SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA-11 aprile di Critica Sociale
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... Le retour de l'ethnonationalisme Thomas Ferenczi
A giudicare dalla difficile situazione dei Balcani, il nazionalismo in Europa sembra non essere ancora morto. “Una nazione si spegne quando non reagisce più alle fanfare”, sostiene Cioran (…). Non siamo ancora a questo punto, nel Vecchio Continente. Il concetto “etnico” di nazione, fondato sull'idea delle radici comuni, in opposizione all'accezione “elettiva” o “civica”, frutto di una scelta politica, ha ancora un futuro radioso davanti a sé.
Ci sono quattro paesi nell'ex blocco sovietico ad alto tasso di instabilità: si tratta di entità che erano autonome già nella famiglia delle repubbliche sovietiche e che, con il crollo dell'Unione sovietica, all'inizio degli Anni 90, hanno chiesto l'indipendenza. Tra loro, l'Ossezia – che rivendica l'indipendenza dalla Georgia – è quella che più si può accettare come una vera nazione. Ma è l'Abkhazia, una striscia di terra sulla bella costa subtropicale del Mar Nero, anch'essa parte della Georgia ai tempi dell'Urss, ad avere le maggiori chance per assumere l'indipendenza. (…) Sono molte le analogie tra il caso del Kosovo e quello dell' Abkhazia (…). I leader politici occidentali, tuttavia, hanno ritenuto che il Kosovo non potesse costituire un precedente. LE FIGARO Betancourt : la diplomatie de l'émotion en échec In Colombia, il richiamo della missione umanitaria intrapresa dalla Francia la scorsa settimana segna la crisi degli sforzi compiuti sino ad ora per riportare Ingrid Betancourt alla libertà. In questa drammatica questione gravano troppe ombre (…) e tuttavia è opportune interrogarsi sulla lunga serie di appuntamenti mancati e sulle ragioni che hanno portato all'impasse attuale. La principale causa del fiasco, naturalmente deve essere ricercato dalla parte del Farc. THE DAILY STAR Gadhafi is right to say Arab rulers are worthless - but so is he Editorial
Sin dalle ore successive alla conclusione dell'annuale vertice della Lega Araba, che si è tenuto a Damasco il mese scorso, la stragrande maggioranza dei commentatori ha evidenziato come anche in questa circostanza nessun risultato concreto sia emerso dal summit. Il vertice siriano è stato caratterizzato piuttosto da diverse defezioni, discussioni stucchevoli e dall'enfasi retorica dei partecipanti e della stampa accreditata decisamente fuori luogo. Il leader libico Muhammar Gheddafi non ha mancato l'occasione per riversare la consueta dose di insulti, criticismi e veleno sugli altri leader arabi, a suo dire disuniti, ipocriti, incapaci di concludere alcunché e proni alla volontà di Washington. Accuse largamente condivise dalle disilluse opinioni pubbliche del mondo arabo. Peccato che il quasi quarantennale regime personalistico instaurato da Gheddafi a Tripoli non costituisca un'eccezione.
La caduta rovinosa di Mark Penn induce a farsi delle domande sul perché la campagna elettorale di Hillary Clinton sia stata così rovinosa e la stia conducendo verso una sconfitta clamorosa. Il distacco che la divide da Barack Obama è riconducibile essenzialmente al predominio del senatore dell'Illinois nei caucus, dove la sua migliore organizzazione elettorale si è fatta sentire. Ugualmente, la maggiore efficacia della macchina obamiana ha determinato il gap tra i due nella raccolta fondi. Fattori comunque sottovalutati dai Clinton. Perché? Tutti, giornalisti compresi, ritenevano semplicemente inevitabile la vittoria di Hillary. Perciò, tutti, non hanno dato peso ai segnali che già da novembre indicavano che il risultato potesse essere diverso. Già allora il consenso e la simpatia popolare su cui poteva contare Obama erano evidenti, soprattutto nella sua capacità di stare al passo della rivale nell'importantissima voce dei finanziamenti alla campagna elettorale. Senza tra l'altro poter contare sulla spinta del marchio “Cl...
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