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SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA- 10 giugno

di Critica Sociale



(pagina 4)

... Pacificazione, sicurezza? Sono entrambe indispensabili, ma il fallimento della Conferenza sull'Afghanistan è assicurato se i 65 paesi donatori attesi il 12 giugno a Parigi non riusciranno a vedere oltre, mettendo al centro della propria azione la “trilogia della vita” – salute, agricoltura, istruzione. È necessario infondere speranza, aggiungendo alla ragioneria militare, quella dei medici, degli ingegneri, degli educatori di cui il paese ha bisogno.

The Guardian
Bravery may not be enough

Afghanistan crollerebbe senza il supporto militare occidentale. La questione dunque non è se lasciare o riportare a casa le forze britanniche, ma dare un senso alla missione militare disegnando un autentico progetto di ricostruzione civile e politica. È questo che dovrà porsi come obbiettivo la Conferenza sull'Afghanistan che si terrà a Parigi il prossimo giovedì: mettere il Presidente Karzai di fronte alla possibilità di una sconfitta se non vi sarà da parte sua una concreta assunzione di responsabilità sulla crisi che ancora attraversa il paese.

Presidenziali Usa
Abc News
Obama Begins 11-Day Tour on Economic Issues
Jake Tapper

“Non sono un esperto delle cose di Wall Street. Non mi intendo di quella roba”, disse tempo fa con franchezza John McCain. Dimostrazione di trasparenza, ma forse anche di insospettata ingenuità, se si pensa che al momento la tematica centrale della campagna presidenziale è l'economia, ed in particolare l'aumento dei prezzi del petrolio, la crescita della disoccupazione (+ 320.000 unità dall'inizio dell'anno) e le conseguenze della crisi dei mutui. Per non parlare dei beni di prima necessità, sempre più cari, così come la sanità e le rette scolastiche. Barack Obama parte perciò all'attacco, con un tour economico di 11 giorni, che lo vedrà impegnato in una serie di Stati che in autunno si risolveranno plausibilmente in un testa a testa tra i due candidati, ossia North Carolina, Missouri, Iowa, Florida, Ohio e Pennsylvania. McCain si difenderà, esponendo le sue ricette per uscire dalle secche della crisi in New Jersey, Virginia, Pennsylvania e New Hampshire. I due si accusano a vicenda di voler riesumare le fallimentari politiche economiche del passato. Obama rinfaccia a McCain il suo sostegno ai tagli fiscali dell'amministrazione Bush, la sua proposta di alleggerire la tassazione per le corporations petrolifere, come la Exxon/Mobile, e lo scarso interesse verso le ristrettezze in cui versano i proprietari di abitazione a rischio pignoramento. Al contrario, si impegna ad espandere l'accesso all'assistenza sanitaria, a ripudiare i tagli fiscali che Bush ha concesso alla fascia più benestante della popolazione ed a erogare un credito del 10% su i mutui. Da parte sua, il senatore dell'Arizona sospetta che Obama voglia ritornare al “fallimentare interventismo degli anni sessanta e settanta” e propone invece una riduzione nelle imposte sul reddito delle società, incentivi da 5000 dollari per ogni americano per favorire l'accesso all'assicurazione sanitaria e di espungere le spese inutili dal budget federale. Ma il senior senator dell'Arizona sa bene di dover giocare sulla difensiva, preso com'è a difendere quanto di buon (non molto) è stato fatto dall'amministrazione in carica ed a prendere le distanze il più possibile dalla gestione complessiva dell'economia degli ultimi sette anni e mezzo. Un sondaggio dell'Abc dimostra che il 48% degli americani preferirebbe affidare la traballante situazione economica ad Obama, solo il 38 a McCain.

Idee
Prospect
When historians matter
Avi Shlaim

Ogni movimento nazionale reinventa  la propria Storia in termine agiografici e spesso acritici. Il movimento sionista non fa eccezione. In passato, gli storici israeliani hanno presentato una versione monolitica ed univoca di ciò che è accaduto nel 1948. Più recentemente, un gruppo di studiosi “liberali”, al quali mi onoro di appartenere e che originariamente includeva Ilan Pappé e Benny Morris, ha messo in discussione quell'interpretazione. Ciò è stato possibile grazie all'accesso agli archivi israeliani, cosa invece non permessa dai governi arabi. Il sessantesimo anniversario di Israele appare la ricorrenza appropriata per leggere sotto una luce nuova alcune circostanze del fatidico 1948. Un esempio? All'epoca il fronte degli Stati arabi non era compatto nell'intento di impedire la nascita di Israele. Il re di Trangiordania, Abdullah, aveva un tacito accordo con il movimento sionista per la spartizione dei territori palestinesi. Poi le cose andarono diversamente, ma non cambiarono un elemento di fondo: il destino di sofferenza del popolo palestinese.
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