SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA-20 marzo di Critica Sociale
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... editorialista di Haaretz, è stata critica con la signora Merkel. Le si è rimproverato d'aver confuso un sostegno incondizionato all'esistenza di Israele – principio fondatore della diplomazia tedesca – con un'approvazione senza distinguo della politica israeliana attuale.”
Sono ormai passati cinque anni dall'invasione americana dell'Iraq ed il mondo ha potuto assistere in questo lasso di tempo all'impantanamento del più potente e tecnologico esercito del ventunesimo secolo, all'esplosione della violenza inter-etnica ed al proliferare di sanguinosi attacchi terroristici. Un dittatore sanguinario è stato rovesciato, ed è una buona notizia, ma un intero Paese è sprofondato nel caos e la reputazione degli Usa (vedi Abu Ghraib e Guantanamo) è precipitata nel mondo a livelli forse mai toccati prima. Eppure, tracciando il bilancio di un'esperienza lungi dall'essere conclusa ma sicuramente negativa, il presidente Bush ribadisce la sua convinzione nella bontà delle scelte compiute e la certezza della vittoria finale contro i nemici dell'America, individuati (erroneamente) in Iraq piuttosto che in Pakistan ed Afghanistan. Al suo successore alla Casa Bianca spetta l'onere di concludere nella maniera meno devastante possibile, per gli americani e gli iracheni, l'infelice e tragica missione. THE NEW YORK TIMES Afghanistan's New Deal Zalmay Khalilzad
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ba Ki-Moon ha nominato il navigato diplomatico norvegese Kai Eide suo rappresentante speciale in Afghanistan. La mission di Eide è piuttosto complessa. Egli dovrà stabilire rapporti collaborativi con il debole governo afgano di Hamid Karzai, coordinare l'azione dei donatori internazionali che si impegnano per la ricostruzione dell'Afghanistan e provvedere all'armonizzazione delle attività civili con il ruolo delle due organizzazioni militari che operano attualmente nel Paese, ossia la Nato e l'ISAF. Importante per Eide sarà naturalmente il supporto del governo degli Stati Uniti, che ha garantito la sua collaborazione. L'Afghanistan non è soltanto la base da cui è stato scatenato l'attacco dell'11 settembre ma anche un nodo vitale da tutelare per garantire la stabilità dell'Asia centro-meridionale.
Mercati dei capitali inefficienti, banche centrali interdette sul da farsi, consumatori preoccupati, paure ed incertezze. Tutti inquietanti sintomi di una recessione imminente, che rischia di allargarsi su scala globale come accadde negli anni trenta. Siamo alle soglie di una crisi economica paragonabile alla Grande Depressione? I media snocciolano statistiche allarmanti, la Federal Reserve suggerisce misure draconiane mai più utilizzate da settant'anni a questa parte, i detrattori di Bush lo paragonano ad Herbert Hoover, presidente dal 1929 al 1933, a causa delle sue dissennate politiche economiche. E' troppo presto per lasciarsi andare al catastrofismo e al disfattismo. Le circostanze in cui ci muoviamo oggi non sono le stesse del 1929: l'economia mondiale è ancora in crescita, la disoccupazione è bassa ed il governo può contare su nuovi strumenti per affrontare le crisi.
Dopo aver vinto la breve corsa Repubblicana, John McCain ha molto tempo libero. Oltre a raccogliere fondi per le presidenziali e monitorare lo scontro Clinton-Obama, il senatore dell'Arizona farà bene a pensare al nome del suo candidato alla vice-presidenza. La lista è piuttosto lunga: gli sconfitti Mike Huckabee e Mitt Romney ed una serie di governatori come Tim Pawlenty, del Minnesota, Charlie Crist, della Florida, Jon Huntsman, Jr., dello Utah, Mark Sanford, del South Carolina e Tom Ridge, ex della Pennsylvania. Scelte piuttosto convenzionali. Uomini bianchi, conservatori, favorevoli ai tagli fiscali e con l'esperienza amministrativa che a McCain difetta. La scelta di un personaggio della statura di Condoleezza Rice risulterebbe invece molto più elettrizzante, considerando il buon grado di popolarità di cui gode presso gli elettori Repubblicani il segretario di Stato in carica, compromessa solo parzialmente con la gestione fallimentare della guerra in Iraq. Fatte salve le innegabili qualità della Rice, la candidatura di una donna afro-americana avrebbe un valore simbolico rilevante e permetterebbe ai Repubblicani di competere con i Democratici anche su tematiche quali cambiamento...
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