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IN RICORDO DI ARTHUR SCHLESINGER JR
La testimonianza del preside del Dipartimento di Stora delle Dottrine Politiche alla Massachusetts University di Boston, amico e stretto collaboratore del grande storico scomparso
di Spencer Di Scala



(pagina 2)

... mbasciatore James D. Zellerbach, coinvolgendo anche William Colby, responsabile locale della CIA e più tardi direttore dell’agenzia. Tuttavia, con l’arrivo nel 1959 del nuovo vice-capo missione, Outerbridge Horsey, l’ambasciata tornò alla linea dura imposta dalla signora Luce. Horsey tentò di licenziare Lister e Schlesinger dovette intervenire in difesa di quest’ultimo. Tra gli alleati italiani di Horsey vi era il leader del Partito Liberale Giovanni Malagodi, ma anche i comunisti si opponevano all’idea di centro-sinistra prospettata da Nenni.

Kennedy supportava invece la formazione di una coalizione di centro-sinistra, credendo che potesse consolidare la democrazia italiana e diventare un modello per Germania e Francia dopo l’eventuale uscita di scena di Adenauer e de Gaulle. Avendo un’agenda piuttosto fitta (la Baia dei Porci, l’incontro con Kruschev, i problemi in Laos), il presidente delegò a Schlesinger il compito di modificare la politica americana verso l’Italia. Schlesinger raccolse intorno a sé un gruppo di “uomini della Nuova Frontiera” (che ribattezzò White House characters) e cominciò un’epica battaglia sulla questione italiana all’interno dell’establishment americano. Il gruppo di Schlesinger includeva personalità della caratura di Robert Kennedy, McGeorge Bundy, Roger Hilsman, Averell Harriman, George Ball, Richard Gardner, Arthur Goldberg e Robert Komer.  Fuori dai ranghi dell’amministrazione americana, alcuni dirigenti laburisti come Victor e Walter Reuther supportarono l’impegno di Washington in favore dell’apertura a sinistra. Schlesinger e il presidente decisero che Kennedy avrebbe manifestato il supporto americano al centro-sinistra al primo ministro Amintore Fanfani in occasione della sua visita a Washington nel giugno 1961. Schlesinger scrisse: “L’apertura non era nell’agenda dei colloqui prevista dal Dipartimento di Stato, ma Kennedy disse privatamente a Fanfani che, se il primo ministro italiano avesse ritenuto che il centro-sinistra potesse essere un progetto percorribile,  noi avremmo seguito gli sviluppi con simpatia”.  Ad ogni modo, i burocrati del Dipartimento di Stato si dimostrarono così zelanti nell’ostacolare la nuova linea politica che nel gennaio 1963 Schlesinger e colleghi inviarono un memorandum a Kennedy: “prima di investire il governo della questione, tenga presente che se ne sta ancora discutendo”.

In conclusione, con il sostegno di influenti personalità americane, come Hubert Humphrey, ed italiane, come l’amico Gianni Agnelli, la campagna di Schlesinger andò a buon fine. Nel luglio 1963 Kennedy, in visita a Roma, inviò un chiaro segnale a tutti i sostenitori del centro-sinistra: “prese da parte Nenni durante un ricevimento nei giardini del Quirinale e discusse lungamente con lui”. L’opposizione al centro-sinistra si eclissò, quantomeno a Washington. In una nota inviata a Bundy in data 22 novembre 1963, Schlesinger descrisse gli ultimi tentativi ostruzionistici messi in atto dall’ambasciatore statunitense per bloccare il centro-sinistra. Lo stesso giorno la notizia dell’assassinio di Kennedy raggiunse gli ultimi membri dell’ala sinistra socialista che ancora si opponevano all’apertura. Scioccati dall’avvenimento, anch’essi accettarono di procedere nell’esperimento che avrebbe costituito un punto di svolta per la democrazia italiana.

Se negli Stati Uniti l’opposizione all’apertura era scomparsa, lo stesso non poteva dirsi in Italia. Il centro-sinistra rimase infatti vittima del fuoco incrociato dell’opposizione conservatrice e dei comunisti, frustrando le aspirazioni di Schlesinger volte “a rigenerare la politica italiana, a purificare l’amministrazione di governo ed a mettere in moto le riforme economiche e sociali…”

“In quanto amante dell’Italia”, disse nel 1993, “sto ancora aspettando e sperando”.

Spencer Di Scala



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