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... one di garantire all’Italia, conl’amicizia di Mosca, la continuità delle forniture energetiche ed alcentro-sinistra un successo politico promettente sia sul piano dellaspendibilità elettorale sia su quello del sostegno del mondo economico. Maevidentemente quella idea si è rivelata sbagliata.
Il controllo sui giacimenti kazaki è saltato sotto il fuoco del governolocale, affatto intenzionato ad accettare la bandiera italiana frettolosamenteissata dai manager del gruppo nostrano dell’energia sui pozzi di gas appenavinti all’asta. Ed è così che il Ministro degli Esteri del governo Prodi sitrova oggi costretto ad aprire un fronte di negoziazione con la contropartekazaka le cui sorti sono tutt’altro che scontate e per le quali, si sospetta,Vladimir Putin tornerà a giocare un ruolo cruciale e da una posizione di forzadi fronte alla quale l’Italia avrà ben poco margine di contrattazione.
Fatta salva la buona fede, il Premier Prodi ed i Ministri che nel suogoverno vantano la maggiore esperienza con il Cremlino, si rivelano dunque o talmentesprovveduti da esser finiti dritti dritti nella rete tesa dallo zar di Mosca - unarete alla quale Putin ha capito come solo un pesce debole come l’Italia avrebbepotuto abboccare, facendo così del nostro paese una sorta di Cavallo di Troiaper l’occupazione dello spazio europeo.
Oppure siamo di fronte ad un colossale fallimento della strategiainternazionale impostata da Prodi & Co, una strategia in cui le ragioni deidiritti umani e della democrazia e persino dell’Europa unita vengono negate innome di un opportunismo di corto respiro – il presunto vantaggio per lasicurezza politica ed economica nazionale, da spendere in campagna elettorale edal quale desumere potenziali benefici economici per il centro-sinistra – peril quale invece il governo Prodi, di fronte al conclamato fallimentodell’operazione, versa oggilacrime di coccodrillo.
Ed allora, nella prospettiva della crisi che si paventa per l’inverno avenire - una crisi che potrebbe paralizzare il paese e mettere in ginocchio leattività produttive, i servizi, i sistemi di comunicazione nazionali - in unademocrazia normale, in cui il sistema sistema politico non piange ma si assumela responsabilità delle scelte compiute, il governo non ha che una strada:dimissioni.