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LA RECESSIONE INCOMBE SULLA CAMPAGNA
I tre candidati davanti alla crisi economica




(pagina 2)

... Stati Uniti hanno dovuto fronteggiare un periodo recessivo durante un anno di elezioni presidenziali, il presidente in carica, l'incumbent, era Jimmy Carter, poi battuto agevolmente da Ronald Reagan. Partendo da questo precedente, Ray Fair, studioso di Yale, sottolinea come l'americano medio tenda ad incolpare il Partito al governo in caso di difficoltà economiche. Se l'America piombasse nella recessione, il campione di Fair indica che il 55% degli elettori sarebbe pronto a rivolgersi ai Democrats. In quel caso, anche un candidato dello spessore di McCain non avrebbe speranze?

Innanzitutto, è utile evidenziare come pochissimi elettori abbiano avuto diretta esperienza di una recessione vera e propria. Per molti americani la crescita economica e la prosperità sono condizioni date. Un periodo di difficoltà potrebbe essere quindi percepito come momentaneo e non genererebbe un'ondata di malcontento nei confronti dei governanti e dei loro compagni di Partito. Siamo persuasi che gli americani attribuiranno a George W. Bush e al suo Partito la responsabilità di una recessione (o di un rallentamento economico) determinata dallo scoppio di una bolla immobiliare? E se si volesse proprio chiamare in causa Washington, perché risparmiare critiche al Congresso da 15 mesi in mano Democratica?  McCain, considerato da sostenitori e detrattori un maverick (cane sciolto), è comunque uno dei Repubblicani meno associabili all'amministrazione in carica. E ancora, nessuno dei candidati rimasti in lizza può vantare una competenza economica particolarmente solida. Perché dunque gli elettori dovrebbero preferire Clinton-Obama a McCain se la loro massima preoccupazione a novembre dovesse essere il risanamento finanziario?

Al contrario, l'insistenza di Mac sulla necessità di tagli alla spesa pubblica potrebbe incontrare il gusto di molti indipendenti/indecisi. Quando il senatore dell'Arizona ricorda che “Compito del presidente non è gestire l'economia, ma gestire il governo affinché non danneggi l'economia” convince e conquista coloro che inorridiscono di fronte all'intervento pubblico e caldeggiano la libera intrapresa. Anche se al veterano del Vietnam toccherà l'onere di spiegare agli scettici quale sia stata la ratio dietro alla sua passata opposizione ai tagli fiscali dell'amministrazione Bush. Da parte loro, i Democrats potrebbero contrastare le promesse Repubblicane di alleggerimento fiscale ed evitare di essere identificati con il “Partito delle tasse” rispolverando il ricordo dei ruggenti anni novanta: all'epoca l'economia americana attraversava una fase di crescita e prosperità  e le redini del governo erano nelle mani di un certo Bill Clinton, un presidente che ha indubbiamente innalzato la pressione fiscale.   



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