La crisi finanziaria e la manovra economica italiana LO STATO A DIETA
Intervenendo durante un convegno sulla Libertà d'Impresa e la manovra economica del Governo, organizzato dalla Fondazione Riformismo e Libertà, animata da Fabrizio Cicchitto, Francesco Forte insiste sul contenimento del deficit per ridare fiducia a imprese e famiglie per rilanciare l'economia. Egli teme una prospettiva di ripresa che si leghi ad una spinta inflattiva. Il suo contributo è ripreso nel nuovo numero della Critica Sociale insieme alle considerazioni che Luca Antonini, docente universitario e consulente del governo, sviluppa in tema di Federalismo Fiscale. Con finalità documentale, viene inoltre proposta la versione integrale della relazione di Giulio Tremonti al Consiglio dei Ministri sempre in materia di Federalismo Fiscale. Sulla libertà d'impresa un articolo di Sergio Pizzolante. A livello internazionale, dopo il summit dei G-20 di Toronto, appaiono sempre più marcate due tendenze: il disaccordo statunitense rispetto alla linea di austerità caldeggiata dalla Germania e il ruolo sempre più preminente dei ceti medi cinese, indiano e brasiliano, destinati a sostituire il consumatore americano come motori dell'economia mondiale. Chi ha dato voce in modo più netto alle conclusioni del vertice è stato il Nobel Paul Krugman sul New York Times. Pubblichiamo il suo articolo. Da segnalare anche l'analisi di Greg Rosen (Progress) sulle prospettive del New Labour dopo la sconfitta elettorale. Un utile vademecum per la sinistra italiana.
Inoltre, nel nuovo numero della Rivista:
-Mario Pannunzio le sue prime inchieste sulle Foibe di Mirella Serri -Una vita emarginata. Una biografia da riabilitare di Pier Franco Quaglieni -Leonida Bissolati, un "liberalsocialista" di Carlo Tognoli -Dimenticanza o scelta politica? L'assenza di rappresentanti del PD -"E' finita l'Era dell'egemonia Labourista" di Anthony Giddens -Onore al New Labour di Pia Locatelli -Tobagi socialista e riformista. Andava fermato di Carlo Tognoli -Non fu un obiettivo solo simbolico di Ugo Finetti -I difetti della memoria di Andrea Pinto -"Voglio solo giustizia". Non credo alla verità di Marco Barbone di Ulderigo Tobagi -Baget Bozzo un anno dopo. Un ricordo di Carlo Tognoli -A "Turati giuslavorista" premio letterario "G. Matteotti" di Paolo Passaniti
Ai lavori preparatoti della proposta di legge approvata dal Governo sul Federalismo Fiscale, ha dato un contributo importante la Commissione paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF) istituita dal Governo nel luglio dello scorso anno e presieduta dal prof. Luca Antonini, docente di Diritto costituzionale nell'Università di Padova. La Commissione è suddivisa in sei gruppi di lavoro e coinvolge circa un centinaio di tecnici e molti esperti accademici del diritto costituzionale, e ha il compito di raccogliere ed elaborare il materiale informativo finanziario, economico e tributario necessario alla riforma, oltre che svolgere un ruolo di consulenza per Regioni e Comuni in vista del'attuazione del federalismo fiscale. Pubblichiamo di seguito un estratto dell'audizione tenuta del prof. Antonini al Ministero del Tesoro alla vigilia della presentazione del Disegno di Legge sul Federalismo Fiscale.
Relazione al Governo del 30 giugno. Relazione inviata alle Camere
L'albero storto
Qui di seguito si trova scritto come e perché l'albero della finanza pubblica italiana è diventato un albero storto. E poi come lo si può e lo si deve raddrizzare. Si tratta di realizzare il passaggio dalla finanza derivata a quella propria. Nei termini che seguono. La situazione presente della finanza pubblica italiana, nel rapporto tra Stato centrale - da un lato - e Regioni, Province e Comuni - dall'altro lato - può essere compresa solo andando indietro nel tempo e considerando due passaggi fondamentali: a) la sua quasi totale centralizzazione, fatta al principio degli anni '70; b) il decentramento/federalismo, introdotto tra il 1997 e il 2001. È così che l'albero è cresciuto storto.
Le recessioni sono frequenti; le depressioni sono rare. Da quel che mi consta sono esistite soltanto due epoche nella storia dell'economia definite comunemente ai loro tempi "depressioni". Si tratta degli anni della deflazione e dell'instabilità che fecero seguito al Panico del 1873, e agli anni della disoccupazione di massa successivi ala crisi finanziaria del 1929-31. Né la Lunga depressione del XIX secolo, né la Grande depressione del XX secolo furono epoche di declino ininterrotto. Al contrario in entrambi i casi vi furono periodi nei quali l'economia crebbe. Tali miglioramenti, in ogni caso non furono mai sufficienti a rendere nullo il danno arrecato dalla depressione iniziale, e furono pertanto seguiti a ruota da ricadute. (Fonte: New York Times, 27 giugno 2010)
Per quasi tutto il 20 ° secolo, il partito laburista ha passato gran parte del tempo all' opposizione - perché non c'era di meglio che essere l'opposizione. Perché anche oggi dovrebbe essere così? E quali sono le lezioni che il Labour deve imparare dalla sua storia per utilizzare l'opposizione come trampolino di lancio per diventare una rinnovata e ringiovanita forza di governo alle prossime elezioni? In primo luogo, ci sono lezioni su cosa non fare. Dopo la caduta di quasi tutti i precedenti governi laburisti, il Labour è scivolato in una violenta lotta fratricida. Questo è stato il caso seguente al 1931, dopo il 1951, dopo il 1970 e il 1979. Più violenta è la lotta intestina, più a lungo il Labour resta lontano dal potere. (Articolo tratto da Progressonline, 24 giugno 2010)
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