WALL STREET JOURNAL
Tibet and the Olympics
"Negli ultimi anni, il Tibet ha subito una crescente e brutale stretta repressiva". Parole del Dalai Lama, pronunciate lo scorso lunedì in occasione delle celebrazioni dell'anniversario della sollevazione tibetana del 1950 contro il dominio cinese. A conferma delle parole del leader in esilio, lo stesso 10 marzo il governo cinese ha messo a tacere, con le cattive, la più vasta manifestazione di protesta verificatasi in Tibet dal 1989.
Monaci e tibetani in esilio hanno protestato anche in Nepal ed India, e persino in Grecia, significativamente ad Olimpia. Per i dissidenti tibetani e per tutti coloro che sostengono la loro causa l'anno olimpico cinese rappresenta una vetrina da sfruttare. Le autorità di Pechino lo sanno e cercano di ostacolare ogni manifestazione di dissenso che possa intaccare l'immagine della Cina in un frangente così importante. Pechino teme in particolare che i tibetani ostacolino il passaggio della torcia olimpica sul monte Everest. Il valore simbolico di uno smacco del genere sarebbe notevole.
Sotto questo profilo, l'inasprirsi delle tensioni e delle violenze degli ultimi giorni potrebbero (dovrebbero) scuotere la coscienza della comunità internazionale ed indurla a chiedere conto a Pechino dei duri metodi utilizzati per gestire le manifestazioni dei dissidenti tibetani. Per ora, le autorità cinesi hanno lanciato un ultimatum ai contestatori, invitandoli a consegnarsi entro lunedì.