WHAT AMERICA MUST DO? - 3
A intervenire è Philip Stephens, commentatore politico di punta del Financial Times, che riassume il suo pensiero in un gioco di parole: «Il presidente degli Stati Uniti deve essere unilateralmente multilateralista».
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... ggi, in vista dell'elezione di un nuovo presidente americano, studiosi di varie università statunitensi, sia democratici sia repubblicani, hanno riproposto l'idea di un “Concerto delle democrazie”. L'iniziativa è quella di creare, tramite un accordo tra governi o un trattato, una nuova istituzione internazionale aperta esclusivamente alle democrazie e avente il ruolo di “direttorio” di un nuovo ordine globale. L'idea sarebbe quella di accostare all'Onu una nuova e superiore fonte di legittimità internazionale che favorirebbe il compattamento del fronte dei Paesi democratici, che imprimerebbe una decisiva accelerazione al processo di riforma delle Nazioni Unite, ma nel frattempo si configurerebbe come un'alternativa al Consiglio di Sicurezza come luogo dove discutere le grandi questioni di politica internazionale.
«Se inteso come uno strumento di ordine mondiale – spiega Emiliano Alessandri, ricercatore presso la Johns Hopkins University – il rischio più serio potrebbe derivare dalla separazione tra sedi di potere e di legittimità a livello internazionale: il “concerto” si ergerebbe a fonte ultima e suprema di legittimità internazionale ed esautorerebbe di fatto il Consiglio di Sicurezza di alcune delle sue prerogative; al contempo, tuttavia, il potere internazionale rimarrebbe significativamente diviso tra Paesi democratici e non. Tra questi ultimi figurano alcuni dei soggetti economici e politici emergenti, la Cina in particolare, nonché importanti potenze regionali, come Russia e Iran. Esclusa l'ipotesi di una repentina transizione di queste società alla democrazia, l'alternativa per questi Stati sarebbe l'isolamento o la prospettiva più complessa, ma certo più appetibile, di una coalizione comune contro il nuovo “blocco” democratico. Questo ordine mondiale diviso potrebbe dunque verosimilmente generare più tensione che stabilità e resta da vedere in che misura si dimostrerebbe compatibile con l'obiettivo stesso che pare ispirarlo, vale a dire la conservazione della leadership internazionale degli Usa nello specifico, e la difesa della democrazia in generale».
Dall'interpretazione critica dello studioso della Johns Hopkins, si comprende quindi che, nonostante il riacceso dibattito in Usa sul multilateralismo sia senz'altro un dato positivo, è necessario tenere in considerazione la differente definizione che gli americani e i suoi alleati, europei in particolare, attribuiscono alla parola multilateralismo. «Per gli americani “multilateralismo” indica una politica volta a sollecitare attivamente e ottenere l'appoggio degli alleati – rileva l'intellettuale neoconservatore Robert Kagan – Gran parte degli americani, persino tra coloro che si dichiarano “multilateralismi”, considera l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sempre desiderabile ma mai essenziale (“multilaterale se possibile, unilaterale se necessario”). Si tratta, insomma, di un mezzo per raggiungere il fine, cioè l'appoggio degli alleati. Per la stragrande maggioranza degli americani il multilateralismo non è un fine in se stesso. L'Europa, invece, quando parla di “multilateralismo” ne dà una connotazione molto più formale e legalitaria. Per gli europei significa ottenere – prima di intraprendere qualsiasi azione, anzi come prerequisito essenziale per l'azione – il riconoscimento della legittimità da parte di un'istituzione internazionale debitamente costituita».
Ad avvicinarsi maggiormente a una concezione europea di multilateralismo è la proposta dell'editorialista Philip Stephens, che, tra l'altro, coincide con le posizioni espresse da numerosi intellettuali e politici d'Europa (anche italiani). L'ultimo tra questi, in termini di tempo, è il presidente francese Nicolas Sarkozy che, lo scorso 8 gennaio, ha annunciato che il suo governo «lavorerà senza tregua per aumentare di almeno 4 seggi permanenti il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e per trasformare il G8 in un G13»...
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