"Nell'attuale momento la parola è alle forze politiche, di governo e di opposizione, chiamate a confrontarsi con le parti sociali sulle scelte da compiere per stimolare decisamente l'indispensabile crescita dell'economia e dell'occupazione, a integrazione delle decisioni sui conti pubblici volte a conseguire il pareggio di bilancio nel 2014".
L'alternativa tra le due "scuole", tagli o crescita, manovra per riportare in pareggio i conti dello Stato o politiche di rilancio dell'economica, è, nella dichiarazione del Presidente Napolitano, una falsa alternativa. Questo noi vi leggiamo. Perché lo si sia fatto credere, è un problema di fragilità del quadro politico che origina a sua volta dalla precarietà del sistema, argomento su cui è importante tornare a riflettere con urgenza.
Intanto la dichiarazione del Presidente della Repubblica chiarisce, a nostro avviso, una questione di merito e di metodo ad un tempo.
E sollecita verso la fiducia "patriottica" quando indica nella coesione politica e sociale del paese l'unica forza in grado di contrastare i raiders della speculazione finanziaria, sia internazionali che quelli mirati allo specifico obiettivo italiano.
In questo "patriottismo unitario", politico e sociale, c'è la consapevolezza della efficacia concreta delle forze morali, che una giusta guida del governo unita ad una adeguata consapevolezza dei parlamentari di essere (seppur con una legge elettorale che lo fa dimenticare troppo facilmente) obbligati a rispondere alla rappresentanza nazionale ( prima ancora che alla propria bandiera di maggioranza o di opposizione), possono suscitare energia tra i cittadini e dunque, innanzitutto, volontà tra le parti sociali all'intesa, non auspicabile, ma indispensabile.
In questo quadro passano in secondo piano le querelle sui rapporti tra le fazioni e nelle fazioni, i giri di valzer, le dimissioni da dare per essere respinte, gli alzarsi per rimettersi a sedere, ecc. Il punto è che chi sostiene la scuola della "crescita" comprenderà bene che il primo fattore di ostacolo è proprio la conflittualità interna alla maggioranza ed in particolare col ministro del Tesoro che colloca patrimonio nazionale sui mercati mentre viene indebolito in casa: risultato, il patrimonio si svaluta a parità di debito e per far toprnare i conti serviranno nuove tasse o nuovi tagli. Tutto il contrario di quel che serve alla crescita.
Ragioni di bottega, quindi, che rifiutano di voler vedere che le due cose vanno necessariamente assieme.
Quella del Presidente Napolitano è una dichiarazione importante, perché, dopo 20 anni di chiassate, essa ha un valore innanzitutto educativo per una classe dirigente che dovrà meritarsi di esserlo soprattuto dopo il 2013 attraverso un secondo passo successivo: quello di ricevere il proprio carisma da istituzioni restituite alla partecipazione dei cittadini per "concorrere alla definizione della politica nazionale". Così si accordarono nella stesura della Costituzione partiti avversi tra loro e in Guerra fredda. Figuriamoci oggi se questo non sia possibile più agevolmente. Chi vi si oppone sarebbe politicamente da esiliare.
E' dunque il superamento della seconda repubblica (ovvero la subordinazione internazionale a fini di fazione affaristica, e la contestuale secessione non di territori, ma di poteri e ordini dello Stato tra loro) che può salvare il paese dal forte pericolo di bancarotta, restituendo, nel contempo, un ruolo attivo all'Italia (lo è nel suo stesso interesse) alla riorganizzazione delle istituzioni politiche e sociali europee, la cui assenza ha esposto la moneta unica e la nostra economia alle incursioni di fondi sovrani pubblici o privati, sicuramente contro gli interessi delle società occidentali, e mettendo in pericolo la democrazia.