“Chiunque creda che le questioni della pace e della guerra siano eternamente risolte in Europa potrebbe commettere un errore monumentale. I demoni non sono ancora stati cacciati; essi stanno semplicemente dormendo, come le guerre in Bosnia e Kosovo ci hanno mostrato. Sono sorpreso nel constatare come le circostanze dell’Europa del 2013 somiglino a quelle di cent’anni fa." Lo affermava solo una decina di giorni fa il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker al settimanale tedesco Der Spiegel (l’intervista integrale più sotto). La crisi di Cipro, con l’invio di cinque fregate russe schierate ieri dalla marina militare di Mosca - “permanentemente” - di fronte alle coste dell’isola sembra dargli ragione: la crisi finanziaria europea è una crisi di natura geopolitica. “Il 1913 fu l’ anno prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale - esclama il settimanale tedesco - Pensa davvero che possa verificarsi un conflitto armato in Europa?” Juncker: “No, ma noto ovvi parallelismi nella compiacenza della gente. Nel 1913 molte persone ritenevano che mai vi sarebbe stata un’altra guerra in Europa. Le grandi potenze del Continente erano così interconnesse economicamente da far ritenere impossibile un confronto militare, quanto meno per ragioni di mera convenienza reciproca. Soprattutto nell’Europa occidentale e settentrionale, v’era un completo senso di compiacenza, basato sull’assunto che la pace fosse assicurata per sempre”. Lo storico Dominic Sandbrook (leggi sotto), nel commentare l’intervista di Juncker, sostiene che “per la terza volta in meno di cento anni la Germania sta cercando di prendere il controllo dell’Europa”. E’ ormai all’ordine del giorno non tanto un “problema Europa”, ma - come titola il laburista New Statesman - “un problema tedesco”. Non è il Quarto Reich, come si è titolato di là e di qua dell’Atlantico più volte nel corso del’ultimo anno e mezzo, ma sicuramente la Germania si trova di fronte al bivio (“essere troppo forte o troppo debole”) creato dall’ “essere al centro di una Unione che è stata concepita per limitarne la potenza dopo l’unificazione, ma che invece ha contribuito ad accrescerla: gli errori di progettazione - prosegue il New Statesman - hanno involontariamente privato molti altri paesi europei della loro sovranità senza dar loro in cambio una leva democratica nel nuovo ordine”. Un bivio che già impegna la cancelliera tedesca in vista delle elezioni di settembre: fino ad oggi ha saputo tenere a bada le correnti autarchiche (e nazionaliste) alla sua destra. Ma da qualche mese, con la nascita del partito “Alternativa per la Germania” che punta all’uscita dall’euro per intascare in marchi i dividendi dell’egemonia commerciale e finanziaria acquisita (lasciando agli ex partners Ue i debiti dei prodotti finanziari tossici rifilati in passato alle banche europee), per la Merkel il sentiero per la riconferma si fa più stretto. I possibili aiuti finanziari per Cipro sono diventati il banco di prova del governo Merkel, sostiene l' agenzia Nova da Berlino. Già adesso la sua coalizione "nero-gialla" (Cdu/Csu-Fdp) è in disaccordo sugli aiuti per il salvataggio di Cipro. Mentre il delegato Csu al comitato finanziario del Bundestag, Hans Michelbach, si dice a favore di aiuti finanziari in cambio di riforme radicali e vincoli molto severi, l'esperto finanziario dell'Fdp, Frank Schaeffler, ritiene che Nicosia possa salvarsi da sola: "I crediti per Cipro sono totalmente inutili poiché lo stato insulare potrebbe trovare i soldi dalle entrate del mercato del gas", ha dichiarato Schaeffler. "Per capire come procedere, il governo cipriota potrebbe chiedere consigli al presidente della Bce, Mario Draghi, il quale ha fatto molta esperienza all'interno della banca d'investimento Goldman Sachs". L'adesione della Grecia all'Eurozona sarebbe infatti un "esempio molto significativo e sarebbe avvenuto in concomitanza del suo incarico in Goldman Sachs". Il presidente del Consiglio economico della Cdu, Kurt Lauk, si sarebbe espresso analogamente: "Tutti i possibili aiuti finanziari dovrebbero essere garantiti da future entrate provenienti dalla vendita del gas; dopotutto il valore di mercato degli enormi giacimenti ciprioti di petrolio e gas naturale è stato stimato per più di 600 miliardi di euro", ha dichiarato Lauk. Dopo la perdita del “proconsole” Sarkozy, una crisi con Putin lascerebbe la Germania scoperta anche ad est e nell’assoluto isolamento, in un clima anti-tedesco che sta crescendo in modo esponenziale nel Continente e che va assolutamente contrastato per non creare una nuova tragica spirale. Solo un approccio politico alla crisi finanziaria, quindi, può evitare che essa si avviti in crisi geopolitica (e in crisi democratica nella stessa Germania, come ha avvertito un anno fa Jurgen Habermas).
In un’intervista concessa al periodico tedesco Der Spiegel, il primo ministro lussemburghese ed ex capo dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, incita gli Stati membri della Ue a mettere in campo riforme strutturali. Spiegando i motivi che lo inducono a stabilire un parallelismo tra il 2013 e l’anno che precedette la Prima Guerra Mondiale, Juncker si espone a sostegno della campagna per la rielezione al cancellierato di Angela Merkel.
Negli ultimi anni, in Europa i partiti anti-euro si sono schierati tendenzialmente a destra dello spettro politico oppure, come ha evidenziato il recente voto italiano, su posizioni anti-sistemiche. In Germania sta accadendo qualcosa di diverso, sottolinea Charles Hawley sull’edizione inglese di Der Spiegel. Nel centro forte dell’Unione Europea sta per vedere la luce una formazione politica intenzionata ad abbandonare gli sforzi per rafforzare la moneta unica, perlomeno nella sua versione attuale.
WirtschaftsWoche, settimanale di economia tra i più diffusi, intervista Konrad Adam, uno dei leader della nuova formazione eurocritica, Alternative für Deutschland. Adam, giornalista, è uno dei fondatori del nuovo movimento che, guidato da noti economisti, vuole competere alle prossime elezioni politiche tedesche contro il "partito unico degli Eurosalvataggi".
"La Repubblica Federale di Germania vive la peggiore crisi della sua storia. L’area euro si è dimostrata inadeguata e i paesi dell’Europa meridionale si sono impoveriti sotto la pressione competitiva della moneta unica. Interi Stati sono sull'orlo dell’insolvenza, mentre le riforme strutturali o si sono rivelate impraticabili o hanno spinto le popolazioni verso la miseria...Noi, ci rifiutiamo di arrenderci a questo stato delle cose e di lasciare che gli eventi facciano il loro corso."
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