Dopo un rigurgito di anti-socialsimo che negli ultimi tempi si è fatto sempre più forte (un modo per esorcizzare la crisi della seconda rebubblica che sull'anti-socialismo è nata venti anni fa), vi sono state le prime reazioni di ex esponenti del defunto Psi. Ricordiamo quella di Cicchitto per un articolo di Merlo, quella di Stefania Craxi per alcune dichiarazioni di Martino, quella della Critica Sociale contro Galan ed il fascista Sallusti (che rivendica tutt'oggi l'onore del nonno che condannò a morte - giudice volontario in un tribunalo ornmai deserto della RSI di Erba - il non comunista Puecher). Tra queste iniziali e ancora troppo parziali (manca Nencini, ad esempio) reazioni, Rino Formica riprende Rosy Bindi l'altro giorno con una letterina al Foglio di Ferrara per aver ella sostenuto, nel caso Tedesco, l'antropologia criminale dei socialisti tout-court.
A smentita dall'attribuirci in esclusiva la natura di delinquenti, Formica citava l'esistenza di una testimonianza di Geronimo - Cirino Pomicino - su un contributo elettorale andreottiano alla campagna elettorale europea dell'89 della attuale presidente del PD. La quale replica oggi indignata scrivendo sullo stesso Foglio, senza specificare alcunchè, che per accuse anaolghe ha gia esposto querele e ottenuto risarcimenti.
Noi non ne eravamo al corrente e vorremmo esserne messi direttamente, o con una reiterazione del reato, ed eventualmente della pena, o con una documentazione più pertinente. In ogni caso ripubblichiamo per intero il brano tratto dal libro di Pomicino citato da Formica: vediamo che succede.
Sciveva Pomicino in "Strettamente personale": "Nonostante i forti contrasti, però, la DC era sempre una grande famiglia. Qualche volta, per esempio, ho anche finanziato candidati non della mia corrente (...) Rosy Bindi, per esempio ha cominciato a fare politica grazie a un contributo che le passò un andreottiano. Era il 1989. A quel tempo il futuro ministro della Sanità era soltanto una dirigente dell'Azione Cattolica, di origine toscana, trapiantata in Veneto. Voleva essere eletta al Parlamento europeo. Per questo bussò alla porta di Forlani facendosi presentare dalla delegata femminile, Maria Paola Svevo. Forlani stette ad ascoltare e poi mandò la Bindi da Luigi Baruffi, che allora era segretario organizzativo del partito e responsabile della formazione dele liste. Prese così piede l'ipotesi della sua candidatura.
Noi andreottiani eravamo d'accordo per ragioni politiche: ci accusavano di essere tutori solo di Comunione e Liberazione e, facendo una battaglia anche per una rappresentante dell'Azione Cattolica, avremmo dimostrato di essere aperti anche in altre direzioni, com'era poi nella realtà.
C'era però una forte resistenza da parte dei dorotei del Veneto e anche da parte della sinistra del partito, quella legata a Fracanzani. La candidatura dela Bindi passò in direzione nazionale per uno-due voti, non di più. La candidata fece subito presente che aveva problemi dal punto di vista economico. Baruffi allora ne parlò con me e con Nino Cristofori e insieme convenimmo di contribuire alla sua campagna elettorale con 50 milioni. A consegnarglieli fu proprio l'andreottiano Baruffi".
Domani il Foglio avrà a disposizione una replica di Formica che chiarirà meglio il punto con la on. Bindi.
Nel frattempo la "Turta di Spus" è tornata a gettare acqua davanti al Castello Sforzesco, nonostante anche la Bindi l'avesse già data per trafugata ad Hammamet, animando il coro degli ubriaconi in gita sul pullman della seconda repubblica.
Se si vuole aprire una discussione sull'anti-socialismo si farà finalmente luce sulla casta degli antisocialisti, quella oggi al potere, determinante in entrambi gli schieramenti, altrenativi forse tra loro, ma non al sistema che sta crollando sulla testa degli italiani per generale incompetenza.