AGENDA LIB-LAB INTERNAZIONALE
E' possibile costruire un'economia del benessere dove il grado di felicità della popolazione sostituisca il Pil come indice di misurazione? In tempi di crisi globale, un concetto indefinito come "la felicità" sta diventando un obiettivo politico. Carol Graham (Brookings Institution) si interroga nel suo nuovo libro, The Pursuit of Happiness (La ricerca della felicità), su quale sia la definizione di felicità più rilevante e appropriata per la politica. "I governi si concentrano sulla crescita economica, ma gli esseri umani sono più interessati a perseguire la giustizia e il benessere", sostiene Martha Nussbaum all'incontro organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera (La sfida della giustizia globale). "La ricerca del profitto finanziario spesso trascura alcuni aspetti fondanti della vita umana. Il Pil non è una misura efficiente perché non fotografa adeguatamente gli squilibri interni di un paese. Godere di buona salute, proteggere la propria incolumità personale, accedere a un lavoro dignitoso e poter esprimere le proprie opinioni: tutte esigenze che un approccio politico-economico che pone l'accento soltanto sull'aumento del Pil non può cogliere."
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Nel frattempo, la crescita dei paesi emergenti sta cambiando l'economia globale più di quanto pensiamo. I dati presentati da Uri Dadush e William Shaw (Carnegie Endowment for International Peace) lo confermano e indicano la necessità di modificare gli strumenti della governance globale. Le questioni economiche, politiche e ambientali sul tappeto sono troppo complesse perché si possa concordare su tutto. Si dovrà puntare ad accordi tra una massa critica di attori internazionali su aspetti specifici, che lascino la porta aperta a quegli Stati che volessero aggiungersi più tardi. L'epoca dei grandi (e vuoti) accordi di principio si sta chiudendo, le sfide del futuro multipolare non tollerano ulteriori dilazioni e richiedono agli Stati impegni precisi e vincolanti.
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Gli eventi della primavera araba hanno riaperto il dibattito sul ruolo degli Stati Uniti nella promozione della democrazia nel mondo. Una tematica che sembrava accantonata dopo il cambio della guardia alla Casa Bianca. L'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) ha dedicato all'argomento una conferenza dove l'organizzazione ha delineato una nuova strategia operativa per rafforzare democrazia, diritti e governance nei paesi oggetto di intervento. Nel suo contributo, Thomas Carothers (Carnegie Endowment for International Peace) confronta la situazione attuale al contesto nel quale si muovevano la politica estera e la cooperazione Usa nel 1989. L'amministratore di Usaid, Rajiv Shah, riflette invece sull'opportunità di una evoluzione democratica dell'assistenza allo sviluppo.