Al Qaeda torna a rivendicare la paternità dell'attentato costato la vita all'ex premier pachistano
Benazir Bhutto. Lo riferisce l'agenzia ADN Kronos. A farlo, in una conversazione telefonica con Asia Times Online - che ne dà notizia questa mattina - e' Mustafa Abu al-Yazid, capo delle operazioni dell'organizzazione terroristica in Afghanistan. "Questa e' la nostra prima grande vittoria contro coloro che si sono schierati a fianco dei miscredenti nella lotta contro Al Qaeda ed hanno dichiarato una guerra contro i mujahedin", ha dichiarato Al-Yazid fcendo riferimento a comizi elettorali in cui la Bhutto si era scagliata contro l'estremismo islamico. A compiere l'attentato - ha quindi affermato - e' stata una squadra composta da esponenti del gruppo islamico militante con base in Pakistan Laskhar-i-Jhangvi, su ordine di Al Qaeda.
L'attentato avviene all'indomani dell'incontro a Islamabad fra il presidente afgano Hamid Karzai e l'omologo pakistano Pervez Musharraf.
Il summit si era concluso con un accordo insolitamente cordiale, considerato il fitto scambio di accuse negli ultimi due anni sulle rispettive responsabilità nella guerra ai talebani. Karzai, che avrebbe dovuto incontrare anche la signora Bhutto, e Musharraf avevano dichiarato alla stampa che era stata raggiunta una forte intesa sulla necessità di collaborare - anche nel campo decisivo dell'intelligence - per affrontare (parole del generale) “la minaccia dell'estremismo e del terrorismo che sta distruggendo entrambi i nostri Paesi”. Certamente sollecitata dagli Usa e dalla Nato, questa intesa sarebbe, se tradotta in misure bilaterali concrete, di cruciale importanza visto che nelle zone pakistane di confine è maturato il revival dei militanti islamisti attivi in Afghanistan
Intanto nuove reazioni di durissima condanna all'assassinio di Benazir Bhutto sono giunte oggi dai leader di vari paesi: per il premier australiano, Kevin Rudd, si è trattato di "un atto malvagio e codardo", che ha rappresentato un affronto alla democrazia. "L'Australia condanna inequivocabilmente l'assassinio di Benazir Bhutto", ha sottolineato. Da Pechino, la condanna è giunta dai primi ministri di Cina e Giappone, Wen Jiabao e Yasuo Fukuda - quest'ultimo impegnato in una visita di quattro giornin a Pechino - che hanno espresso una "forte opposizione" alle attività terroristiche. Il presidente indonesiano, Bambang Yudhoyono, ha fatto le proprie condoglianze ai familiari della Bhutto ed a tutto il popolo pachistano per questa "tragedia" ed al contempo ha ordinato un rafforzamento delle misure di sicurezza in vista delle elezioni presidenziali in programma nel suo paese per il 2009.
Stesse disposizioni sono state date dal governo del Bangladesh - che ha definito l'attentato un crimine imperdonabile - in particolare per quanto riguarda la capitale Dacca. E' stato inoltre deciso un innalzamento del livello di guardia da parte delle forze di sicurezza nei distretti di Mirpur e Mohammadpur, dove vivono migliaia di rifugiati pachistani. Per il primo ministro neozelandese, Helen Clark, la Bhutto ha avuto un grandissimo coraggio a rientrare in Pakistan per prendere parte alle elezioni . La sua morte ha rappresentato un'enorme perdita per il Pakistan e per tutta la regione. La Clark ha espresso costernazione e tristezza per questo "assassinio codardo".
Dalla Casa Bianca giungono sgnali di forte tensione: secondo quanto scrive il corrispondente della Stampa dagli Usa, Maurizio Molinari.
Bush teme la guerra civile in Pakistan, vede l'ombra dell'Emiro del Waziristan dietro l'omicidio della Bhutto e allenta le pressioni per far svolgere le elezioni previste per l'8 gennaio, ritrovandosi come unico interlocutore e alleato a Islamabad lo scomodo presidente ed ex generale Pervez Musharraf.
È questo il bilancio di una giornata ad alta tensione, iniziata quando George W. Bush ha saputo dell'attentato contro Benazir Bhutto durante il briefing di intelligence, avvenuto al mattino nel ranch texano di Crawford, passando poi a riunire via audio-video il consiglio per la Sicurezza Nazionale, raccogliendo informazioni attorno a due interrogativi destinati a segnare i prossimi giorni: chi sono i mandanti dell'omicidio e che cosa può avvenire in Pakistan.
Nel primo caso è Daniel Markey, fino a poche settimane nel team del Segretario di Stato Condoleezza Rice, per l'Asia del Sud, a spiegare cosa si pensa a Washington: «Cellule e leader pakistani vicini ad Al Qaeda avevano minacciato di uccidere la signora Benazir Bhutto sin prima del ritorno in patria, poi ci hanno provato facendo un massacro, ma mancando il loro obiettivo principale, adesso purtroppo ce l'hanno fatta». Il nome del probabile mandante, aggiunge Markey che ha seguito il Pakistan al Dipartimento di Stato dal 2003, è quello di Baitullah Mehsu...