Gianpaolo Romanato - In questa vittima del fascismo si identificò soltanto una parte della sinistra italiana. In lui si riconobbero i socialisti, mai i comunisti. E’ noto lo sprezzante giudizio di Antonio Gramsci (che nei Quaderni non lo cita mai), scritto pochi giorni dopo il funerale. Con parole appena attenuate da umana deferenza lo definì “pellegrino del nulla”, vale a dire difensore di una causa inutile, sbagliata, perduta in partenza (...).
Dopo la guerra i comunisti non recedettero mai da questa linea, nella quale trascinarono anche i socialisti fino a quando resse il patto di unità d’azione. Fino al '56.
Non capire Matteotti ha pesato nei rapporti tra Pci e riformismo socialista L'errore di Gramsci
Elio Franzin - E’ vero che la rapidità con la quale gli assassini fascisti hanno ucciso Matteotti dopo il suo discorso del 6 giugno 1924 deve aver sorpreso anche Gramsci ma il suo articolo del 28 agosto è l’espressione evidente di un gravissimo settarismo e di una analisi politica sbagliata, di un ritardo enorme nell’analisi del riformismo. L’incomprensione di Matteotti da parte di Gramsci è stata un fatto tragico destinato a pesare anche nei decenni successivi nella storia dei rapporti fra comunisti e socialisti.
La giustificazione del rivolgimento fascista era presentata in questo duplice scopo: ristabilire l’autorità dello Stato e della legge, che si diceva diminuita dal bolscevismo prima e dalle bande armate del fascismo poi, soverchianti la debolezza del regime democratico; - restaurare la finanza e l’economia nazionale, portate sull’orlo del fallimento.
Se i due scopi siano stati perseguiti o raggiunti - in modo da giustificare l’assalto violento del fascismo che portò la Nazione al rischio di una guerra civile e comunque limitò la libertà e le garanzie dei cittadini - è oramai tempo, dopo un anno, di constatare.
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