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SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA- 21 maggio

di Critica Sociale


HAARETZ
Rival Lebanese leaders reach deal to end 18-month crisis

Trovato l'accordo tra la maggioranza filo-americana e l'opposizione sostenuta da Siria e Iran sulla legge elettorale e l'assetto istituzionale che dovrà porre fine alla crisi libanese. Entro 24 ore, si procederà all'elezione di Michel Sleimane alla Presidenza della Repubblica. L'annuncio è stato dato stamane dalla delegazione araba impegnata da una settimana nella mediazione tra le controparti libanesi.

THE NEW YORK TIMES
Israel Holds Peace Talks With Syria


Israele sta intrattenendo colloqui di pace indiretti con il governo siriano, tramite la mediazione della Turchia. La dichiarazione in tal senso del primo ministro israeliano Ehud Olmert è la prima conferma ufficiale dei contatti. Da mesi circolavano voci in proposito, ma non erano state mai confermate. Le trattative tra i due Paesi si erano interrotte nel 2000 a causa di un disaccordo sulla portata del ritiro delle truppe di Israele dalle Alture del Golan, occupate dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967.

Editoriale
HAARETZ
If there's no tomorrow, let him go home today
Akiva Eldar

I negoziati indiretti con Hamas per un tahadiyeh – un accordo di per la tregua temporanea -  sono una necessità, non un atteggiamento da condannare. Così l'iniziativa francese, di cui discuterà questa settimana il Ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, con l'omologo Bernard Kouchner.
Il Presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, appoggia il negoziato diretto Israele-Hamas perché è consapevole che Fatah non potrà più riacquistare il controllo sulla striscia di Gaza finché i tank israeliani continueranno a presidiarne le strade. Invece di attaccare la Francia, il governo israeliano deve fare il possibile per rafforzare Fatah, favorendo il raggiungimento dello status finale e la fine dell'occupazione. Ma il premier non ha più l'autorità politica necessaria. Ed un leader che si comporta come se non esistesse un domani se ne deve andare, oggi.

Editoriale
THE CHRISTIAN SCIENCE MONITOR
The heart of Lebanon's strife
Mohamad Bazzi

I problemi del Libano risalgono all'accordo sulla ripartizione dei poteri siglato nel 1943, quando il paese ottenne l'indipendenza dalla Francia. Il sistema fu pensato per mantenere l'equilibrio tra le 18 comunità religiose. Si convenne di affidare la presidenza ad un maronita, la carica di primo ministro ad un sunnita e la presidenza del parlamento ad uno sciita. La guerra civile del 1975 indusse le principali fazioni religiose a dotarsi di milizie proprie. Il sistema confessionale impedisce alle istituzioni libanesi di riformarsi. Il paese rimane così preda di clan e potentati che si tramandano il potere tra membri della stessa famiglia. Le potenze straniere, tuttavia, non hanno interesse a cambiare il sistema, poiché l'organizzazione confessionale, consente loro di esercitare la propria influenza.

Editoriale
THE DAILY STAR
For once, a political declaration on which all Lebanese can agree

È raro che vi sia un accordo tra le diverse comunità libanesi, e tuttavia oggi su un punto le principali fazioni politiche convergono, siano esse forze di governo o di opposizione: la necessità che i negoziati in corso a Doha si concludano con un accordo.

THE NEW YORK TIMES
Obama Says Nomination ‘Within Reach'
Adam Nagourney e Jeff Zelezny


Barack Obama ha la nomination in tasca e lo ribadisce dall'Iowa, dove tutto è cominciato dopo la sorprendente vittoria del 3 gennaio. Avendo conquistato l'Oregon ed essendo stato respinto dal Kentucky operaio e bianco, dove la metà dell'elettorato Democrat non vuole votare per lui nelle elezioni generali di novembre, il junior senator dell'Illinois ha scelto infatti Des Moines per celebrare l'imminente investitura. “Torniamo in Iowa forti della maggioranza dei delegati eletti dal popolo americano”, ha scandito Obama, che ha preferito non proclamare tuttavia la sua vittoria finale per non irritare la Clinton e i suoi sostenitori, che deve ora necessariamente conquistare. Il front-runner Democratico ha usato piuttosto toni distensivi nei confronti della senatrice, la quale ha promesso dal Kentucky di continuare la battaglia almeno sino a giugno. Il prossimo obbiettivo è la riunificazione della base elettorale del Partito, il prossimo bersaglio è John McCain.

Editoriale
CHICAGO S...


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