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EST-OVEST - I DUE SESSANTOTTO
I rivoluzionari del Maggio e l'indifferenza per il '68 democratico della Primavera
di Carlo Ripa di Meana



(pagina 2)

... Stango iniziò la pubblicazione per lunghi anni di un ottimo "Bollettino di notizie e commenti" sullo sterminato Impero sovietico e i paesi comunisti dell'Europa centrale e orientale.
Paolo Sensini riserva ai tre gruppi maggiori degli Anarchici italiani e alle loro pubblicazioni periodiche più diffuse un'attenta disamina che conferma come, in particolare nel 1974, conosciuta la pena dell'esilio forzato inflitta a Aleksandr Solgenicyn, si organizza una fortissima critica anarchica al potere sovietico, per questo nuovo delitto contro i diritti individuali. Giudizio che Sensini, a ragione, saluta come espressione "di estrema coerenza e onestà intellettuale".
Più ampia, più critica e più esigente la parte della ricerca dedicata al Manifesto, anch'esso come i Radicali molto attivo nel '68-'69, al momento della fondazione e del primo ciclo del loro omonimo giornale. Poi il come back con un ritorno simile a una risorgiva nell'anno della grande rimozione, il '77, rompendo così con gli altri eredi del '68 e convocando un Convegno di tre giorni sulla riformabilità del sistema nei paesi comunisti, con la formula del "più socialismo" e scartando, invece, la prospettiva di una società non più totalitaria. Si sa come questa ipotesi sia sfiorita e sia rimasta come ingenua chimera. Persino durante il Convegno di Venezia del Manifesto, e finanche tra gli stessi relatori del "Riformiamo il sistema, più socialismo".
"Il verme sta nel frutto" disse Leszek Kolakowski parlando al Convegno della Biennale due giorni dopo. Dal '77, nella bruciante constatazione che la loro ipotesi di lavoro era risultata infondata, l'attenzione del Manifesto al Dissenso scema e tutto il movimento e il suo giornale, inscindibili, si spostano di nuovo quasi esclusivamente sui temi di politica interna.
Il lavoro di Sensini ci consegna un altro chiarimento decisivo per capire come andarono veramente le cose: le sue pagine documentano la lunga tentazione militarista e violenta di Lotta continua, Potere operaio e Autonomia, in parallelo con il loro silenzio quasi assoluto, e più tardi totale, sul Dissenso. In special modo, per quanto si riferisce a Lotta continua e ai suoi due Congressi a Rimini, il primo nel 1972 quando viene decisa la scelta militarista, e il secondo nel 1976 quando se ne decide lo scioglimento. Un rompete le righe che molti in Lotta continua interpretano come adesione alla lotta armata. I libri recenti di Lucia Annunziata, 1977, e di Luigi Manconi, Terroristi italiani, apparsi nel 2007 e nel 2008, integrano e chiariscono la tesi di Sensini sulla indisponibilità di Lotta continua a qualsiasi forte impegno a favore del Dissenso (un corsivo anonimo e problematico nel febbraio 1974 su Solzenicyn, e più tardi i servizi da Venezia e dalla Germania di Alex Langer, furono travolti, subissati, dalla "rubrica delle lettere a Lotta continua", un vero blog con decenni di anticipo dei lettori leninisti e filosovietici), e Lotta continua, movimento e giornale, lasciarono stare.
Sensini sceglie tre passaggi su cui misurare ogni cosa: il '68, con l'invasione della Cecoslovacchia; il '74, con l'esilio a Solzenicyn; il '75-'77, con gli Accordi di Helsinki, Charta '77, la Polonia, la Conferenza di Belgrado e la Biennale del Dissenso a Venezia. È su queste tre pierres de touche che l'autore registra che il Partito comunista Italiano, al di là dei virtuosismi tattici che dispiega incessantemente, alla fine dei giochi non tiene le distanze dalla casa madre sovietica. Nel '68, con buona pace dei turbamenti a Praga del giovane D'Alema e di altri, la sintesi la tira il Segretario Nazionale Luigi Longo su Rinascita il 13 settembre 1968: "La nostra collocazione è del tutto chiara e irrinunciabile. Noi staremo sempre dalla parte del socialismo, dei paesi e dei partiti che hanno realizzato il socialismo e che intendono salvaguardarlo e portarlo avanti. Noi staremo sempre dalla parte dei paesi e dei popoli che si battono contro l'imperialismo".
Nel 1974, a proposito dell'esilio forzato irrogato a Aleksandr Solzenicyn che aveva già scontato otto anni di lavori forzati nel Gulag, Giorgio Napolitano, il 20 febbraio su L'Unità e il 22 febbraio su Rinascita, dopo la montante polemica di alcuni intellettuali italiani contro Solzenicyn, Carlo Cassola, Lucio Lombardo Radice, Umberto Eco, così riassume la linea ufficiale del partito: "Nessuno può negare che lo scrittore avesse finito per assumere un atteggiamento di sfida allo Stato sovietico e alle sue leggi, di totale contrapposizione, anche nella pratica, alle istituzioni, che egli non solo criticava, ma si rifiutava ormai di riconoscere in qualsiasi modo. Non c'è dubbio che questo atteggiamento - al di là delle stesse tesi ideologiche e dei già aberranti giudizi politici di Solzenicyn - avesse suscitato la...


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