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L'ispirazione cristiana della svolta new labour
intervista del 1993 alla rivista cattolica Third Way
di Tony Blair


L'intervista, che qui pubblichiamo, è stata concessa da Tony Blair alla rivista cattolica inglese Third Way, il 14 settembre 1993.
In colloquio con Roy McCloughry, Blair parla della sua fede e della vicinanza ideale tra gli ideali laburisti e la dottrina sociale della chiesa cattolica, concedendosi così alla riflessione su un tema che, per sua stessa, recente ammissione, gli fu sconsigliato di affrontare, pubblicamente almeno, per scongiurare il rischio di apparire un “fanatico”.
A questa regola Blair si attiene nel corso dell'intero decennio alla guida del Governo britannico.
Ma ai tempi dell'intervista, il Labour è acora il partito d'opposizione, il governo è ancora in mano ai conservatori di John Major e Blair, che del partito è appena stato eletto leader, è Ministro dell'Interno-ombra.
La conversione al cattolicesimo dell'ex premier britannico, avvenuta ufficialmente il 21 dicembre scorso, con una messa celebrata dal Cardinale Cormac Murphy-O'Connor, capo della Chiesa Cattolica in Inghilterra e Galles, presso la Archbishop's House
, a Westminster, rende questa intervista un documento di estremo interesse storico e politico.
simona bonfante

Roy McCloughry: Come è diventato Cristiano?
Tony Blair: Sono stato educato da Cristiano, ma non sono stato un vero praticante finché non sono andato ad Oxford. Nel mio college, c'era un prete australiano a cui devo l'aver saputo ridestare il mio interesse.  In un certo senso, è stato come riscoprire nella religione qualcosa di vivo, qualcosa che aveva a che fare con il mondo attorno a me piuttosto che con una specie di dialogo a due con un'entità superiore.Ne ho scoperto d'un colpo la rilevanza sociale. Ho cominciato a trovare senso nelle cose del mondo.  
RMC: La sua Cristianità è allora un impegno filosofico più che una questione personale.
TB: No, è entrambe le cose.
RMC: C'è, in questo, spazio per la preghiera personale?
TB: Si, ce ne è molto.
RMC: Quali sono gli aspetti della Cristianità che, secondo lei, indirizzano verso il socialismo?
TB: Le mie convinzioni politiche e personali coincidono rispetto all'idea che si è tutti parte di una comunità. Credo che si è quel che si è, in parte a causa degli altri, ovvero che non si possa separare l'individuo dalla società che lo circonda. Credo sia questa la cifra filosofica distintiva della religione cristiana. Ma il concetto di appartenenza dell'individuo alla società non si afferma a scapito della responsabilità individuale.  In fondo si deve vivere la propria vita, assumendosi la responsabilità delle scelte che si compiono. Il Cristianesimo è una religione severa, che impone norme di comportamento individuale molto rigide. Non è una religione che concede facilmente giustificazioni.  Ebbene, nel messaggio socialista ritrovo lo stesso valore della responsabilità sociale per sottolineare, non sminuire, il valore della responsabilità individuale. 
RMC: Come concilia il pragmatismo della politica ordinaria con una visione così ancorata alla sua coscienza?
TB: Il termine “pragmatico” può significare due cose. Che, per una mera ragione di convenienza, si finisce col fare qualcosa pur non ritenendola giusta. Oppure, che la politica è l'arte del possibile, e che si ha il dovere di cercare di portare le persone dalla propria parte. Si deve essere sicuri che le proprie scelte politiche non creino problemi più gravi di quelli che intendono risolvere. Questa è un'idea di pragmatismo assolutamente rispettabile e se si tiene bene in mente la differenza tra le due, non si potranno commettere errori troppo grandi.  
I politici non hanno saputo spiegare onestamente quanto difficili siano le decisioni che si trovano a compiere. In parte ciò si deve alle caratteristiche stesse della nostra politica, ovvero il vizio di chi sta al governo a non dire la verità, e quello di chi sta all'opposizione di far sembrare che basta pochissimo per migliorare la vita. In realtà, naturalmente, le cose non stanno affatto così. In fondo, i politici passano il tempo a ingannare la gente, e questo squalifica la politica, creando un problema.

RMC: Il Labour ha parlato molto di eguaglianza, mai di libertà. Il peso che lei sta dando adesso al concetto di libertà, deve essere letto come una concessione dovuta al capitalismo di mercato, o come una questione di principio? 
TB: Credo sia una questione eminentemente di principio, dal momento che a cos'altro si riferisce l'eguaglianza se non al concetto che, se non si ha eguaglianza, non si ha libertà, e se non si è liberi non si è nelle condizioni di emanciparsi.
A sinistra non si è riflettuto abbastanza su quanto profondamente il capitalismo e l'economia di mercato, in virtù delle scelte compiute dai governi, abbiano cambiato questo secolo. Siamo ancora lontani, molto lontani dall'aver compreso il capitalismo di mercato. Si crede ancora che l'alternativ...


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