A quasi un decennio dalle Torri Gemelle, la lunga caccia all'uomo è stata coronata da successo e gli americani possono risvegliarsi più leggeri, convinti che la morte del Nemico lanci un messaggio chiaro ai suoi emuli: "Attaccateci e noi vi daremo la caccia fino a colpirvi, non ci sfuggirete." Tuttavia, se non pone termine alla war on terror dichiarata da George W. Bush, l'uccisione dello sceicco del terrore riapre, ancora una volta, la questione Pakistan. Sostiene il celebre scrittore Salman Rushdie: "Ora Islamabad deve rispondere ad alcuni grandi interrogativi. Gli Usa non possono accontentarsi del solito - Noi? Non sapevamo. Washington non lo deve tollerare ancora, dopo aver insistito per anni nel trattare il Pakistan come un alleato benché fosse a conoscenza del suo doppiogiochismo cronico. L'uomo più ricercato al mondo è stato sorpreso alla fine di una strada polverosa a circa settecento metri dall'accademia militare di Abbottabad, l'equivalente pakistano di West Point o Sandhurst. La vicina India, che ha subito le laceranti ferite dell'attacco terrorista del 26 novembre 2008 a Mumbai, vuole già risposte alle sue domande e se queste risposte non arriveranno forse dovremo considerare l'espulsione di questo Stato terrorista dalla comunità delle nazioni."
L'eliminazione di Osama bin Laden ha un'innegabile valenza simbolica e come tale è stata accolta negli Stati Uniti e nel mondo. E' altrettanto evidente che la scomparsa del leader storico del qaedismo non segnerà la fine dell'uso dello strumento terroristico per perseguire finalità eversive. Anzi, ora si teme da più parti una dura risposta del network jihadista a danno di obiettivi sensibili, all'interno e all'esterno del mondo occidentale. Motivo per cui le manifestazioni di giubilo presto lasceranno spazio alla consapevolezza che il terrorismo seguiterà a rappresentare una minaccia immanente sulle nostre società. Un rischio con cui sarà bene imparare a convivere. Sotto questo profilo, la fine dello sceicco del terrore cambia poco.
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