Come è noto la proposta di un Socialismo largo, ovvero di una revisione della storia socialista per una prospettiva di riforma del sistema politico dopo vent’anni di “seconda repubblica”, è una proposta innanzitutto volta a sollecitare un processo di inclusione delle posizioni socialiste su una piattaforma che contribuisca a costruire uno sbocco alla crisi. Tre i caposaldi: sovranità nazionale, democrazia europea, centralità del lavoro e dell’economia produttiva.
E’ una piattaforma frutto di oltre un anno di lavoro e studio che ha preso le mosse dal 120 anniversario della fondazione della rivista di Turati attraverso un riesame del riformismo socialista che fu sin dalle origini motore dell’unità sociale nella nuova Italia post-risorgimentale.
Lì restano le radici e i valori della Critica Sociale e della sua attuale proposta politica.
E’ la piattaforma su cui la Critica ha collocato dopo averlo raccolto dal fango di Lavitola, la testata dell’Avanti! di cui si terrà una prima Festa nell’ambito dell’annuale raduno socialista a Volpedo.
“Largo” tuttavia non vuol dire unanimità. L’unanimità, anzi, ci rende diffidenti poichè è un tratto essenziale del totalitarismo.
“Largo” è il socialismo che possa giungere fino agli ultimi confini della sua cultura e identità, italiana ed europea, ma non oltre. Oltre ci sono i legittimi spazi delle altre tradizioni, innanzitutto quelle del popolarismo cattolico e della liberaldemocrazia, con le quali il tentativo di una convergenza verso un orizzonte di eguaglianza e libertà sociale e politica è sempre stato ricercato, non sempre con successo, ma sempre deve essere perseguito.
Ognuno con la sua carta d’identità. Non per settarismo, nè campanilismo, ma per educazione, per istruzione pubblica alla consapevolezza di sè necessaria a qualunque società per costruire il futuro (l’esatto contrario dell’analfabetismo del secondo ventennio). Per noi, è l’essenza dell’autonomia socialista e l’orgoglio della nostra storia.
Giulio Tremonti propone un Manifesto che - anticipa alla stampa - vuole essere una proposta a suo giudizio utile per una “uscita di sicurezza” dalla crisi economica che - questo il punto essenziale - non è una crisi di ciclo, ma di sistema. Una crisi delle società capitaliste e della costruzione europea, di fronte ad un mondo rotondo ed uno, un boccone troppo grosso.
Un aspetto essenziale di questa crisi è la divaricazione tra finanza speculativa, che ha preso autonomia e sopravvento, e l’ economia produttiva con il lavoro che ne vengono dissanguati.
E’ una contraddizione interna al capitalismo (già anticipata dal campione dell’anticomunismo, Papa Wojtila), ed è frutto coerente dell’ideologia liberista nel momento in cui essa diviene reale nella sua forma estremista: il massimalismo liberista uccide l’idea liberale, politica ed economica.
Lo stesso è accaduto al socialismo, che certamente è in sè una buona idea salvo il modo in cui si è storicamente realizzata. Il socialismo reale è stato un regime sociale opposto all’idea socialista così come il liberismo reale è “qui ed ora” un sistema opposto alla società di libero mercato e alla liberaldemocrazia politica.
Non contano le “scuole” per farsi un opinione, ma le verifiche empiriche circa la coerenza o meno dei principi con la vita concreta delle società.
Il Manifesto che Tremonti annuncia per ottobre egli afferma sarà “una rivendicazione del diritto delle persone alla sovranità e alla dignità”.
L’ex ministro, che dopo l’autogol della “chiamata” lettera dalla BCE ha rotto con il suo Governo che decise di subirne le disposizioni (ed ora lascia il PDL), assicura che la sua proposta è aperta a “contributi e correzioni”, purchè ispirati al medesimo fine.
La Critica Sociale condivide i valori di questo fine e parteciperà con il suo contributo e dei suoi collaboratori a motivarne i contenuti.
La ragione che ci spinge al passo non è la “lista”, incredibile riduzione a dibattito sulla schedina del sabato sera dei giornali di palazzo, anzi del cortile di palazzo. Se ci sarà, ci vada chi vuole. La Critica Sociale non fa la coda al collocamento.
La nostra ragione è nell’altro elemento dell’iniziativa “pirata” di Tremonti: il “movimento”.
L’idea cioè di un “manifesto” che offra l’opportunità alle idee di muoversi liberamente (una Schengen delle idee, come l’ha chiamato Formica), di circolare in barba al clima di conformismo intellettivo che è giunto ai livelli del coprifuoco cerebrale.
Abbiamo a nostra volta molte cose da dire sul rapporto tra finanza e democrazia in Europa e sul bivio che si profila tra due modelli opposti che spesso usano medesimi sostantivi.
Per esemplificare, quello di Delors e quello di Prodi.
Gli “Eurobond” dopo l’ “integrazione fiscale” con la “pistola alla tempia” (citiamo, non inventiamo) e la conseguente inevitabile concentrazione di ricchezza nell’area del miglior prezzo, poichè si svaluta tutto ciò che non sarà in linea di parità con il livello più alto di redditività (in analogia con quel che accadde alla lira nel cambio euro-marco), non sono la stessa cosa degli Eurobond sul valore medio del debito per favorire l’integrazione politica e gli investimenti produttivi europei.
E’ il bivio tra sovranità democratica e sovranità monetarista
Noi siamo sovranisti democratici, in Italia e in Europa, e prevediamo una interruzione del ciclo politico di questo ventennio italiano, solo nella “uscita di sicurezza” della democrazia europea a cui deve dare il suo contributo un rinnovato riformismo socialista, largo perchè inclusivo di tradizioni anche minoritarie della sua cultura politica, ma oggi profetiche.
Tutto questo, vista la qualità del sistema politico che - anche volendo - non potrebbe per propria condizione di classe (cfr. Rosselli sui ceti dominati post capitalistici) autoriformarsi, è possibile solo se vi sarà una consapevolezza intima nella coscienza dei cittadini tra elezioni politiche e referendum su come si sta in Europa.
La questione principale per le generazioni future non è “pro o contro Monti” sul “dopo-Monti”, ma: Italia si o no? Europa democratica si o no?
Un Manifesto e un movimento - per ora “pirati” - possono essere un’opportunità.
Come ha definito questa nuova tipologia di fenomeni un recente studio della London School of Economics, siamo di fronte a una nuova “bubble”, un nuova “bolla”: la Subterranean Politics, la bolla dei movimenti europei sommersi, destinati a sprizzare dal sottuosuolo nuova energia.
Essi non sono l’antipolitica, ma l’ antidoto all’antipolitica della demagogia (grillini compresi) e della finanza rentier, i mostri nati nel buio del vuoto politico.
E per i socialisti (del resto sotterranei già da tempo) l’ occasione di animare, da ora al 2013, “elezioni-referendum”: tribune sovraniste e costituenti.
La Critica Sociale (
S.Car.) NB. Quale primo contributo al dibattito su questi temi che la nostra Rivista intende animare segnaliamo
l’intervista rilasciata da Rino Formica al quotidiano online Linkiesta