Il momento del passaggio delle consegne è arrivato. Ma vi sarà un contestuale trasferimento di poteri fra Vladimir Putin e Dmitri Medvedev? Lecito dubitarne. Accettando la direzione del Partito Russia Unita, sul quale eserciterà un controllo pressoché assoluto, Putin si assicura un capitale d'influenza politica pari, se non superiore, alle prerogative che la Costituzione assegna al futuro presidente. Così, le leve del potere passeranno dal Cremlino alla Casa Bianca, sede del governo guidato da Putin.
Per la prima volta nell'era post sovietica, carri armati e missili adibiti al lancio di testate nucleari sfileranno in parata, il prossimo venerdì, sulla Piazza Rossa. Sarà un'esibizione di forza, tesa a ribadire il ritorno della Russia nel novero delle grandi potenze. L'evento si terrà due giorni dopo il passaggio formale dei poteri da Putin a Medvedev. L'attuale presidente ha tenuto a precisare: “La Russia non intende minacciare nessuno”, ma il valore simbolico dell'evento non può essere in alcun modo sottovalutato. Secondo molti esperti militari russi, l'annuale parata celebrativa della vittoria sul nazismo, per quanto appariscente e caricata di significati politici, non riuscirà peraltro a mascherare le debolezze e le inefficienze che tuttora affliggono l'esercito del Cremlino.
E' quasi finita. Domani avremo le idee più chiare. La doppia sfida del North Carolina e dell'Indiana avrà molto da dire. Hillary Clinton sta recuperando e potrebbe ambire ad una doppia affermazione, che sino a poche settimane fa sarebbe apparsa impensabile. Se Clinton vincesse entrambi gli Stati, la corsa per la nomination si riaprirebbe completamente e tutti gli scenari diverrebbero plausibili. Se fosse Obama a realizzare il cappotto, per Hillary la corsa si arresterebbe senza appello, o meglio la senatrice di New York non potrebbe ragionevolmente fare altro che lasciare. In caso di uno a uno, l'eventualità che appare più realizzabile, tutto continuerebbe come prima, con un leggero vantaggio per Obama. Dopo questa notte, infatti, i delegati elettivi ancora da assegnare saranno veramente pochi.
L'obiettivo che i neoconservatori americani si erano posti, ossia democratizzare il Medio Oriente, pare esser stato momentaneamente mancato. Tuttavia, qualcosa si sta muovendo nell'area. A detrimento della sua stabilità. Il fallimento della guerra irachena, la definitiva scomparsa del nazionalismo arabo di matrice secolare, la crescita impetuosa del prezzo del petrolio, sono tutti fattori che contribuiscono a delineare un cambiamento epocale in Medio Oriente. Stiamo vivendo un momento cruciale, in seguito al quale verranno ridefiniti gli equilibri della travagliata regione. Una fase ricca di promesse, ma altrettanto rischiosa.
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