Pubblichiamo il secondo capitolo de “Storia di venti anni”, l’antologia critica di una Seconda Repubblica ormai giunta alle battute conclusive. Nell’editoriale di ripresa delle pubblicazioni della testata (1994) compaiono temi di sorprendente attualità, quasi che gli ultimi due decenni siano trascorsi invano. Ora che ci si appresta ad affrontare un nuovo bivio della vicenda democratica del Paese, sembrano dunque rafforzarsi le ragioni di una scelta riformista in grado finalmente di offrire una prospettiva di genuino rinnovamento. In quest’ottica, la Critica Sociale e il nuovo Avanti! si propongono come luogo di dibattito privilegiato per coloro che intendono recuperare i principi e i valori della tradizione socialista, nella convinzione che essi mantengano una loro vitalità e che possano contribuire, come accade nel resto d’Europa, al dibattito pubblico e al rilancio della buona politica.
Le vicissitudini di questi anni, la crisi profonda, sia politica che organizzativa delle forze socialiste, la stessa vetustà della testata potrebbero far ritenere inutile la sua presenza, la sua stessa esistenza. Eppure non sfugge che il cosiddetto “nuovo” in questi mesi sta dimostrando fortissimamente tutti i suoi limiti, ed è sempre più diffusa la consapevolezza che la guida del Paese, il suo governo, il suo futuro, non possono essere affrontati con la demagogia e il pressapochismo, né con gli attacchi forsennati e demonizzanti da parte di chi ha spesso dimenticato il senso della misura e della responsabilità nazionale.
La malattia del giornalismo italiano I PENNIVENDOLI Ugo Intini
Se la stampa italiana ha mancato di autonomia rispetto alla proprietà, ne ha mancato anche rispetto alla ideologia. Per il prevalere, lungo quasi l’intero secolo, di egemonie culturali totalizzanti, i giornalisti, anziché porsi come professionisti e individui in posizione critica e curiosa nei confronti dei fatti, hanno creduto troppo spesso di dover lottare per un obiettivo politico: prima il fascismo, poi il comunismo, adesso un indistinto e distruttivo “nuovismo”. In tal modo, il frastuono dei cori ha coperto la voce della realtà e a poco a poco ha prodotto un sistema dell’informazione profondamente anomalo, unico al mondo.
Gli effetti del cataclisma sono sfuggiti di mano ai suoi progettisti ed operatori. Ma si può star certi che non la smetteranno di giuocare al massacro, di sfruttare a colpi di fughe di notizie e di interviste ogni possibilità di sconvolgere le istituzioni e la libera espressione della volontà popolare. Ormai c’è chi ha assaporato il gusto di un potere che durerà finché dureranno incertezze, sfascio, marciume. Ed ha paura che si rimettano a posto le cose.
Le improvvise dimissioni che il dottor Di Pietro decise di dare dall’Ordine giudiziario restano un mistero bell’e buono. Su di esse, chi ragiona con la propria testa e non si fa frastornare dalla musica di orchestre comandate e dagli schiamazzi che salgono dal cortile, non può non far pesare un interrogativo grande come una montagna. Si dice sovente che l’Italia non sia un Paese di segreti, ma un Paese di misteri. Auguriamoci che si tratti solo di un segreto che gli atti e i fatti finiranno con il rivelare in tutti i suoi aspetti appena possibile, nell’interesse di tutti. Insomma, per un eroe, il meno che ci si possa aspettare è una verità “eroica”.
Direttore Responsabile: Stefano Carluccio.
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