L'accusa che gli viene rivolta, da sinistra e da destra, è di non mostrare la “visione”. Il primo Queen's Speech redatto dal premier laburista Gordon Brown lascia delusi quanti confidavano in una iniziativa politica à la Blair, un'iniziativa forte che ridesse motivazione al governo ed all'elettorato laburista per reagire al progressivo calo di popolarità ed all'offensiva del leader conservatore, David Cameron, tornato alla carica, sia nei sondaggi sia sul terreno parlamentare.
E invece la sensazione trasversale tra i commentatori britannici è la delusione.
In cima alle priorità, il governo Brown mette l'istruzione, la politica residenziale, la formazione professionale e la sanità.
Le priorità, insomma, dei precedenti governi laburisti. Ma con una differenza di tono, rispetto agli esecutivi Blair. Tanto quello faceva, della visione riformista, la stella polare della strategia governativa, tanto Brown pone l'accento su obbiettivi concreti, interventi correttivi, piccoli passi lungo la strada tracciata dal predecessore nei dieci anni alla guida del paese.
Le proposte di Gordon Brown, così, non risultano né nuove né tantomeno innovative. Si parla di innalzare l'obbligo scolastico dagli attuali 16 ai 18 anni, ma a partire dal 2015, e di multare i genitori se i figli marinano la scuola; di sanzionare le strutture sanitarie inefficienti, ovvero quelle che non raggiungono gli standard minimi fissati dal governo; ci si impegna poi a costruire tre milioni di nuove abitazioni, da qui al 2020, che, insieme alle eco-towns, rappresenta un po' la panacea della coscienza socialdemocratica del New Labour. Le 10 eco-towns promesse da Brown saranno strutture ad emissione zero, ospiteranno 20.000 abitazioni ciascuna, il 50% delle quali destinate all'housing sociale, ed in virtù di tutte queste caratteristiche, contribuiranno ad abbattere i prezzi delle costruzioni di fascia alta, ovvero quelle ad alto tasso tecnologico e qualità ecologica.
Sul tema più controverso, le politiche per la sicurezza, il terrorismo e l'immigrazione, Brown scontenta un po' tutti. La sinistra, perché non retrocede sulla strada intrapresa da Blair rispetto all'estensione della custodia cautelare per i sospettati di terrorismo. La destra perché manca di indicare e giustificare la nuova soglia detentiva. I 90 giorni chiesti a suo tempo da Tony Blair furono giudicati eccessivi dai custodi delle libertà civili che, trasversalmente, dai Tory ai Lib-Dem allo stesso Labour - fecero mancare l'appoggio al Governo, impedendo l'approvazione del provvedimento.
Oggi la patata bollente è nelle mani di Gordon Brown. Ma nel Queen's Speech, il Premier non ha neppure tentato di risolvere il nodo della questione, introducendo piuttosto una proposta-diversivo: la “carta di cittadinanza”. Cosa sia questa “carta di cittadinanza” nessuno lo sa, anche perché è in corso d'opera una Review commissionata dal Governo a Lord Goldsmith – l'ex Attorney General di Tony Blair - che ha proprio il compito di definire l'ambito dei “diritti” e quello dei “doveri” dei cittadini britannici. La Review, sulla quale dovrà evidentemente fondarsi la proposta normativa del governo, non sarà pronta tuttavia prima del prossimo marzo, quindi inutile attendersi novità nel breve periodo.
Intanto, non resta quindi al governo che presentare l'idea della carta dei “diritti e doveri”, come un tentativo di rispondere alla confusione identitaria del multiculturalismo, imponendo ai cittadini immigrati l'esplicito impegno ad aderire ai principi-cardine della democrazia britannica. A tal riguardo Brown propone, ad esempio, l'obbligo per gli immigrati di prestare gratuitamente un servizio sociale, in segno della propria dedizione alla comunità.
Più che di un cambiamento di rotta, o un inasprimento della legislazione sull'immigrazione si tratterebbe, insomma, di un'operazione di razionalizzazione e, se il caso, di aggiornamento dei diversi provvedimenti che, approvati in tempi e con obbiettivi diversi nel corso degli ultimi venti anni, suggerirebbero oggi una revisione migliorativa.
Ma a colpire di più gli esperti di politiche economiche è stata la proposta, annunciata nel Queen's Speech, che impegna il governo ad assicurare ai cittadini britannici un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. Un obbiettivo che Gordon Brown intende perseguire attraverso l'estensione del diritto all'orario flessibile, a tutti i lavoratori che abbiano figli in età scolare, ovvero fino a un massimo di 18 anni. La legge attualmente in vigore, introdotta nel 2003, concede il diritto all'orario flessibile solo ai genitori di bambini fino a sei anni. In concreto, è loro facoltà esigere dal datore di lavoro, ad esempio, la possibilità di eseguire il lavoro da casa o in part-time.
Ad oggi hanno usufruito di questo diritto oltre sei milioni di lavoratori. Si è calcolato che, se il provvedimento venisse esteso ai genitori di ragazzi fino a 12 anni, ad avvalersene sarebbero oltre nove milioni di lavoratori. Nel Queen's Speech, tuttavia, il governo non si pronuncia ancora fino a che età verrà esteso il provvedimento, rinviando la decisione ai risultati di una ricerca commissionata ad un esperto indipendente, per verificare l'impatto economico sulle imprese delle diverse opzioni.
L...