Sono trascorse diverse settimane dall'incidente del Freedom Flottilla, ma la tensione tra Turchia e Israele resta a livelli di guardia. Il premier turco Erdogan non arretra e non accenna ad abbandonare la sua retorica anti-israeliana, mentre Netanyahu fa sapere di non essere disponibile né a chiedere scusa, né a indennizzare le vittime, né a consentire un'indagine internazionale sull'accaduto. Nel frattempo, gli equilibri di potere e le alleanze in Medio Oriente sono in rapida evoluzione. L'ambiziosa Turchia, desiderosa di potenziare il suo ruolo nella regione, sembra intenzionata a recidere definitivamente i legami con Israele e ad allentare la sua collaborazione con la Nato e l'Unione Europea. Ankara oscilla tra i paesi arabi "moderati" (Egitto e Arabia Saudita in primis) e il blocco "radicale" (guidato da Iran e Siria). Fonti di intelligence parlano persino di un possibile avvicinamento tra il governo turco e la leadership degli Hezbollah libanesi. Sullo sfondo la preoccupazione dell'amministrazione Obama, che rischia di veder vanificata la politica della mano tesa verso l'Iran e di essere ridotta all'impotenza dal rimescolamento di alleanze in atto
L'articolo che presentiamo è stato scritto dopo la notizia diffusasi nelle Cancellerie - e rivelatasi fondata - di una mancata partecipazione di Obama al vertice Usa-Ue, del maggio scorso. Circostanza che ha sollevato una certa preoccupazione in Europa. Si teme infatti che l'apparente disinteresse del presidente americano nei confronti del Vecchio Continente si acuisca, a vantaggio di una più stretta partnership con la Cina e gli altri paesi in fase di crescita economica. Un timore rivelatosi fondato nel corso dell'ultimo G-20 e nella disputa "di scuola" tra Obama e la Merkel sulle prospettive di uscita dalla crisi. L'interesse per questo articolo di Chris Patten scritto per la New York Rewiev of Books resta quindi attuale perché descrive le conseguenze geopolitiche all'interno del campo occidentale di una progressiva emarginazione europea.
Eravamo immersi nel rosso e nel grigio di un inverno a Washington.Su un lato della strada non lontano da Dupont Circle, in un edificio brownstone pieno di chitarre elettriche e arredato da un'eclettica collezione di manufatti artistici, ci siamo riuniti per ricordare l'uomo che ci aveva insegnato come analizzare i problemi della guerra e della difesa.Quella notte di febbraio del 2009 due dozzine di suoi ex allievi, ormai per lo più sulla cinquantina, alzarono i calici in memoria del professor William W. Kaufmann, scomparso poche settimane prima all'età di novant'anni.Bill, come tutti lo chiamavano, aveva insegnato analisi della difesa e politica delle armi nucleari strategiche per decenni al MIT, poi ad Harvard e alla Brookings Institution.Generazioni di "esperti" civili e militari hanno guadagnato quel titolo passando attraverso i suoi corsi. Bill è stato anche consulente per sei segretari della Difesa, in prima fila nell'E Ring del Pentagono.Ha fatto la spola tra Boston e Washington ogni settimana per decenni.
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