Haaretz ha consultato un panel di esperti israeliani per valutare, in un range da 1 a 10, quale dei tre candidati alle presidenziali Usa sarebbe preferibile come interlocutore per Israele. John McCain, amico dello Stato ebraico e pronto a rifornirlo di tecnologie ed armamenti per difendersi dagli attacchi esterni, guida la classifica con un punteggio di 7.75. Hillary Clinton, che si dichiara pronta a spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, totalizza un ragguardevole 7.5. E Barack Obama? Il senatore dell'Illinois è nettamente staccato e raggiunge un misero 5.12 di valutazione. Perché? Queste le motivazioni principali addotte dagli analisti israeliani: Obama non ha abbastanza esperienza per gestire la polveriera mediorientale; le sue dichiarazioni non danno sufficienti garanzie che egli possa rivelarsi un buon amico di Israele; non sembra aver compreso il significato e il valore della war on terror e appare troppo accondiscendente nei confronti dell'Iran.
“C'è senz'altro un terreno sul quale Washington e Mosca possono cooperare. E c'è il resto, dove non si può che constatare il disaccordo e proseguire la competizione. Ma se la scelta può esser presa adesso, Dimitri Medvedev, al Cremino con, alla Casa Bianca, Hillary Clinton, Barack Obama o John McCain potrebbero costruire l'avvenire su basi meno incerte. Per Mosca il momento è forse quello buono, (…) Il Cremino ha compreso che nessuno dei tre candidati rischierà, una volta alla Casa Bianca, di privare gli americani dello scudo antimissile, questo prodotto della “guerra stellare” cara a Ronald Reagan.”
In un commento pubblicato sul Guardian, l'ex Presidente della Repubblica ceca, Vaclav Havel, ammonisce la comunità internazionale a non limitarsi a chiedere alla Cina la sospensione della repressione violenta contro i monaci tibetani, ma a spingersi ad esercitare pressioni sulle autorità della Repubblica popolare perché, una volta per tutta, cessi la violazione dei diritti umani.“La reazione delle autorità cinese alla protesta tibetana evoca gli echi delle pratiche totalitarie che a molti di noi ricordano quelle esercitate dal comunismo nell'Europa centrale ed orientale, prima del crollo del 1989: una severa censura dei mezzi di comunicazione, il blackout delle comunicazioni dalla Cina per i media stranieri, la negazione del visto ai giornalisti stranieri, e la condanna delle manifestazioni come la“tipica strategia cospirativa del Dalai Lama” (…).Ma limitarsi a chiedere al governo cinese di esercitare la “massima cautela” nei confronti dei tibetani, (…) è una risposta troppo debole. La comunità internazionale, a cominciare dalle Nazioni Unite, fino all'Unione Europea ed alle altre organizzazioni ed ai singoli stati, dovrebbe ricorrere ad ogni strumento utile ad esercitare pressioni sul governo cinese perché permetta alla stampa straniera di entrare in Tibet (…) per monitorare il rispetto dei diritti fondamentali.”
“La storia del Mediterraneo ha visto alternarsi periodi di relativa tranquillità, che hanno permesso lo sviluppo dei commerci, e periodi di guerra, che hanno provocato le fratture. Sarkozy ha sottolineato a ragione (…) che il mondo mediterraneo non ha mai smesso, nei secoli, di essere “incartato” tra “lo spirito delle crociate” e “lo spirito del dialogo. (…) I ventisette stanno tentando di invertire la tendenza e ridare spazio alla comunità antica. “Nel Mediterraneo si deciderà se il Nord e il Sud si scontreranno o no”, ha dichiarato Sarkozy a Tangeri. L'Europa ha rifiutato lo scontro appellandosi all'unità tra le due rive. I dirigenti della Ue hanno respinto il progetto francese che appariva tale da dividere gli europei nel dare a Parigi un ru...
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