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... sume dunque un ruolo cruciale, secondo l’advisor di Obama, per riposizionare l’America in un quadrante strategico che le ridia spazio di manovra anche presso paesi borderline, come il Regno saudita e l’Egitto. L’investimento maggiore della futura leadership americana non dovrà dunque essere quello di rilanciare l’iniziativa ma di creare le condizioni per ridare forza alle partnership ed alle alleanze internazionali.
“Il 20 gennaio 2009 – insiste Khan – l’America sarà la stessa di oggi, sarà lo stesso paese che ha scompigliato l’Iraq ma che non riesce a controllare Hugo Chavez.”
Il problema insomma non è di trasformare gli States da un giorno all’altro in una superpotenza “soft”, ma di ricostruire i “ponti con i paesi-chiave nel mondo”. È questo che dovrà fare il nuovo Presidente, ma l’obiettivo - conclude il consulente di Barck Obama – non dovrà essere migliorare l’immagine degli Usa all’estero ma garantire all’America un futuro da attore globale.
Per approfondire i temi del dibattito promosso dalla Fabian Society sull’America dopo Bush, si legga l’articolo sulla Conference “Change the World”.