The Economist
A fresh start for LebanonL'elezione di Michel Suleimane alla Presidenza del Libano ha messo fine alla lunga crisi che rischiava di precipitare il paese in una nuova guerra civile ma non rappresenta che un primo passo verso la normalizzazione. Nel suo discorso di insediamento, Sleimane ha affrontato le questioni cruciali - il disarmo di Hezbollah e la questione dei confini – con molta cautela. Ha onorato la “resistenza” e nello stesso tempo dichiarato il rispetto della risoluzione Onu che ne impone il disarmo. Ha inoltre dichiarato la necessità di normalizzare i rapporti con la Siria. Da parte sua, Nasrallah ha dato segni di disponibilità verso la maggioranza di governo, lasciando intendere la volontà di cooperare qualora la questione dei territori libanesi occupati da Israele venisse risolta secondo la linea prospettata dall'ex premier, Rafic Hariri, assassinato nel 2005.
Financial Times
Lebanon PM asked to head unity coalition
Der Spiegel International
Deal Imminent between Israel and Hezbollah
Ulrike Putz
Un accordo tra Israele de Hezbollah per uno scambio di prigionieri sarebbe imminente, sotto gli auspici di un mediatore tedesco. Se il compromesso si realizzasse, per il gruppo sciita si tratterebbe di una vittoria diplomatica con benefiche ricadute di immagine sulla compagine guidata da Hassan Nasrallah. Per Israele, si tratterebbe essenzialmente di riportare a casa i due soldati rapiti in territorio israeliano nel luglio 2006 ed il cui sequestro, da parte di Hezbollah, scatenò la furiosa guerra di quell'estate. Subito dopo la fine delle ostilità, proseguite per oltre un mese in territorio libanese, le Nazioni Unite cominciarono ad occuparsi della vicenda dei due militari ebraici, affidandosi alla mediazione della Germania. Un'ombra inquietante aleggia però su i negoziati: Eldad Regev ed Ehud Goldwasser potrebbero essere morti.
Editoriale
The Daily Star
Nasrallah said what he had to, but not all that he should haveIl leader di Hezbollah ha manifestato la volontà di collaborare con il governo per pacificare il paese, ed ha cercato di tranquillizzare sulla scelta pacifica del movimento sciita. Tuttavia, non ha precisato in che modo Hezbollah intende ricorrere all'enorme potere politico che gli è stato concesso a Doha. Il suo silenzio a proposito del ruolo che intenderà giocare nei prossimi mesi è per molti fonte di preoccupazione.
Editoriale
The Daily Star
Hassan Nasrallah is trapping himself
Michael Young
Dai discorsi tenuti, quasi in simultanea, da Suleimane e Nasrallah, emergono con chiarezza due visioni alternative del futuro del Libano: quella dello Stato “istituzionale”, descritta dal Presidente, e quella del “non-stato” ventilata da Hezbollah. Grazie a Israele, l'organizzazione sciita si è accreditata nel paese come legittima forza di resistenza, al punto che lo stesso Suleimane non ha potuto fare a meno di onorarne il valore. Ma l'idea che Nasrallah ha della sicurezza nazionale – il modello 2006 – è incompatibile con quella di uno Stato nazionale cui compete in esclusiva l'esercizio della forza. Il problema di Nasrallah è che la maggioranza degli sciiti non vuole una nuova Guerra con Israele e vuole uno stato. Hezbollah, invece, può sopravvivere solo in uno stato di Guerra permanente.
Editoriale
Haaretz
A lull of no return
Meron Benvenisti
Il cessate-il-fuoco e l'apertura del passaggio di Rafah rafforzerebbero il potere di Hamas a Gaza e renderebbe sempre più lontana la striscia dal West Bank. In sostanza, creerebbe una divisione della Palestina tra Gaza controllata da Hamas ed il West Bank sotto l'Autorità. Contrariamente a quanto sostiene chi si oppone al cessate il fuoco con Hamas, questo rafforzerebbe Israele. È la dottrina del “divide et impera”.
Editoriale
The Daily Star
Is a post-America Israel beginning to take shape?
Dominique Moisi
L'America è da sempre il miglior amico di Israele ma, come è apparso evidente in occasione della visita di Bush per il 60esimo ...