituzionale.
La lista prosegue con Vladimir I. Yakunin, ...