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LA SPERANZA LAICA NEL PRIMATO DELL'UMANITA'
Da Benedetto XVI, l'appello a liberare la ragione dalle catene relativiste
di Simona Bonfante



(pagina 2)

... mbra affatto un’istituzione anti-storica, conservatrice, assopita nell’amministrazione del potere economico globale. Al contrario, si rivela un’agente di progresso reale, di progresso umano reale; un agente, se vogliamo, rivoluzionario rispetto agli assetti imposti dall’egemonia capitalistico-relativista.

Questa Chiesa si fa carico della propria responsabilità di intervenire nella storia, e impone all’umanità di addossarsi la propria. È agli imperativi della ragione, infatti, che per Benedetto XVI l’umanità deve ricorrere, ovvero alla facoltà di discernimento che impone di nutrire il progresso dell’umanità con i frutti della “norma morale”. 

Gli uomini – tutti gli uomini – devono dunque riconoscere nella “norma giuridica”  lo strumento “che regola i rapporti delle persone tra loro.” Ma il diritto – osserva il Papa - ha un solo criterio: “la norma morale basata sulla natura delle cose.”

Un criterio che, peraltro, la ragione umana è capace di discernere, “almeno nelle sue esigenze fondamentali, risalendo così alla Ragione creatrice di Dio che sta all'origine di tutte le cose. Questa norma morale deve regolare le scelte delle coscienze e guidare tutti i comportamenti degli esseri umani.”

È la ragione umana che deve guidare gli uomini! La Chiesa è promotrice di umanità. E l’umanità si compie se non mortifica la propria razionalità ma se, al contrario, la libera nell’infinito etico che l’ha creata.   

Certo che si tratta di un appello alla coscienza “politica” dell’umanità: Benedetto XVI invoca proprio la ragione politica quando, passando in rassegna le minacce che incombono sugli uomini di oggi – dalle ingiustizie sociali alla sicurezza nucleare,  dalla sperequazione della ricchezza alle guerre - invoca un equilibrio ed un ordine mondiale guidato dalle leggi universali dell’umanità. Perché è attraverso la politica, ovvero la possibilità degli uomini di “fare il mondo”, che si realizza (o annichilisce) il potenziale dell’umanità.

Gli uomini sono inestricabilmente vincolati dalla comune appartenenza alla “famiglia sociale”, dunque al rispetto di norme condivise.  Perché siano condivise, tali norme devono essere stabili, universali, ovvero nutrirsi dell’essenza unificatrice dell’essere umano, la sua vita, la sua ragione.    

“Esistono norme giuridiche per i rapporti tra le Nazioni che formano la famiglia umana? – si chiede Benedetto XVI. E se esistono, sono esse operanti? La risposta è: sì, le norme esistono, ma per far sì che siano davvero operanti bisogna risalire alla norma morale naturale come base della norma giuridica, altrimenti questa resta in balia di fragili e provvisori consensi.”

La norma giuridica deve nutrire l’umanizzazione. È solo che così che potrà ripudiare l’offesa alla vita che si compie oggi, in nome del progresso della civiltà, della ricchezza economica, della supremazia della forza…

Progresso, infatti, si ha là dove l’uomo può essere più uomo, là dove la vita ha più valore, là dove la comunità sociale si realizzi con, non contro, l’altro. 

Ecco allora che “pace” significa molto più che “non guerra”. Nella prospettiva umanista, la pace è il cemento con cui la ragione umana erige l’infrastruttura morale del proprio divenire. 

Il viaggio verso il progresso è dunque un cammino che muove dal “luogo primario dell'“umanizzazione” della persona e della società”, 

“la famiglia naturale” che, da principale agenzia di pace, si fa «culla della vita e dell'amore ».”

Pace e giustizia si realizzano affermando i fondamenti etici dell’umanità, non relativizzandoli alla contingenza storica, perché questo porta alla sopraffazione, all’instabilità, allo scontro. Il dialogo si fonda invece sull’adozione di una grammatica comune, ed è questa cui è necessario applicarsi, qui ed ora, per restituire alle coscienze la speranza di nutrire il mondo della propria umanità...



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