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... che Sarkozy lancia all’Europa è insomma quella di contribuire alla rifondazione della civiltà mediterranea, di assistere allo sviluppo economico e culturale della regione, e di cogliere la straordinaria opportunità di nutrire i giovani arabi e africani del gusto per la democrazia e della speranza in un avvenire di pacifica prosperità. Una missione, insomma, che qualcuno ha paragonato a quella di “Nuovo Impero Romano”!
La strategia di Sarkozy in Medio Oriente, in effetti, è ispirata ad un pragmatismo che ai più diffidenti verso Damasco è apparso troppo spregiudicato. Ma l’apertura alla Siria – con il costo diplomatico che una simile esposizione avrebbe potuto arrecare alla Francia – ha dimostrato che, semmai, è vero il contrario. Accogliendo il controverso Bachar el-Assad, Sarkozy è vero che ha invertito la rotta della strategia chiracchiana – venendone ripagato con l’assenza polemica dell’ex Presidente alla cerimonia del 14 luglio – ma è altrettanto vero che ha riguadagnato a Parigi una credibilità super-partes, come nuovo tassello diplomatico del complesso mosaico arabo-musulmano. La Francia si è mossa con arguzia. Il momento per un’offensiva diplomatica europea in Medio Oriente non avrebbe, infatti, potuto essere più propizio, dato il vuoto “politico” creato negli Usa dalla corsa presidenziale. In attesa del cambio della guardia alla Casa Bianca, Sarkozy si è allora presentato sulla scena mediorientale - nel momento più fluido e propenso ad una stabilizzazione durevole – come la novità che può far la differenza. Le chiavi della stabilità regionale, tuttavia, sono nelle mani di Bachar el-Assad. Ed è infatti al Presidente siriano che, stretto nella morsa dell’isolamento creatogli attorno dall’Occidente, Sarkozy ha offerto un ritorno “importante” nella diplomazia internazionale, in cambio di un impegno concreto nel sedare i focolai – dal Libano a Israele all’Iran – che minacciano di incendiare la regione. Le significative aperture della Siria in tal senso, ufficializzate a Parigi con il riconoscimento diplomatico di Beirut, suggerisce la volontà di Damasco ad onorare gli impegni assunti all’Eliseo. In tal caso, l’Unione per il Mediterraneo diverrebbe, nei fatti, la risposta “euro-mediorientale” all’offensiva dell’Asia globale, ovvero una fonte di sviluppo economico e culturale, e non uno stagno di caos e radicalizzazione.
Forse, è ancora prematuro definire Sarkozy, come ha fatto il quotidiano libanese, Daily Star, lo “Schuman” di oggi. Ma certo è che il suo disegno geopolitico – illustrato nell’Unione per il Mediterraneo – si svolge lungo una prospettiva ben più articolata della semplice partnership commerciale. L’UPM è un progetto politico, un progetto di civilizzazione che, nel tracciare la propria missione nella costruzione della pace e della stabilità, rinnova, attualizzandolo alle sfide di oggi, lo spirito dei padri fondatori delle prime Comunità Europee.