(pagina 2)
... ma
Edwards ha lasciato un segno e potrebbe rivelarsi assai utile alla causa dei front-runner democratici. Uomo del sud, bianco, brillante e di bel aspetto: l'ideale per intercettare i voti dei conservatori insoddisfatti dalla candidatura del troppo liberal McCain.
Già,
John McCain. Sino a pochi mesi fa pareva incandidabile, ora è il front-runner repubblicano. Non solo, nelle pur inattendibili proiezioni sul voto novembrino, sconfiggerebbe i due iper-sponsorizzati leaders democratici. Ha vinto bene in Florida ed è in testa nella gran parte dei sondaggi relativi al 5 Febbraio. Fatto importantissimo considerando che nelle primarie e nei caucus repubblicani la modalità di ripartizione dei delegati è ispirata in diversi Stati, fra cui New York con 101 delegati in palio, al sistema winner take all (il primo prende tutto). Nel giro di pochi giorni il duro senatore dell'Arizona ha fatto terra bruciato, falciando avversari e trasformando il groviglio repubblicano in un lineare testa a testa con Mitt Romney.
Nelle ultime ore McCain ha ricevuto l'endorsement di Rudolph Giuliani, del governatore della California Arnold Schwarzenegger e dell'ex first lady Nancy Reagan. Fred Thompson è notoriamente un suo amico. Sempre più numerose personalità del Partito si schierano dalla sua parte, anche se la macchina del Grand Old Party rimane schierata, più o meno convintamene, con il suo rivale. McCain raccoglie attestati di stima trasversali alle appartenenze partitiche, ma l'ala più conservatrice del Partito Repubblicano non può sopportare l'indipendenza delle sue vedute e delle sue prese di posizione. Ma proprio questa è la sua forza. La sua capacità di apparire conservatore e liberal, intransigente in tema di sicurezza nazionale ma malleabile quando si discute di sanatoria sull'immigrazione, distante dall'amministrazione Bush ma pronto a sostenere le truppe americane in Iraq nel prossimo futuro. Unico punto debole: la scarsa voglia, e competenza, che mostra quando si tratta di parlare di economia. Vulnus non da poco in tempi di possibile recessione.
Romney dovrà aggrapparsi alla sua maggior competenza economica per contrastare il vecchio Mac, dovrà illustrare con maggior dovizia di particolari i suoi piani per ridare slancio all'iniziativa privata di fronte a quell'immobilismo di Washington che va denunciando da tempo. Il magnate mormone non può godere del rispetto che suscita la figura del suo avversario, se non altro perché eroe di guerra a lungo prigioniero in Vietnam. Romney inoltre vede erodersi parte del consenso di cui gode all'interno dell'ala tradizionalista dell'elettorato. Mike Huckabee rimane infatti in corsa e sottrae all'ex governatore del Massachusetts buona parte del voto conservatore e religioso. Se il Super Tuesday confermerà il suo momentum, nulla potrà frapporsi tra McCain e la nomination di Minneapolis. Né l'odio dei maggiorenti del GOP nei suoi confronti, né gli spots elettorali finanziati dal patrimonio personale di Romney. Per ora, la serrata campagna anti-McCain dell'ala destra del Partito non sembra scalfire le certezze del senatore dell'Arizona.