Il cattivo funzionamento della giustizia è il nodo principale di ogni squilibrio politico-costituzionale. L’Italia vive da molti anni una grave crisi del sistema giudiziario e in particolare del concetto stesso di Stato di diritto e di giusto processo. Il nostro paese è stato più volte oggetto di censure e sanzioni da parte di organizzazioni internazionali. In Italia si registrano con frequenza e gravità violazioni e disfunzioni, a causa soprattutto di una prevalenza degli aspetti burocratici e formali nell’amministrazione della giustizia. Valga a titolo d’esempio il fatto che il nostro paese è stato chiamato in causa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per centinaia di volte, e nella maggior parte dei casi ha rinunciato a difendersi, accettando di pagare l’indennizzo richiesto. Le cause per lo più erano state intentate per ingiustificata e prolungata carcerazione preventiva e per la lentezza dei processi.
Il “Corriere della Sera” del 27 maggio 1992 riporta la notizia: Tra la fine di maggio e i primi di giugno, Falcone sarebbe dovuto venire a Mosca per coordinare le indagini sul trasferimento all’estero dei soldi del Pcus. La notizia è stata pubblicata ieri con risalto da Izvestia, secondo cui l’omicidio del magistrato “può avere qualche legame con gli avvenimenti in Russia”. Secondo il quotidiano, solitamente attendibile, Falcone sarebbe stato incaricato di coordinare le indagini sul riciclaggio dei fondi del Pcus in Italia, “su invito dell’ex presidente Cossiga”.
Non ho molta familiarità con la politica interna italiana, perciò, non mi sento in grado di fare commenti sulle accuse mosse a Craxi. Comunque le manifestazioni di dolore e il tributo a lui pagato, alla sua morte, dalle autorità politiche, sia italiane che europee e da diverse parti politiche, inclusa Sua Santità il Papa, come anche l’inaspettata offerta del Capo del Governo italiano di tributargli i funerali di Stato, sembrano indicare che egli sia stato oggetto di una ingiustizia.
Aldilà delle sue uscite taglienti, Berlusconi cercò visibilità enfatizzando i suoi rapporti personali con gli altri leader mondiali. Se tralasciamo per un attimo lo stile personale e le ambizioni di Berlusconi, che ovviamente mai sono state proporzionate al reale peso dell’Italia sulla scena mondiale, è evidente come i cambiamenti strutturali nel ruolo e nelle responsabilità del primo ministro influenzassero la politica estera.
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