(pagina 2)
... maggioranza democratica e di un Paese distratto dalla campagna elettorale che designerà il suo successore. Otto anni fa il governatore del Texas aveva presentato la sua candidatura in netto antagonismo rispetto al minimalismo degli ultimi mesi della presidenza Clinton, dedicati a negoziare con la Corea del Nord ed a perseguire vanamente un accordo israelo-palestinese. Ironia della sorte,
Bush sta trascorrendo gli ultimi mesi del suo mandato ad inseguire un improbabile accordo fra il governo Olmert e l'ANP di Abbas, dopo aver raggiunto un faticoso accordo nucleare con Pyongyang.
Da quello che è emerso nel suo discorso di congedo, pare evidente che Bush abbia deciso di rinunciare ai disegni di grande respiro in tema di sicurezza sociale, fisco ed immigrazione, di concentrare la sua attenzione sui progressi compiuti in Iraq dopo l'incremento della consistenza del contingente americano e ribadire l'intento di contribuire al raggiungimento di un accordo epocale, quanto impervio, tra israeliani e palestinesi entro la fine del suo mandato. Insomma, un drastico ridimensionamento della verve riformista, in senso conservatrice, che aveva caratterizzato la fase finale del suo primo mandato e l'inizio del
second term. Del resto la vittoria democratica alle elezioni di
mid term nel 2006 ha spuntato le armi del presidente, che se ha potuto tener testa al Congresso nella gestione della campagna irachena, ne è stato limitato nelle scelte di politica interna, ad esempio in materia d'immigrazione. In quel caso, una sua proposta di sanatoria dei clandestini è stata osteggiata dal suo stesso partito. Al presidente non è restato che ribadire il proposito di consolidare ed estendere alcune misure già decise in passato: stanziare 30 milioni di dollari in vari programmi anti-AIDS in Africa, rilanciare il programma educativo
No Child Left Behind, intensificare gli aiuti esteri in favore dello sviluppo di tecnologie pulite e aumentare l'erogazione di fondi statali agli enti religiosi.
Ora il presidente uscente ha davanti pochi mesi per dar forma alla sua eredità politica, per ora legata alla lotta contro il terrorismo e alla contrapposizione manichea ai nemici dell'America, ma anche alla sua rivisitazione dell'interventismo umanitario di wilsoniana memoria. In patria il suo nome rimane legato al tentativo di operare una rivoluzione culturale di stampo conservatore. Il giudizio, stando ai suoi bassi indici di popolarità negli USA ed al deterioramento, soprattutto nel biennio 2003-04, dell'immagine americana nel mondo, parrebbe essere alquanto negativo. Ma, probabilmente a ragione, Bush non si preoccupa dei contemporanei e si rimette alla prospettiva storica. Anche l'idolatrato Ronald Reagan nel 1987 conobbe picchi di impopolarità in seguito all'affaire Iran-Contra salvo venir rapidamente riabilitato. Frank J. Donatelli, ai tempi collaboratore di Reagan, chiosa “Quello che il presidente Bush potrebbe augurarsi e che la storia lo riabiliti al pari di Harry Truman.” Truman venne accusato di aver trucidato affrettatamente centocinquantamila civili giapponesi ad Hiroshima e Nagasaki. Il successore di Franklin D. Roosevelt
si difendeva, ricordando di aver voluto in quel modo risparmiare centinaia di migliaia di giovani vite americane. Più recentemente la sua azione è stata riletta. In particolare, viene apprezzata la personalità mostrata dal presidente nel tener testa a Stalin durante la prima fase della Guerra Fredda.
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2008/01/28/AR2008012803007.html?hpid=topnews
“E' IL TEMPO DI OBAMA”
“E' di nuovo tempo per una nuova generazione di leaders. E' il tempo di Barack Obama.”
…
Noi vogliamo un presidente che faccia appello alle speranze di tutti coloro che credono ancora nel Sogno Americano e ai cuori di tutti coloro che nel mondo credono ancoro nell'Idea Americana. Un presidente che sollevi i nostri spiriti e che ci faccia credere ancora. Io ho trovato un candidato. E credo l'abbiate trovato anche voi.
…
Hillary Clinton e John Edwards sono stati, e sono, amici e colleghi in Senato. Chiunque sarà il prescelto, potrà contare sul mio entusiastico sostegno, ma devo dire che Barack Obama ha compreso ciò che il Dottor Martin Luther King chiamava “la potente urgenza dell'oggi.”
…
Egli sarà il presidente che non si lascerà imbrigliare dalle trappole del passato, sarà il leader che vedrà il mondo con chiarezza senza per questo lasciarsi andare al cinismo. Sarà il combattente che si dedicherà alle cause in cui crede, senza demonizzare per questo chi difenderà una posizione differente dalla sua.
…
...