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... sigliere di Blair per l'Irlanda del Nord] ed io, decidemmo di non farlo, per una questione di principio."
Alla conferenza stampa che seguì l'incontro, ricorda ancora Powell, venne chiesto a Blair se avesse stretto la mano ad Adam e lui rispose di averlo trattato come "un qualunque essere umano."
A quell'incontro, ne seguì poco dopo un secondo a Downing Street. Powell racconta l'attenzione con cui tutto il personale della residenza del premier venne preparato all'evento, ma anche dell'atmosfera in cui fu organizzato l'appuntamento, con i diversi membri dello staff - compresi i camerieri incaricati di servire il te - che annunciarono che si sarebbero rifiutati di stringere la mano agli ospiti! Era quello allora il sentimento prevalente negli inglesi nei confronti dei "terroristi".
Dal punto di vista politico, la difficoltà "formale" di quei colloqui era dovuta al fatto che non era consentito dalla legge incontrare un'organizzazione terroristica. I colloqui, dunque, poterono svolgersi pretendendo di intavolarli con esponenti politci del partito repubblicano. Mentre Blair, scrive Powell, avrebbe voluto incontrare personalmente il capo dell'organizzazione armata, nella convinzione che un colloquio diretto avrebbe potuto persuadere il vertice militare dell'opportunità di cooperare per l'accordo, i capi politici - Adams e McGuinnes - lo convinsero a rinunciare poiché questo li avrebbe indeboliti di fronte all'Ira e, probabilmente, avrebbe causato una spaccatura nel fronte repubblicano che avrebbe minato l'intero processo di pace. Questa strategia venne accolta dal Premier britannico, il quale dimostrò così allo Sinn Fein quanto a fondo intendesse spingersi pur di raggiungere l'accordo tra le parti, e quanto fosse sua personale convinzione la necessità di rompere con la politica del "divide et impera" praticata dagli inglesi in passato. Blair insomma volle trasmettere ai capi del partito repubblicano un messaggio chiaro: che il governo inglese dovesse essere considerato un alleato, non più un nemico. Un atteggiamento, rischioso ma che si è poi rivelato vincente.
Il racconto di Powell segue le diverse fasi del lungo e sofferto processo negoziale preliminare al raggiungimento dell'agreement, le difficoltà con gli unionisti, le diffidenze ataviche dei cattolici. Si racconta ad esempio quando, nell'aprile del 1988, alla vigilia di Pasqua, Blair dovette precipitarsi a Belfast per convincere David Trimble, il leader del Partito Unionista, a non mandare in fumo l'accordo per le condizioni poste nel cosidetto "strand two", il protocollo nel quale si definivano i contorni della cooperazione tra Dublino e l'Irlanda del Nord, che gli unionisti giudicavano non accettabili.
Una storia avvincente, quella raccontata da Powell che, da ex giornalista - Powell cominciò la sua carriera proprio alla BBC - descrive con grande capacità introspettiva i protagonisti della vicenda, mettendone a fuoco la personalità, le doti umane oltre politiche. È questa, in fondo, la chiave di lettura che, da testimone, l'ex capo dello staff di Tony Blair sembra voler dare alla vicenda. La pace in Irlanda del Nord è stata costruita da uomini, non da istituzioni, dalla loro volontà a riconoscersi innanzitutto come esseri umani e dunque come parte di un insieme, piuttosto che come poli opposti di un universo inconciliabile.
Il valore storico del processo di pace in Irlanda del Nord sta dunque nel suo farsi modello concreto di una strategia di peacebuilding che come già osservo l'ultimo Segretario di Stato all'Irlanda del Nord del terzo governo Blair, Peter Hain, rimane un "esempio per la risoluzione dei conflitti" nel mondo di oggi.